Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Mario Casasús, Brecha
24 agosto 2007
“Uruguay è parola di un uccello, o lingua dell’acqua, è sillaba di una cascata, è tormento di cristalleria”
Pablo Neruda, Canto generale
Neruda ha vissuto clandestinamente in Uruguay tra il 1953 e il 1956, a casa di Alberto Mántaras, nella località balneare di Atlántida.
Testimonianza di questa permanenza è l’erbario progettato per l’ Ode ai fiori di Datitla (testo pubblicato nel Terzo libro delle Odi; Losada 1957), rimasto inedito fino al 2003.
Il suo esilio fu dovuto alla relazione con Matilde Urrutia a differenza di quello che fu costretto a vivere quando in Cile dichiararono illegale il Partito Comunista e la sua carica di senatore fu revocata: allora attraversò le montagne a cavallo con destinazione Buenos Aires, dove Miguel Ángel Asturias gli prestò il suo passaporto per far sì che a Parigi, Picasso lo potesse presentare al Congresso Mondiale per la Pace.
La militanza del nostro poeta non è un segreto, di origini comuniste, diplomatico del Frente e della Unidad Popular, si ficcava in ogni pasticcio, come in Messico, quando liberò dal carcere il muralista Siqueiros o in Spagna, quando fece emigrare 2500 repubblicani sulla nave Winnipeg.
È da tempo che si dice che la morte di Neruda sia avvenuta più per tristezza che per cancro, io credo che il 23 settembre 1973 agirono entrambe le cause in maniera fulminante.
L’erbario fu composto in Uruguay insieme alla poesia Testamento del Canto Generale:
“Lascio ai sindacati del rame, del carbone e del salnitro la mia casa sul mare d’Isla Negra. Voglio che lì riposino i vessati figli della mia patria, saccheggiata da asce e traditori, dissipata nel suo sacro sangue, consumata in vulcanici brandelli”
Sono stati questi i versi che posero le basi del progetto che il poeta scelse di chiamare Cantalao: “Fondazione di Beneficenza senza fini ... Continua a leggere...
Caro Manifesto.....
pensavo che bastassero i vari La Repubblica, Liberazione e Libero nella veste di sbandieratori di falsità e luoghi comuni su Chávez e il Venezuela.
Perchè pubblicizzare in prima pagina un libro che parla di Hugo Chávez (il caudillo pop) e lo indica come “la nuova icona della sinistra che di fatto assomiglia più al Duce che a Manu Chao”?
Perchè riempirci di belle pagine su Che Guevara se poi in prima si pubblicizza “La via del Che – il mito di Ernesto Guevara e la sua ombra”? di Dario Fertilio, giornalista del Corriere della Sera?
E’ un caso che ambedue i libri siano editi dalla Marsilio Editori, che appartiene al Gruppo RCS e sotto la guida della famiglia De Michelis?
Perchè tante campagne abbonamenti, tante copie a 5 euro, “sostieni il mostro”, sostieni l’indipendenza ... se poi si fanno contratti con chi l’indipendenza l’ha persa da tempo?
E’ vero a sinistra va tanto di moda parlar male di Chávez e fare del revisionismo su tutto, anche su Ernesto Guevara , ma la coerenza, caro Manifesto, per alcuni è ancora un bene prezioso.
per rispondere ad alcuni commenti..
Il Manifesto a fasi alterne mi accompagna da quando avevo 17 anni.
Proprio per questo motivo non riesco ad immaginare il panorama informativo in Italia senza il Manifesto in edicola e chissà forse per questo pretendo il meglio da quello che considero un po’ anche il “mio” giornale.
Ho trepidato quando nel giugno dello scorso anno, in copertina ho letto “Via Tomacelli, abbiamo un problema...” e mi sono detta “oh no ancora”... e ho creduto anche io come tanti, che fosse importante contribuire anche se con poco al “nostro” giornale.
Noam Chomsky scomodandosi dagli Stati Uniti fece sapere al Manifesto che “in un’epoca in cui assistiamo ai processi di fusione e annessione alle grandi corporations dei media e un degrado dei loro contenuti, abbiamo ancor più bisogno di voci indipendenti di alta qualità (12/7/2006).
Richard Falk (professore di Diritto Internazionale applicato, Università di Princenton) scriveva il 15 luglio 2006 :“è importante che sopravviva come presenza giornalistica vitale, nell’interresse del giornalismo di qualità e per contrastare le numerose tendenze reazionarie, in Europa e altrove, fra le quali vanno incluse le crescenti fusioni degli organi di informazione e opinione sotto il controllo di un numero ristretto di magnati dei media appartenenti alla destra”.
Per parlare di Pace non si può non parlare di guerra e si conoscerà la Pace e si ripudierà la guerra solo se saremo informati sulle guerre. Il “mio” premio Nobel della Pace lo conferisco “al giornalista ucciso nello svolgimento della sua professione”. E penso a Brad Will, Anna Politkovskaja, Ilaria Alpi, Hrant Dink, Enzo Baldoni, al giornalista giapponese ucciso in Birmania poche settimane fa e ovviamente a tanti altri meno conosciuti. A loro il mio debito morale perchè sono morti per darci uno strumento fondamentale di ripudio della guerra: l’informazione.
