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Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 06/06/2009
Ricevo da Marco Bazzoni - Operaio metalmeccanico e Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e pubblico volentieri (AM):
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PER L'AMPUTAZIONE DELLE GAMBE DEL CAPOTRENO ANTONIO DI LUCCIO NON E' COLPA DI NESSUNO
PER IL GIUDICE "IL FATTO NON SUSSISTE":
ASSOLTO VINCENZO SACCA'
Roma, 5 GIUGNO 2009 - Il Tribunale di Piacenza ha assolto oggi, perché il fatto non sussite, Vincenzo Saccà, già dirigente di Trenitalia, imputato per il grave infortunio in cui il nostro compagno di lavoro, Antonio di Luccio, ha perso le gambe durante le mansioni di capotreno il 9 marzo 2006 nella stazione di Bologna.
Il giudice, Monica Fagnoni ha accolto la richiesta del Pm, Monica Vercesi per l'assoluzione di Saccà, il quale all'epoca dei fatti ricopriva, per delega, l'incarico di datore di lavoro, responsabile per la sicurezza dei dipendenti.
Temiamo che sentenze di questo tipo aprano la strada ad una deresponsabilizzazione totale dei dirigenti sui temi della sicurezza con la formula "errore umano" delle stesse vittime e la riteniamo, così come quella pronunciata a Bologna per il disastro di Crevalcore, profondamente ingiusta poiché ignora un punto fermo posto alla base della cultura giuridica del nostro Paese: l'obbligo per le imprese, di adottare tutti i mezzi possibili per garantire la massima sicurezza di chi lavora, e in questo caso anche di chi viaggia.
Lo stesso Antonio di Luccio, subito dopo la sentenza ha dichiarato: "provo solo tanta rabbia perché questo infortunio, che ha stravolto la mia vita, si poteva evitare con poco, cosi come tutti gli altri legati alle porte dei treni". Questa sentenza è' un'aberrazione giuridica, non riusciamo a comprendere come la giustizia possa ignorare che solo negli ultimi sei mesi due viaggiatrici sono morte ed altre tre sono rimaste orribilmente mutilate per essere rimaste intrappolate allo stesso modo proprio nelle stesse porte di quei treni, pur riverniciati ed "imbellettati" ma in cui continua a mancare il "controllo" in cabina di guida della corretta chiusura delle porte.
In questi casi può accadere che il macchinista parta senza potersi accorgere che qualcuno è rimasto intrappolato. Basterebbe un semplice filo elettrico lungo il treno, come già esiste da quarant'anni su moltissimi treni.
L'elemento di maggior preoccupazione, e che ci fa gridare allo scandalo, è la sottovalutazione da parte del Tribunale della frequenza e della prevedibilità di questo tipo di incidente, dimostrata tragicamente dalle centinaia di altri incidenti simili. Le "porte killer" sono state e continuano ad essere la causa di centinaia di altri infortuni gravissimi a danno sia di viaggiatori che di ferrovieri, alcuni anche con esito mortale.
L'ultimo infortunio identico a quello di Antonio Di Luccio ma dagli esiti fortunatamente molto lievi, è accaduto il 27 maggio scorso ad un altro capotreno, Pasquale Caravella, rmasto intrappolato nella porta del suo treno mentre ordinava la partenza dalla stazione di Bologna del treno eurostarcity , 9779 Torino – Bari, .
Breve riepilogo dei più recenti incidenti
Negli ultimi due mesi si sono verificati 8 infortuni a viaggiatori segnalati dal solo Personale di Bologna su convogli di categoria Eurostar (etr 463), Eurostarcity, Ic, Icplus, Espresso, senza contare, quindi, le decine di casi che ogni settimana funestano la circolazione ferroviaria nel Paese con esiti anche mortali o con lesioni gravissime. Il 19 marzo 2009 Anna Tagliente è morta a Lecce schiacciata dal treno per essere rimasta intrappolata da una porta dell'Eurostarcity, Il 28 febbraio a Roma Tiburtina Enrico Checchi ha perso le gambe, il 24 settembre Giuseppina Tagliente ha perso la vita a Fasano (BS), stritolata dal treno per essere rimasta intrappolata in una porta del treno Eurostarciy, il 26 aprile nella stazione di Latina, Letizia Ranaldi, di 20 anni ha subito l'amputazione del braccio destro dopo. perse le gambe in un incidente identico. La signora Rosa Garibaldi, ha perso le gambe per essere rimasta intrappolata da una porta del treno su cui stava salendo, sempre nella stazione di Bologna, otto giorni prima di Antonio Di Luccio . A Genova, il 24 aprile 2007, la capotreno, Maria Nanni, è rimasta intrappolata da una porta ed è stata trascinata per 80 metri prima che venisse dato l’allarme. Nel corso del 2007 altri 4 viaggiatori sono morti a causa delle porte dei treni.
