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Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 23/11/2009
Ricevo da parte di Marisa Masucci la petizione in italiano e qui in spagnolo da inoltrare alle autorità peruviane in difesa dei diritti dei prigionieir politici, violati pesantemente con la recente approvazione da parte del governo della nuova legge che regola le condizioni carcerarie.
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Negli ultimi tempi si sta verificando in Perù una serie di eventi che, con il pretesto della lotta al terrorismo, stanno rendendo sempre più difficile la condizione dei prigionieri politici, mediante un irrigidimento delle leggi e il ritorno a condizioni di detenzione che, con il crollo della dittatura fujimorista e dopo il lavoro effettuato dalla Commissione della Verità e Riconciliazione, sembravano dovere essere superate definitivamente. A ciò contribuisce senza dubbio la campagna di demonizzazione dei prigionieri ed degli ex-prigionieri politici realizzata dalla maggior parte dei mezzi di comunicazione, mediante la quale si diffonde la preoccupazione che la loro liberazione possa contribuire ad ingrossare le fila dell’insorgenza armata, nonostante ad oggi non esista alcuna evidenza dell’incorporazione nei gruppi armati attualmente operanti di ex prigionieri politici che hanno ottenuto la libertà.
Nelle scorse settimane è stata approvata una legge che prevede l’abolizione dei benefici penitenziari, grazie ai quali era possibile, attraverso la realizzazione di attività di studio e di lavoro condotte in carcere, ottenere la libertà dopo avere scontato i tre quarti della pena. Bisogna sottolineare che si tratta di persone che si trovano in condizioni di detenzione dai primi anni novanta, con condanne che oscillano tra i 15 e i 30 anni di reclusione.
Il 13 ottobre scorso, inoltre, 36 prigionieri politici, appartenenti a Sendero Luminoso, al Movimiento Revolucionario Túpac Amaru ed ai nazionalisti, che avevano richiesto un miglioramento delle condizioni carcerarie dopo le ultime restrizioni nell’erogazione di servizi minimi (acqua, luce, alimenti e cure mediche), sono stati trasferiti dal carcere Miguel Castro Castro di Lima ad altri istituti di detenzione, tra cui quello di massima sicurezza di Piedras Gordas (costruito per detenuti di alta pericolosità e in cui vige un sistema penitenziario molto duro) e quello di Cañete, ubicato a diverse centinaia di chilometri dalla capitale. A questo si aggiunge che viene loro negata la possibilità di lavorare e di studiare, con il pretesto che tali attività non sono più necessarie, essendo stati aboliti i benefici penitenziari. Tutto ciò, oltre ad allontanarli dalle loro famiglie, rendendo di fatto impossibile ricevere le visite settimanali a cui in teoria hanno diritto, li priva di diritti fondamentali per la persona umana, quali l’accesso alla cultura e all’attività lavorativa.
A rendere ancora più inaccettabile questo trattamento, che ha tutto il sapore di una vendetta a danno di indifesi, ci sono le notizie riguardanti le condizioni di detenzione dell’ex presidente della repubblica del Perù, Alberto Kenya Fujimori, condannato per crimini di lesa umanità (torture, sparizioni di persone, esecuzioni extragiudiziarie), che viene ripreso mentre passeggia fuori dall’edificio penitenziario dove dovrebbe trovarsi recluso e nel quale gli viene permesso di ricevere visite giornaliere senza alcuna limitazione di orario, trasformando di fatto il suo luogo di detenzione in un centro di coordinamento politico. Di fronte a tali evidenze le autorità penitenziarie si sono giustificate considerandole parte del programma per il suo reinserimento nella società civile.
Appare doveroso manifestare indignazione nei confronti di tutto questo, chiedendo, oltre a una uguaglianza dei trattamenti per tutti i cittadini peruviani, la reintroduzione dei benefici penitenziari, la garanzia di condizioni di vita accettabili all’interno delle carceri e il ritorno dei 36 prigionieri politici nel carcere da cui sono stati trasferiti.
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PETIZIONE ALLE AUTORITA’ PERUVIANE IN DIFESA DEI DIRITTI DEI PRIGIONIERI POLITICI
Al Sig. Presidente della Repubblica del Perù – Alan García Pérez
Jirón de la Unión s/n cuadra 1
Lima
Al Sig. Ministro della Giustizia del Perù – Aurelio Pastor
Carlos Tenaud cuadra 3 s/n
Miraflores , Lima 18
apastor@minjus.gob.pe
Al Sig. Direttore dell’INPE (Istituto Nazionale Penitenziario) - Jorge León Ballén
Jirón Carabaya N° 456 – Lima
Stimati Signori,
Apprendo con preoccupazione che negli ultimi tempi si stanno verificando eventi di cui sono vittima i prigionieri politici peruviani. Dopo l’entrata in vigore della legge che li priva della possibilità di godere dei benefici penitenziari, 36 di loro, dopo avere richiesto un miglioramento delle condizioni carcerarie minime (diminuzione delle restrizioni nell’erogazione di acqua, luce, alimenti e cure mediche), sono stati trasferiti improvvisamente dal carcere di Lima Miguel Castro Castro a quello di massima sicurezza di Piedras Gordas e ad altri istituiti penitenziari lontani da Lima. So inoltre che, dopo l’abolizione dei benefici penitenziari, si è verificato un irrigidimento delle condizioni di detenzione, come il divieto di dedicarsi ad attività di studio e di lavoro.
