Da tempo i movimenti sociali ed ampi settori della società civile della Repubblica Dominicana si stanno mobilitando chiedendo le dimissioni del capo della Polizia, generale Rafael Guillermo Guzmán Fermín. Associazioni per la difesa dei Diritti Umani del paese rendono noto che nei tre anni trascorsi dall′ inizio del suo incarico, membri della Polizia Nazionale hanno ucciso già 1750 persone in presunti “scontri a fuoco”. A Santo Domingo, lo scorso 23 luglio, è stato impedito lo svolgersi di una manifestazione pacifica organizzata dal Comitato contro gli Abusi della Polizia, formato per la maggior parte da studenti, e la mobilitazione è stata repressa duramente a manganellate e pestaggi da parte della Polizia. Alcuni giovani sono stati feriti e il politico e dirigente del Movimento Caamañista Narciso Isa Conde, di 67 anni, che stava solidarizzando con loro, ha ricevuto da un tenente un calcio alle spalle che gli ha fratturato 4 costole. Ci racconta quanto accaduto.
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Un immenso cimitero. Si tratta della “fossa comune più grande d’America latina”, come viene definita da mesi, da quando cioè a principio di quest’ anno è stata scoperta nel municipio di La Macarena, regione del Meta, in Colombia. Adesso finalmente la fossa comune è una fossa D.O.C., è stata certificata cioè da una visita di una delegazione internazionale formata da parlamentari europei e statunitensi che hanno potuto testimoniare che quanto andavano da tempo denunciando alle autorità colombiane i contadini del luogo e gli abitanti del circondario, era vero.
In Colombia, la democratica e civile Colombia, (niente a che vedere con quel covo di dittatori e brutta gente come il Venezuela e Cuba) succede infatti che se per esempio gli abitanti di una comunità denunciano la presenza di un gigantesco “cimitero clandestino” dove spuntano femori e costole dappertutto e dove i cani e gli avvoltoi vanno a fare merenda, ci sia bisogno poi di un’intera delegazione di osservatori internazionali che lo confermino.
Succede anche che dopo la visita di tali osservatori, il ministero degli Esteri colombiano dichiari che non esistono fosse comuni nella zona e succede perfino che il più importante quotidiano del paese, El Tiempo, i cui maggiori azionisti sono sia il neo eletto presidente Juan Manuel Santos nonché ex ministro della Difesa, sia suo cugino Francisco Santos attuale vicepresidente, ignori completamente la notizia.
In Colombia accade anche che da una parte e dall’altra del “cimitero clandestino” ci siano, guarda caso, rispettivamente una base militare e un piccolo aeroporto. E nemmeno a farlo apposta erano proprio quegli inetti contadini locali che invece di zappare la terra, pare abbiano visto decine e decine di corpi venire gettati da piccoli aerei proprio nei pressi della fossa comune.
Tutto ciò non era sufficiente in Colombia perché il paese avesse diritto ad un’indagine seria volta alla ricerca della verità, sono stati necessari decine di osservatori internazionali a dar voce alla denuncia sporta a gennaio dai contadini di La Macarena. Si pensa che vi siano duemila corpi in quel cimitero. O almeno ciò che ne resta. Nessun problema per il governo, non si tratta di persone, “sono guerriglieri morti in combattimento”, hanno dichiarato fonti ufficiali.
Troppa fatica identificarli e dargli degna sepoltura e poi non sono così tanti, “soltanto” 400, hanno dichiarato i militari del posto e il governo. Roba piccola, sono anche stati già fatti a pezzi, non sono nemmeno tutti interi, perché da quelle parti si usa smembrare i cadaveri come pratica dell’ addestramento militare o paramilitare, che poi fa lo stesso. Dettagli.