La difesa dell’ambiente è importante, il cambiamento climatico è un problema urgente ed è giusto che la soluzione venga trovata urgentemente, ma la soluzione non può essere un premio Nobel. C’è un protocollo al quale circa 170 paesi del mondo hanno aderito per la soluzione di un problema comune. Gli Stati Uniti, l’Australia e il Kazakistan no. Perchè più coerentemente non applicare le sanzioni internazionali ai paesi che non contribuiscono a salvare l’ambiente?
Attenzione, fascisti in giro oggi...
La data del 12 ottobre 2007 per l’inaugurazione del primo tratto, detto Transguajiro, del Gasdotto del Sud, era stata già anticipata lo scorso mese di agosto durante una conferenza stampa tenutasi nei giardini di Hato Grande, residenza presidenziale di Álvaro Uribe, in occasione di un importante incontro tra il presidente colombiano ed il suo omologo venezuelano. E infatti, ieri, 12 ottobre, Hugo Chávez, Álvaro Uribe e Rafael Correa come testimone, a Punta Ballenas, nella Guajira colombiana hanno inaugurato i primi 225 Km. del gasdotto Transoceanico Antonio Ricaurte. L’opera, alla quale hanno lavorato 1.378 persone sia di nazionalità colombiana che venezuelana, e che è stato portato a compimento dalla PDVSA e dalla colombiana Ecopetrol, “apre immense possibilità di trasformare in realtà quello che abbiamo sempre sognato in materia di integrazione energetica” come ha sottolineato Rafael Ramírez, presidente di PDVSA nonché ministro del Potere Popolare per l’Energia ed il Petrolio. Il progetto è stato oggetto di un investimento di 335 milioni di dollari, ha una lunghezza di 224 Km. di cui 88 in territorio colombiano e permetterà per i primi quattro anni di portare il gas dalla Guajira Colombiana fino al lago Maracaibo in Venezuela, e successivamente in senso inverso. ... Continua a leggere...
Qualche mese fa la presidente del Cile Michelle Bachelet a Ginevra negò la presenza di prigionieri politici Mapuche nelle carceri del suo paese. “I prigionieri Mapuche sono persone che hanno cercato di risolvere le cose in modo che non è né democratico né pacifico. “Hanno commesso delitti e incendiato proprietà”. Questo diceva in una conferenza stampa durante il suo viaggio in Svizzera, aggiungendo che in Europa c’é una visione distorta sulla situazione dei prigionieri Mapuche e sottolineando che non si tratta di prigionieri politici ma di detenuti comuni che hanno commesso dei crimini.
Vale la pena ricordare che uno dei punti più importanti della sua campagna elettorale ... Continua a leggere...
Intervista a Violeta Valenzuela e Jeannette Paillan
di Annalisa Melandri
Violeta Valenzuela è la presidente dell'associazione Wenuyakan - Amicizia con il popolo Mapuche e Jeannette Paillan è una giornalista mapuche, nota regista di documentari sulle realtà dei popoli originari nonchè prima donna mapuche produttrice di audiovisivi.
D. Violeta, so che sono diversi mesi che come organizzazione Wenuykan (Amicizia) stavate preparando un’iniziativa pacifica di protesta in occasione della visita in Italia della presidente cilena Bachelet. Quali sono i motivi della vostra protesta?
R. L’idea di organizzare una protesta pacifica è nata ripensando all’intervento della presidente Bachelet a Ginevra quest’anno quando colse l’occasione del suo incontro con la sua omologa svizzera per negare pubblicamente l’esistenza di prigionieri politici Mapuche in Cile. Quella dichiarazione suscitò allora numerose proteste contro la Bachelet. Quando abbiamo saputo che sarebbe venuta in Italia abbiamo pensato di protestare pacificamente per fare in modo che anche qui si conosca la verità e cioè che attualmente in Cile ci sono circa 50 prigionieri politici Mapuche di cui 5 in sciopero della fame nel carcere di Angol.
D. Cosa chiede il popolo Mapuche?
R. Che il governo cileno riconosca nella sua Costituzione l’esistenza dei popoli originari e che ratifichi la convenzione n. 169 ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro) per il riconoscimento dei popoli indigeni. Inoltre che venga abolita la legge 18.314 anti-terrorista che fu creata dalla dittatura di Pinochet e che i governi della Concertazione continuano ad applicare in modo razzista soltanto nelle regioni abitate dai Mapuche.... Continua a leggere...
E’ vergognoso quello che sta accadendo in questi giorni in relazione al viaggio di Michelle Bachelet, la presidente cilena.
Nonostante tutto quello che è accaduto in questo ultimo anno in Cile, proteste represse, prigionieri politici, arresti di massa e qualche morto nel corso delle manifestazioni, l’arrivo della presidente progressista cilena, quella che con la sua elezione avrebbe dovuto ridare lustro alla democrazia cilena, è stato accompagnato dal silenzio di tutta la nostra stampa.
E’ vergognoso che mentre a Roma qualche giorno prima si permettono svastiche e croci celtiche, saluti romani e canti fascisti ad un manifestazione di AN, due donne di mezza età Violeta Valenzuela, cittadina italiana di 50 anni presidente dell’Associazione Wenuykan e Jeannette Paillan 38 anni, mapuche ... Continua a leggere...
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