Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Narciso Isa Conde può essere considerato come uno dei rivoluzionari che hanno fatto la storia del suo paese, la Repubblica Dominicana e quella di tutta l’America Latina per il contributo del suo pensiero e per il suo impegno attivo per una terra libera da legami con l’imperialismo dei “falchi” del Nord. Nato nel 1942, appena adolescente partecipa alla lotta contro il regime di Trujillo.
Diventa poi Secretario Generale del Partito Comunista Dominicano.
Ha partecipato inoltre alla rivoluzione di Aprile del 1965 e alla Guerra Patria contro l’invasione degli Stati Uniti.
Durante il regime di Joaquín Balaguer ha sofferto il carcere, la persecuzione e l’esilio.
Attualmente fa parte della presidenza collettiva della Coordinadora Continental Bolivariana (CCB), insieme al sociologo statunitense Jaime Petras, all’arcivescovo Casaldáliga del Brasile e ad altri importanti politici e intellettuali latinoamericani.
Per questo impegno rivoluzionario caratterizzato dal fatto di non non aver mai discriminato forme diverse di lotta, incluso la lotta armata delle FARC, con le quali mantiene “vincoli pubblici di amicizia e solidarietà da lungo tempo”, è oggetto attualmente di una campagna di diffamazione basata su falsità e montata dal governo colombiano.
Cercando notizie che lo riguardano, troviamo che viene definito: “ideologo delle FARC”, “alto dirigente delle FARC”, “portavoce dei vertici delle FARC”, “amico del separatismo basco”, “ammiratore di Marulanda” mentre più recentemente Álvaro Uribe lo ha chiamato “leader terrorista”.
Lo incontro nella sua casa di Santo Domingo, cordiale e gentile, e in verità non dà l’impressione di essere un terrorista. Nel suo paese è conosciuto e rispettato e parlando di lui con la gente comune si nota negli occhi di qualcuno accendersi una luce, ricordando il “rivoluzionario radicale” che ha lottato per la libertà del suo paese.
A.M. - Chi è Narciso Isa Conde in realtà?
N.I.C. - Io sono un rivoluzionario radicale nel senso più profondo del termine, in quanto cerco sempre di andare alla radice dei problemi, non per il linguaggio forte che utilizzo e nemmeno per le diverse forme di lotta che posso aver impiegato in alcun determinato momento.
A.M. - Narciso, sei un riconosciuto leader rivoluzionario nella Repubblica Dominicana, è vero che hai partecipato in prima persona alla lotta per la libertà del tuo paese?
N.I.C. - Ho iniziato la mia attività politica in clandestinità, contro il regime di Trujillo e successivamente ho fatto parte della rivoluzione dell’Aprile del 1965, dopo il golpe militare contro Juan Bosh. Ho partecipato poi alla rivolta militare guidata dai colonnelli Fernández Domínguez e Francisco Caamaño e i “militari costituzionalisti”, e alla sua trasformazione in una rivolta popolare militare quando si formó allora l’allenza tra i militari patrioti e il popolo armato.
Abbiamo subito successivamente l’invasione nordamericana e il massacro che questa ha perpetrato. Anche allora gli Stati Uniti ci calunniavano, presentandoci come quelli che fucilavano i civili nel Parco Indipendenza qui nella città di Santo Domingo. Allora il mio nome faceva parte di una lista di 56 terribili comunisti ed ero appena un giovane dirigente universitario. I grandi mezzi di comunicazione dell’impero, costituiti anche da aerei con altoparlanti potentissimi, sorvolavano la città, ripetendo il mio nome e quello degli altri 55 compagni, descrivendoci come esseri diabolici...... Continua a leggere...
E’ il Carlos Montemayor analista politico e sociale, più che lo scrittore di romanzi e novelle che incontriamo in Messico. “In realtà i malati di mente che vogliono controllare il mondo fanno parte dei governi come quello di George Bush”, spiega in questa intervista esclusiva concessa ad Annalisa Melandri. Nella sua casa di Città del Messico, nel corso di una conversazione piacevole e interessante, circondati da montagne di libri in quasi tutte le lingue del mondo (Carlos Montemayor parla perfettamente cinque lingue oltre al Greco classico e moderno e al Latino) affronta temi importanti e difficili come il terrorismo e la lotta armata, oltre alla grave situazione colombiana, spiegandoci perchè secondo lui “la Colombia è l’esempio di quello che non deve continuare ad essere l’America latina”.