Come un dettaglio insignificante pare essere il fatto che si sia veramente trattato di guerriglieri morti in combattimento. Si vocifera che si tratti di oppositori politici o contadini. Storia vecchia, sempre la stessa, quella degli oppositori politici che vengono fatti sparire in Colombia. Si è scoperto invece che in questo civilissimo paese, i militari dell’esercito usano ammazzare persone innocenti, ragazzi adescati per strada con scuse banali come l’offerta di un lavoro, dopo averli condotti varie centinaia di chilometri lontano da casa, dopo avergli messo in mano un fucile e addosso una divisa delle FARC facendoli passare per guerriglieri.
Un carnevale macabro per ottenere promozioni e licenze premio, oltre a più soldi dal Plan Colombia.
Li hanno chiamati falsi positivi, e anche il nome è fuorviante perché anche se si tratta a tutti gli effetti di esecuzioni extragiudiziali o di sparizioni forzate, il termine falsi positivi non fa pensare immediatamente a questi delitti di Stato per cui un paese rischia la condanna per crimini contro l’umanità dai tribunali internazionali.
Quella dei falsi positivi è un’invenzione di cui la Colombia detiene il brevetto, allucinante e paradossale nella sua crudezza, degna di quel realismo magico al quale proprio questo paese ha dato grande contributo con le opere di Gabriel García Márquéz.
Dice il grande scrittore colombiano che nel mondo che ha cercato di rappresentare nei suoi romanzi, non esiste divisione tra ciò che sembra reale e ciò che sembra fantasia. In Colombia anche i peggiori crimini sembrano opere di fantasia tanto sono surreali.
Solo in Colombia si compiono massacri con le motoseghe, o si gioca a pallone con le teste dei morti mentre in aria volteggiano gli elicotteri dell’esercito.
La fossa di La Macarena potrebbe essere benissimo adesso quella in cui il popolo colombiano dovrebbe trovare la forza e il coraggio di gettare finalmente, insieme ai resti di quei duemila corpi senza nome né volto divorati dai vermi, anche quello che resta di quella farsa che l’opinione pubblica internazionale si ostina a chiamare “democrazia colombiana”.
Qualche giorno fa si è celebrato in Colombia il Bicentenario del Grido d’Indipendenza. Hanno sfilato mossi da grande e nobile orgoglio nazionale, più di 400mila persone per le strade di Bogotá.
Io non amo le commemorazioni. Ancora meno quando si commemora un passato glorioso sotto il giogo di un presente nefasto e indegno.
Il Grido d’Indipendenza va dato adesso e subito! I colombiani adesso e subito devono scoprire l’orgoglio calpestato da qualche decina di famiglie infami che continuano a sottometterli a ingiustizie e violenze. Devono riscoprire l’orgoglio calpestato, nonostante quel Grido di Libertà di duecento anni fa, da poteri stranieri che usano i politicanti locali ancora oggi come burattini nelle loro strategie geopolitiche.
Quale Indipendenza si è celebrata per le strade di Bogotà nei giorni scorsi? Quale Patria idealizzata si è riunita sotto il vessillo di Bolívar? La Marcia Patriottica si sarebbe dovuta dirigere verso Palacio Nariño, sede del governo e lì davanti scavare una grande fossa e gettarvi dentro i narco paramilitari che lo abitano al grido di Colombia Libre!
]]>Murió el 21 de julio en su casa de Santiago a los 93 años de edad, don Luís Corvalán, figura histórica del movimiento obrero chileno y ex secretario general del Partido Comunista de Chile desde 1958 hasta 1990.
Detenido en la isla Dawson tras el golpe militar en 1973, fue liberado por una amnistía de 200 presos políticos y canjeado por el disidente ruso Vladimir Bukovsky. Recibió asilo político en URSS y regresó a Chile en solamente en 1988. En el día de hoy fue homenajeado por más de tres mil personas. Lo recuerdo con éste poema de Gustavo Valcárcel, notable y revolucionario poeta peruano. (AM)
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ESTE es Corvalán el muy querido,
ducho en campos de concentración
en luchas proletarias, en ternuras
de esposo y padre, de combatiente y hombre
de militante sin arrugas
de soldado que ignora lo que es la rendición.
Cuando te pienso entre mil muros
se me cae el alma para arriba
y se une a ella a la gran ronda
que pide libertad para tus sueños.