Breve riepilogo dei più recenti incidenti: Negli ultimi due mesi si sono verificati 8 infortuni a viaggiatori segnalati dal solo Personale di Bologna su convogli di categoria Eurostar (etr 463), Eurostarcity, Ic, Icplus, Espresso, senza contare, quindi, le decine di casi che ogni settimana funestano la circolazione ferroviaria nel Paese con esiti anche mortali o con lesioni gravissime. Il 19 marzo 2009 Anna Tagliente è morta a Lecce schiacciata dal treno per essere rimasta intrappolata da una porta dell'Eurostarcity, Il 28 febbraio a Roma Tiburtina Enrico Checchi ha perso le gambe, il 24 settembre Giuseppina Tagliente ha perso la vita a Fasano (BS), stritolata dal treno per essere rimasta intrappolata in una porta del treno Eurostarciy, il 26 aprile nella stazione di Latina, Letizia Ranaldi, di 20 anni ha subito l'amputazione del braccio destro dopo. perse le gambe in un incidente identico. La signora Rosa Garibaldi, ha perso le gambe per essere rimasta intrappolata da una porta del treno su cui stava salendo, sempre nella stazione di Bologna, otto giorni prima di Antonio Di Luccio . A Genova, il 24 aprile 2007, la capotreno, Maria Nanni, è rimasta intrappolata da una porta ed è stata trascinata per 80 metri prima che venisse dato l’allarme. Nel corso del 2007 altri 4 viaggiatori sono morti a causa delle porte dei treni.
L’ esecuzione di Ken Saro Wiwa, poeta e attivista per la difesa dei diritti umani, e di altri otto militanti del Movimento per la sopravvivenza del popolo Ogoni (Mosop), da lui fondato nel 1990, avvenuta per mano di un gruppo di paramilitari il 10 novembre 1995, fu decisa dal regime dittatoriale nigeriano di Sani Abacha per reprimere la battaglia che il leader ambientalista da tempo stava portando avanti contro lo sfruttamento dei giacimenti di petrolio e in difesa del popolo Ogoni.
Da Ogoniland, il territorio del Delta del Niger dove questi vivono e dove sorgevano gli impianti della multinazionale anglo-olandese Shell, in 30 anni sono stati estratti 30 miliardi di dollari di petrolio, senza che gli abitanti di quella zona ne traessero alcun beneficio. Anzi,quella zona ha subito nel tempo una devastazione ambientale spaventosa e permanente, restandone definitivamente compromessa, tanto che il Delta del Niger è una delle aree più inquinate del mondo.
La Shell inoltre, per difendere le proprie attività estrattive e il proprio personale presente nella zona, negli anni scorsi ha finanziato ed armato gruppi di paramilitari, nonché la stessa polizia nigeriana, come hanno ammesso anche alcuni suoi funzionari.
Il governo nigeriano, finanziato economicamente e militarmente dalla multinazionale del petrolio ha commesso contro il popolo Ogoni numerose e documentate violazioni dei diritti umani: dalle detenzioni arbitrarie, alle torture, agli omicidi e ai sequestri, come accadde nel caso di Ken Saro Wiwa e dei suoi compagni, barbaramente torturati e infine impiccati dopo un sommario processo in cui senza nessuna prova furono accusati dell’omicidio di 4 Ogoni.
Proprio in questi giorni, ben quattordici anni dopo, si apre a New York il processo contro la Royal Dutch Shell, accusata di complicità con l’allora regime dittatoriale nell’uccisione di Ken Saro Wiwa. Se si confermassero le accuse sarebbe questo uno dei primi casi di condanna per violazione dei diritti umani di una multinazionale.
Si sono dichiarati parte civile il figlio di Ken Saro Wiwa, Ken Wiwa jr, e il fratello Owens Wiwa, che ha denunciato a sua volta la multinazionale per aver subito lui stesso torture, detenzione illegale e infine per essere stato costretto all’esilio.
La Shell ha sempre respinto tutte le accuse, tuttavia dalla morte di Ken Saro Wiwa non è più riuscita ad operare in Nigeria per le fortissime proteste della popolazione.
Oggi la resistenza nella zona del Delta del Niger continua, sebbene in forma diversa: il MEND (Movimento per l’Emancipazione del Delta del Niger) porta avanti, pur se con altri metodi, sicuramente diversi dalla disobbedienza civile dei militanti non-violenti del MOSOP, la legittima battaglia per la liberazione del Delta del Niger, una delle regioni più ricche della Terra e abitata da uno dei popoli più poveri del pianeta.
Fotografie del 06/06/2009
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