Carlos Montemayor (Messico, 1947) non è solo l’autore di un’ opera narrativa, poetica e saggistica infinita e tradotta in quasi tutte le lingue, vincitore di premi nazionali e internazionali (premio internazionale Juan Rulfo con Operativo en el Trópico, 1994 e premio di narrativa Colima con Guerra en el Paraíso, 1991), membro dell’Accademia Messicana della Lingua e della Reale Accademia Spagnola. ... Continua a leggere...
Foto di Simone Bruno
Simone Bruno è un fotoreporter italiano e da cinque anni vive a Bogotá. E’ corrispondente dalla Colombia per Peace Reporter, quotidiano online legato all’agenzia giornalistica MISNA (Missionary Service News Agency) e all’ organizzazione umanitaria Emergency.
In queste settimane ha seguito la marcia della Minga, la grande mobilitazione indigena e contadina che è giunta fino a Bogotá chiedendo rispetto per i popoli originari e diritto alla terra e alla vita e prospettando un progetto di partecipazione politica allo sviluppo del paese.
Simone Bruno ha testimoniato nei suoi articoli di quei giorni, soprattutto i violenti scontri avvenuti nella localià La María – Piendamó (Cauca) dove si sono registrati due morti e più di 70 feriti e dove è stato dimostrato che lo Escuadrón Móvil Antidisturbios (ESMAD) ha utilizzato armi non convenzionali contro gli indigeni. Le fotografie di Simone sono state pubblicate in tutti i più importanti quotidiani italiani e nei maggiori spazi informativi di Internet.
Per questo egli ha ricevuto alcuni giorni fa nella sua pagina Facebook minacce di morte con il seguente messaggio: "comunistello di merda ti stai impicciando con forze che ti schiacceranno molto coraggioso lanciando pietre ed aggredendo agenti dello stato a la maria se vuoi fare il martire sará un piacere realizzare il tuo desiderio prega stronzo") da un utente sconosciuto di nome Sol Dussant. In questa intervista ci spiega ciò che rappresenta il movimento indigeno in Colombia e le sue potenzialità rispetto a un cambiamento del paese.
A.M. – Simone, tu vivi ormai da cinque anni in Colombia. Hai avuto prima di questo momento minacce a causa del tuo lavoro?
S.B. – No, mai, questa è la prima volta in assoluto.
A.M. – Hai denunciato le minacce alle autorità? Che appoggio hai ricevuto?
S.B. – Ho sporto denuncia tramite il Consolato italiano dove ho trovato persone molto gentili e che mi hanno aiutato molto. Ho ricevuto appoggio anche da parte dell’ambasciatore in Italia, Sabas Pretelt de la Vega che in un comunicato stampa ha respinto le minacce che ho ricevuto. ... Continua a leggere...
Incontriamo gli ex prigionieri politici che i primi giorni di dicembre a Roma hanno testimoniato, dinanzi al pubblico ministero Giancarlo Capaldo, contro l’ex procuratore militare di Temuco Alfonso Podlech Michaud, accusato dalla magistratura italiana dell’omicidio e della scomparsa dell’ ex sacerdote italiano Omar Venturelli, nell’ottobre del 1973, sotto la dittatura di Pinochet.
Alfonso Podlech, contro il quale era stato emesso un mandato di cattura internazionale dalla Procura di Roma, fu arrestato il 27 luglio 2008 all’aeroporto Barajas di Madrid e successivamente estradato in Italia.
Carlos Lopez Fuentes, ex prigioniero politico condannato in Consiglio di Guerra dal procuratore militare Podlech a 9 anni di carcere, Jeremías Levinao, mapuche , militante del Movimento Contadino Rivoluzionario, che a Temuco ha sofferto carcere e torture e sua figlia Tania ci raccontano in questa intervista, che sembra più una chiacchierata tra vecchi amici, i giorni precedenti al golpe dell’ 11 settembre, ma anche quello che avvenne dopo, a Temuco, in quella regione meridionale del Cile chiamata Araucanía, ci spiegano il ruolo che ha avuto Alfonso Podlech Michaud nell’apparato repressivo cileno e ci raccontano del loro esilio in Francia, dove vivono attualmente.
Annalisa Melandri – Martedì scorso (il 2 dicembre ) vi siete incontrati con il Pubblico Ministero Giancarlo Capaldo. Che impressione avete avuto di questo incontro?
Carlos López Fuentes - Personalmente credo che l’incontro con Capaldo sia stato positivo in quanto sono stati aggiunti elementi e testimonianze nuove che non si trovavano negli atti e che possono accelerare la procedura per condurlo a giudizio.
Jeremías Levinao – Sicuramente è stato positivo perché nel mio caso ho apportato elementi nuovi su come veniva applicata la tortura durante la dittatura e ho dimostrato che era proprio Podlech che emetteva le condanne ai prigionieri.