Quizá sabrás, Luís Corvalán,
que el mundo gira veloz hacia la izquierda
que la rosa busca al pan a todo trance
porque se acerca el día de ambos para todos
y quieren estar juntos
en matrimonio de amor indisoluble.
Obrero mayor del porvenir chileno
aprieto mis insomnios con los puños
agarro a la soledad de los cabellos
meto en su jaula a la tristeza
me paro en la noche.Palpo.Oigo.Grito.Veo:
en medio de la adustez de los alambres
en la grupa del tiempo del recuerdo
de espaldas al cadalso puesto a punto
al centro de la negrura mal cuajada
lo único que brilla es el ensueño
de tu roja alegría comunista.
(Gustavo Valcárcel)
Le autorità statunitensi, appellandosi al Patriot Act e per mezzo della loro sede diplomatica in Colombia hanno respinto la richiesta di visto presentata dal giornalista Hollman Morris per “presunte attività terroriste” del medesimo. Morris doveva recarsi negli Stati Uniti per partecipare alla prestigiosa borsa di studio Nieman presso l’Università di Harvard che gli era stata assegnata per l’anno accademico 2010 – 2011 insieme ad altri 11 giornalisti di riconosciuta fama internazionale.
Il popolare giornalista colombiano, direttore del programma Contravía, vincitore di numerosi premi per le sue importanti inchieste sulle violazioni dei diritti umani nel suo paese e fortemente critico del governo di Álvaro Uribe, ha detto che si tratta di “un’operazione criminale” condotta contro di lui e si è dichiarato sorpreso del fatto che “ dopo essere stato vittima di persecuzione per oltre dieci anni (nel suo paese), il Dipartimento di Stato applichi adesso la stessa politica di Uribe considerandolo un terrorista”.
Recentemente il presidente colombiano lo aveva infatti accusato apertamente di essere complice della guerriglia delle FARC e di “fare apologia del terrorismo” . Si tratta soltanto dell’ultima delle dichiarazioni del presidente volte a stigmatizzare giornalisti e comunicatori sociali per le loro denunce dei crimini di Stato in Colombia.
Numerose sono le proteste che si sono levate contro questa decisione che ben si inserisce nella già nota tendenza maccartista dell’amministrazione Obama che pratica con forme diverse “esclusione ideologica” dei cittadini stranieri critici verso la politica internazionale degli Stati Uniti.
La Sociedad Interamericana de Prensa (SIP) ha sollecitato le autorità statunitensi a rivedere la posizione di Morris, mentre l'American Civil Liberties Union (ACLU), storica organizzazione americana per la difesa delle libertà civili ha inviato una lettera al segretario di Stato Hillary Clinton ringraziandola per quanto fatto dalla nuova amministrazione rispetto al caso dei due studiosi Adam Habib e Tariq Ramadan (ai quali soltanto adesso è stato permesso di viaggiare nel paese dopo il lungo divieto imposto dal precedente governo Bush) ma sottolineando che la decisione di negare il visto a Hollman Morris è in contrasto con “l’impegno dichiarato da questa amministrazione di voler favorire un libero scambio di informazioni ed idee tra gli Stati Uniti e il resto del mondo”.
José Manuel Vivanco, direttore di Human Right Watch, organizzazione che aveva premiato Morris nel 1997 per il suo lavoro per i diritti umani in Colombia ha duramente criticato la decisione di non concedere il visto a Morris, aggiungendo che non ci sono prove che vincolano il giornalista alla guerriglia ma sono invece note e provate le intenzioni del presidente Uribe che da qualche tempo ha dato vita a una vera e propria campagna diffamatoria contro di lui vincolandolo alle FARC.
Da alcuni documenti sequestrati infatti dalla magistratura colombiana negli uffici del DAS (i servizi segreti al centro di un recente scandalo per le intercettazioni illegali contro militanti, politici avversi al governo e leader dell’opposizione) risulta infatti che lo stesso Morris fu vittima di intercettazioni non autorizzate e oggetto di una campagna che aveva l’obiettivo di costruire prove false per vincolarlo alla guerriglia.
Deve essere stato forte il timore che un giornalista così esperto della situazione del conflitto colombiano, che molte ed importanti indagini sta portando avanti rispetto alle violazioni dei diritti umani in Colombia e sui loro responsabili, potesse trovarsi insieme ad altri importanti giornalisti internazionali condividendo con essi non soltanto informazioni e punti di vista ma soprattutto la realtà, quella colombiana fatta di crimini e terrorismo di Stato, di politica paramilitare e di violenze contro civili inermi. La borsa di studio Nieman dell’ Università di Harvard viene concessa soltanto a 20 giornalisti ogni anno dei quali la metà sono americani e l’altra metà internazionali e rappresenta uno dei più importanti riconoscimenti che un operatore della comunicazione (viene concessa anche a reporter, editori, fotografi, produttori) possa ricevere a metà carriera.
Si tratta dell’ennesimo tentativo di far sì che non si diffonda troppo la bufala della democrazia in Colombia e che la situazione del paese resti circoscritta ai confini nazionali, dove i pochi importanti mezzi di comunicazione sono delle mani dell’oligarchia al potere. Proprio il neo eletto presidente Juan Manuel Santos è uno dei maggiori azionisti della più importante testata giornalistica del paese, il quotidiano El Tiempo, di proprietà della sua famiglia.
I giornalisti in Colombia sono oggi quindi più che mai nel mirino di politici e paramilitari, sottomessi a forti pressioni e ingerenze nel migliore dei casi ma che rischiano generalmente la vita in uno dei paesi dove tale professione resta sempre uno dei mestieri più pericolosi. Adesso, anche l’altro “paladino della democrazia”, gli Stati Uniti, nega loro il diritto alla libera circolazione.
Non molto tempo fa è accaduto infatti ai giornalisti colombiani Hernando Calvo Ospina e Luis Ernesto Almario, (che per motivi di sicurezza legati al loro lavoro risiedono ormai da diversi anni in Francia il primo e in Australia il secondo), che si sono visti negare l’accesso in territorio statunitense perché il loro nome risulta inserito in una lista “nera” di persone legate al terrorismo internazionale.
Forse anche questo fa parte degli accordi interni al Plan Colombia, il colossale piano di aiuti per la lotta al narcotraffico che mal celatamente nasconde favori (come questi) da ambo le parti, ma c’è da chiedersi tuttavia fino a quando i servizi segreti statunitensi continueranno a farsi imboccare frottole colossali da quelli colombiani.
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La Repubblica.it - Homepage via kwout
Una notizia importante come quella di stamattina della condanna del generale Ganzer, attuale capo dei Ros a 14 anni di carcere per associazione a delinquere e traffico di stupefacenti, per La Repubblica.it merita il taglio basso. La testata troppo presa dall'antiberlusconismo politico, dà poco risalto a un fatto che rende l'Italia molto simile a Colombia e Messico. Il Giornale.it invece la mette giustamente in primo piano, pur sminuendo la gravita' del fatto.
Mi chiedo come sia possibile che mentre le indagini erano ancora in corso e per tutto il tempo della durata del processo il generale abbia continuato a svolgere il suo incarico di capo dei Ros...
]]>Abarca avrebbe confessato durante il lungo interrogatorio avvenuto presso il Servizio Bolivariano di Intelligence (Sebin) dove è stato trasferito subito dopo l’ arresto, che la sua presenza in Venezuela aveva a che fare con le prossime elezioni di settembre. Per quell’occasione erano già stati pianificati degli attentati e per realizzarli il terrorista aveva già “contattato gruppi fascisti della controrivoluzione” come ha dichiarato in una conferenza stampa il ministro degli Interni e della Giustiza Tarek Al Aisami. Il presidente Hugo Chávez nel corso della conferenza stampa nella quale ha dato la notizia al paese, si è detto sicuro che Abarca stesse progettando un attentato contro la sua vita.