A.M. – Nel tuo caso, Jeremías, puoi affermare che la repressione in quel periodo fu più crudele contro i prigionieri mapuche a differenza di come si manifestava contro tutti gli altri prigionieri politici?
J.L. – Io credo che la repressione sia stata la stessa contro tutti, ma che contro il popolo mapuche fu generalizzata, questo dovuto al fatto che i Mapuche parteciparono in modo diretto alla riforma agraria attuata dal governo di Salvador Allende. La riforma agraria colpì allora il latifondo della zona e una gran parte dei proprietari terrieri dopo il golpe si riappropriarono delle terre che erano state loro espropriate legalmente dal governo di Unità Popolare. Ed è per questo che si ebbe quasi una vendetta da parte dei latifondisti che parteciparono alla repressione. ... Continua a leggere...
Ismael León Arías è un giornalista peruviano. Direttore del quotidiano La Crónica nel 1985. Commentatore politico ed editorialista del quotidiano La República per 14 anni. Ha lavorato in radio e in televisione, occupandosi sempre di programmi di informazione e di politica. E’ stato docente di giornalismo all’Università Nazionale di San Marco di Lima, una delle più antiche e prestigiose università latinoamericane e capo stampa di questo istituto di studi superiori. Gestisce il blog La columna de León. Gli chiediamo di raccontarci come sta evolvendo la situazione nel suo paese rispetto alla rivolta degli indigeni dell’Amazzonia che ormai va avanti da qualche mese:
Annalisa Melandri - Quali sono le cause della rivolta indigena? E la lotta da quanto tempo va avanti e in che forme? Ismael León Arías - La causa della rivolta è da ricercare nel tentativo del presidente Alan García di ingannare le comunità indigene negando di aver l'intenzione di autorizzare la vendita o la concessione delle loro terre. In realtà ha nascosto alcuni di questi provvedimenti, che erano destinati a spianare la strada al Trattato di Libero Commercio con gli Stati Uniti all'interno di un pacchetto di cento decreti legge di minore importanza. Per di più nella sua campagna elettorale, il candidato García aveva promesso che il suo partito avrebbe rivisto tutti gli aspetti negativi di questo trattato, ma una volta eletto lo confermò senza nessun cambiamento, accelerando la sua applicazione. Prima grande sorpresa. ... Continua a leggere...
Ismael León Arías es un periodista peruano. Ha sido director del diario La Crónica en 1985. Reportero político y editor en La República durante 14 años. Ha trabajado en canales de televisión de Lima y en radioemisoras, siempre en programas informativos y políticos. Ha sido también profesor de periodismo en la Universidad Nacional de San Marcos y jefe de prensa de esa antigua casa de estudios superiores. Tiene el blog denominado La columna de León.
Annalisa Melandri - Cuáles son las causas del sublevamiento indígena y la lucha desde cuanto tiempo sigue y en que forma?
Ismael León Arías - Si hablamos de una causa inmediata, es el engaño cometido por el gobierno, cuando el presidente Alan García negó tener la intención de autorizar la venta o concesión de las tierras comunitarias. Lo hizo, mediante decretos ocultos en un paquete de cien dispositivos legales (decretos) de menor rango a una ley del Congreso, que estaban destinados a hacer viable el Tratado de Libre Comercio con EE.UU.
En su campaña electoral García candidato había prometido que su partido revisaría los alcances negativos de ese Tratado; pero cuando fue elegido lo confirmó sin cambio alguno y facilitó su rápida aplicación. Primera gran sorpresa. De pronto comenzaron a brotar en la Amazonía numerosas medianas y grandes mineras y petroleras, haciendo exploración. Sin el obligatorio Estudio de Impacto Ambiental y sin la consulta a las comunidades, a las que el Estado está obligado por antiguos convenios internacionales. Segunda gran sorpresa. Comenzaron las movilizaciones y con ellas las promesas de diálogo. Hablamos de febrero de este año. El gobierno propuso una mesa de diálogo, luego lo olvidó y trasladó el problema al Congreso, donde sus congresistas siempre tienen a la mano una fórmula para eludir el debate. Intervino la Defensoría del Pueblo y su principal comisión dictaminó que los decretos en disputa son inconstitucionales. ... Continua a leggere...
di Marinella Correggia, Annalisa Melandri
«Ora soluzione politica»
Intervista dal carcere del Callao, dove è sepolto vivo da quasi 20 anni, a Víctor Polay, leader dell'Mrta, il Movimento rivoluzionario Túpac Amaru. «La nostra lotta era giusta e non è stata vana. Ma il tempo delle armi è finito: in Perú e in una America latina che va vista con speranza e ottimismo»
Sepolti vivi da molti anni per aver lottato contro una dittatura militare riconosciuta di recente colpevole di aver commesso crimini di stato e di lesa umanità: sono gli ex-guerriglieri peruviani del Mrta (Movimiento Revolucionario Túpac Amaru), gruppo non inserito nella lista delle organizzazioni terroristiche dall'Unione europea che lo qualifica come «insorgente». Abbiamo intervistato, attraverso i suoi avvocati, il fondatore e leader del Mrta Víctor Polay. Che chiede una campagna internazionale per una soluzione politica.