Numerose sono le domande ancora in attesa di risposta dice Al Aisami : “Chi finanzia il terrorismo in Venezuela? Quali sono i gruppi controrivoluzionari che stanno dietro Abarca? Dove erano previsti gli attentati e contro chi?”. In questo senso stanno procedendo ancora le indagini.
Abarca, sul finire degli anni ‘90, per conto di Luis Posada Carriles, aveva il compito di reclutare persone che avrebbero poi realizzato materialmente gli attentati presso strutture turistiche all’Avana, con lo scopo di destabilizzare l’isola e rovesciare il governo di Fidel Castro. Così avvenne anche il 4 settembre 1997, quando perse la vita il giovane Fabio di Celmo nell’esplosione che distrusse il bar dell’ hotel Copacabana. Fu un salvadoregno, Raúl Cruz León a installare materialmente l’esplosivo e una volta arrestato a confessare di aver agito proprio su mandato di Posada Carriles.
Francisco Chàvez Abarca, criminale e narcotrafficante, oltre che terrorista internazionale e mercenario ovunque al servizio della controrivoluzione, (è sospettato di essere coinvolto anche nel golpe in Honduras) venne arrestato in Salvador nel 2005 per una vicenda legata a un traffico di auto rubate, ma fu poi rilasciato da un giudice nel 2007 nonostante fosse noto il suo coinvolgimento in quasi tutti i più gravi attentati terroristici realizzati a Cuba nella seconda metà degli anni ’90. La sua scarcerazione in Salvador destò allora molta indignazione negli ambienti politici progressisti del paese anche perché il Salvador per anni fu una delle basi del terrorismo anticubano con l’appoggio degli Stati Uniti.
L’impunità di cui ha goduto fino a questo momento Chàvez Abarca è d’altra parte strettamente funzionale a quella di cui gode da sempre Luis Posada Carriles, reo confesso degli attentati terroristici a Cuba, per il quale la morte di Fabio di Celmo è stata soltanto “un incidente”. Impunità d’altra parte che a Posada Carriles è sempre stata garantita direttamente dal governo degli Stati Uniti. Proprio per la Cia infatti il terrorista ha lavorato per oltre quarant’anni come mercenario e terrorista in tutte le operazioni di guerra sucia e di terrorismo internazionale e destabilizzazione regionale in America centrale e del sud a partire dall’invasione della Baia dei Porci nel 1961. Negli Stati Uniti è stato detenuto recentemente per un breve periodo per reati legati alle leggi di migrazione e per falsa testimonianza, poi è stato rilasciato sotto cauzione. Oggi, terrorista reo confesso di vari attentati, tra i quali, oltre a quello contro l’Hotel Copacabana, quello del 1976 all’aereo della compagnia Cubana de Aviación in cui nel 1976 hanno perso la vita 73 persone , ne reclamano l’estradizione sia il Venezuela che Cuba.
Giustino di Celmo, l’anziano padre di Fabio che ormai dalla morte del figlio risiede stabilmente a Cuba è fiducioso del fatto che con l’arresto di Chávez Abarca si possa fare finalmente giustizia. “La giustizia venezuelana tratterà con umanità questo delinquente affinché egli possa confessare tutto quello che sa sulla mafia di Miami” ha dichiarato in un’intervista. Tra l’altro il Venezuela concederà l’estradizione del terrorista a Cuba dove potrà essere condannato per i crimini commessi in quel paese. Il paese natale di Giustino di Celmo, l’Italia, per Posada Carriles, mandante e reo confesso della morte di suo figlio invece l’estradizione non l’ha mai nemmeno chiesta.
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Report sulla mattinata di lotta del 7 luglio a Roma.
Siamo alla vigilia delle votazioni al Senato ( il governo ha già richiesto la
fiducia) con i Cobas in piazza li sotto a denunciare la macelleria sociale, i
pesanti tagli alla scuola e sanità pubbliche, all’assistenza, alle pensioni e
alla tutela ambientale.