Era in corso una festa diplomatica quel 17 dicembre 1996 alla residenza di Lima dell'ambasciatore giapponese nel Perú dell'autocrate Alberto Fujimori (ancora enfant gâté degli Usa e dell'occidente), quando 14 guerriglieri del Mrta guidati da Néstor Cerpa Cartolini fecero irruzione prendendo in ostaggio i partecipanti, contro i quali non fu usato alcun tipo di violenza. ... Continua a leggere...
Desde tiempo los movimientos sociales y amplios sectores de la sociedad civil de la República Dominicana están movilizándose pidiendo la renuncia del jefe de la Policía, general Rafael Guillermo Guzmán Fermín. Asociaciones de defensa de los Derechos Humanos del país revelan que en los casi tres años de su jefatura, miembros de la Policía Nacional han asesinado a mil 750 personas en supuestos “intercambio de disparos”. En Santo Domingo, el pasado 23 de julio, una marcha realizada por el Comité Contra el Abuso Policial, conformado por la mayoría de estudiantes, ha sido prohibida y duramente reprimida a macanazos y empujones por la Policía . Unos jóvenes han resultado heridos y el político y dirigente del Movimiento Caamañista Narciso Isa Conde, de 67 años de edad, que solidarizaba con ellos, ha recibido una patada en la espalda por un teniente que le ha fracturado 4 costillas. Hablamos con él sobre lo ocurrido.
A.M. - Narciso, tú has recibido una patada en la espalda que te ha fracturado cuatro costillas además de provocarte una neuritis intercostal mientras participabas junto a unos jóvenes a una manifestación pacífica organizada el 23 de julio en Santo Domingo contra los abusos cometidos por la Policía Nacional en la República Dominicana. ¿Puedes contarnos como te sientes, cuales consecuencias has padecido y como se desarrollaron los hechos?
N.I.C.-Bueno, son tres, no cuatro. Pero casi igual, el hecho y el daño.
Un hecho realmente bestial por el método y alevoso por lo selectivo del golpe.
La consecuencia es un dolor agudo, a veces insoportable y prolongado, insuperable por lo menos en 40 días. ... Continua a leggere...
Da tempo i movimenti sociali ed ampi settori della società civile della Repubblica Dominicana si stanno mobilitando chiedendo le dimissioni del capo della Polizia, generale Rafael Guillermo Guzmán Fermín. Associazioni per la difesa dei Diritti Umani del paese rendono noto che nei tre anni trascorsi dall′ inizio del suo incarico, membri della Polizia Nazionale hanno ucciso già 1750 persone in presunti “scontri a fuoco”. A Santo Domingo, lo scorso 23 luglio, è stato impedito lo svolgersi di una manifestazione pacifica organizzata dal Comitato contro gli Abusi della Polizia, formato per la maggior parte da studenti, e la mobilitazione è stata repressa duramente a manganellate e pestaggi da parte della Polizia. Alcuni giovani sono stati feriti e il politico e dirigente del Movimento Caamañista Narciso Isa Conde, di 67 anni, che stava solidarizzando con loro, ha ricevuto da un tenente un calcio alle spalle che gli ha fratturato 4 costole. Ci racconta quanto accaduto.
A.M. - Narciso, tu hai ricevuto da un poliziotto un calcio che ti ha provocato la frattura di 4 costole oltre a una neurite intercostale mentre partecipavi insieme ad alcuni giovani a una manifestazione pacifica organizzata il 23 luglio a Santo Domingo, proprio contro gli abusi commessi dalla Polizia Nazionale nel tuo paese. Puoi raccontarci come ti senti e come si sono svolti i fatti?
N.I.C. – Le costole rotte sono tre e non quattro, ma il danno è quasi uguale e anche l’accaduto.
Un fatto veramente brutale sia per il metodo che per la vigliaccheria con cui è stato dato il colpo che mi sta provocando un dolore acuto e a volte insopportabile e prolungato guaribile in almeno 40 giorni.
I manifestanti erano assediati nella piazza per impedirgli una passeggiata di 200 metri (dalla piazza della Cultura al palazzo della Polizia Nazionale) nel centro della nostra capitale.... Continua a leggere...
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