Stamani Roma sta vivendo una intensa giornata di lotta contro la manovra e le
sue prevedibili conseguenze, caratterizzata dalla venuta di migliaia di
Aquilani e Abruzzesi , dalla mobilitazione delle associazioni dei portatori di
handicap, con migliaia di loro – molti i disabili in carrozzella – sotto il
Parlamento.
Dapprima gli Aquilani , giunti a Roma intorno alle ore 11 con 45 bus e molte
macchine , a cui si sono aggiunti a p.za Venezia centinaia di Abruzzesi
presenti a Roma per studio e lavoro e varie delegazioni di lavoratori tra cui
quella dei Cobas..
A p.za Venezia , il solito sbarramento poliziesco a tutela del palazzo di
Berlusconi in via del Plebiscito , nonché quello su via del Corso , su cui si
sono concentrati le migliaia di Aquilani incazzati, presenti anche numerosi
sindaci , tra cui quello de L’Aquila, oltre le associazioni “ Epicentro
Solidale e 3.32 “.
C’è voluta oltre mezz’ora ,di contrapposizione anche corpo a corpo con le
forze dell’ordine, per rimuovere quel massiccio schieramento su via del Corso ,
poi la gente Abruzzese ha dilagato e travolto altri cordoni polizieschi , fino
al limitare di L.go Chigi , dove il blocco d’ordine si è attestato sordo e
feroce contro qualsiasi tentativo di procedere verso il Parlamento passando
davanti L.go Chigi.
Qui alle ore 12, mentre alcuni sindaci e parlamentari stavano trattando con la
Digos, è partita a sorpresa una scarica di manganellatori della Guardia di
Finanza che hanno colpito duramente chiunque avessero davanti, tra cui alcuni
sindaci e altra gente, lasciando in terra feriti, sanguinanti e semisvenuti
due giovani Aquilani , subito soccorsi dai compaesani.
Alle 13 , la contrapposizione su via del Corso/ altezza di L.go Chici era
ancora persistente , mentre una piccola parte dei manifestanti raggiungeva
Montecitorio , dove trovava la piazza occupata da centinaia di handicappati, le
loro famiglie ed associazioni ; un handicappato de L’Aquila in carrozzella , al
microfono delle associazioni, ha spiegato i motivi della venuta a Roma degli
Aquilani – i mancati fondi per la ricostruzione e per la ripresa delle attività
lavorative – e la necessaria dell’unità nella lotta contro la manovra “ lacrima
e sangue”.
A Montecitorio, le Associazioni – Amnic,Anfass, Aism,Aice, Fiadda,…-
nonostante le assicurazioni del governo sul mantenimento :1) della miserevole
indennità a partire dall’invalidità al 74% ( il governo intende portarla all’
85%) ; 2) dell’accompagnamento a quanti non sono autosufficienti ( il governo
vuole limitarla ai soli allettati) ; 3) dell’insufficiente sostegno ai
familiari e alle associazioni(il governo vuole tagliarlo del tutto) : hanno
mantenuto la mobilitazione ,pronti a dare battaglia finale ad un governo
ignobile, sadico e antipopolare.
Intorno alle ore 14, un nutrito gruppo di oltre 200 manifestanti è riuscito a
portarsi sotto il palazzo di Berlusconi , pretendendo un faccia a faccia “ con
il “faccendiere- benefattore dei terremotati Aquilani “.
Il governo Berlusconi pensava che trascinando il voto sulla maledetta manovra
da 24 miliardi di euro in piena estate , sotto i 36° gradi di stamani , potesse
passarla liscia e gratuita ( vista l’imbelle opposizione parlamentare) invece
si sta trovando di fronte il paese reale – dagli operai Fiat- Pomigliano ai
precari della scuola, dagli Aquilani agli handicappati, dagli ambientalisti al
1 milione di firme per il referendum Acqua , dal NO Ponte/Tav/Nucleare al
diritto alla casa - una opposizione sociale vivace, cosciente e variegata, per
nulla intimorita dallo schieramento armato di un potere logoro,marcio e
decadente.
Roma 7 luglio 2010 / ore 15 Vincenzo Miliucci/ Confederazione Cobas