Allo stesso tempo vengo a conoscenza del fatto che l’ex presidente della Repubblica, Alberto Kenya Fujimori, condannato per crimini di lesa umanità, ha libero accesso all’esterno dell’edificio penitenziario in cui dovrebbe trovarsi recluso e riceve quotidianamente visite senza limiti di orari.
So che la costituzione del Perù considera diritto fondamentale della persona l’uguaglianza di fronte alla legge e ritengo che la cultura, il lavoro, la salute e l’alimentazione siano diritti inalienabili della persona umana.
Ritengo infine che una società giusta debba considerare la detenzione non una vendetta ma una via per il reinserimento nella società civile e mi augurio che l’irrigidimento delle condizioni di detenzione dei prigionieri politici e la disparità di trattamento tra i cittadini della Repubblica non allontanino il Perù da un cammino di riconciliazione che gli permetterebbe di sanare ferite profonde.
Chiedo quindi la reintroduzione dei benefici penitenziari e il ritorno dei 36 detenuti politici al carcere di Castro Castro , oltre alla garanzia di condizioni di vita accettabili all’interno delle carceri peruviane.
Nella certezza di ottenere il vostro interessamento su quanto sopra esposto, trattandosi di giustizia e di umanità, ringraziando, porgo distinti saluti
Nome e Cognome
Indirizzo
Paese
INPE (Instituto Nacional Penitenciario):
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Correo: indirizzo e-mail
Oficina regional: Instituto Nacional Penitenciario
Hechos: incollare il testo della petizione in spagnolo
ENVIAR: INVIARE
PRESIDENCIA DE LA REPUBLICA
Pagina "Cartas al presidente" (lettere al presidente)
Nombres: nome/i di battesimo
Apellidos: cognome
Fecha de nacimiento: data di nascita
Documento de identidad: documento d'identità
Dirección: indirizzo
Ciudad o comunidad: città
Provincia: provinvia
País: Italia
Correo electrónico: indirizzo e-mail
Motivo del mensaje: denuncias
Mensaje: incollare il testo della petizione in spagnolo
ENVIAR: INVIARE
Al Sr. Presidente de la República del Perù – Alan García Pérez
Jirón de la Unión s/n cuadra 1
Lima
Al Sr. Ministro de Justicia del Perú - Aurelio Pastor
Carlos Tenaud cuadra 3 s/n
Miraflores , Lima 18
apastor@minjus.gob.pe
Al Sr. Director del INPE – Jorge León Ballén
Jirón Carabaya N° 456 – Lima
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Estimados Señores,
observo con preocupación que en los últimos tiempos se vienen dando circunstancias de las cuales son víctimas los presos políticos peruanos. Después de la promulgación de la ley que elimina los beneficios penitenciarios, 36 de ellos, después de haber pedido una mejoría de las condiciones mínimas de vida al interior de la prisión (reducción de las restricciones en el servicio de agua, electricidad, alimentación, atención médica) han sido transferidos de improviso del penal limeño Miguel Castro Castro al penal de máxima seguridad de Piedras Gordas y a otras cárceles lejos de Lima. Sé también que, después de la abolición de los beneficios penitenciarios, las condiciones de detención se han vuelto más rígidas, con la prohibición, por ejemplo, de dedicarse a actividades de estudio y trabajo.
Mientras que por otro lado soy testigo como el ex presidente de la República, Alberto Kenya Fujimori, condenado por crímenes de lesa humanidad, tiene la posibilidad de caminar libremente fuera de la cárcel donde debería de estar encerrado y sin embargo recibe sus visitas sin ninguna restricción.
Sé que la Constitución del Perù establece como un derecho fundamental de la persona la igualdad frente a la ley y creo que la cultura, el trabajo, la salud y la alimentación sean derechos inalienables de la persona humana.
Opino, en fin, que en una sociedad justa la detención no tenga que ser una venganza sino un camino para la reincorporación dentro de la sociedad civil y espero que el endurecimiento de las condiciones de detención de los presos políticos y la desigualdad en el trato entre los ciudadanos de la República no alejen al Perú del camino de reconciliación que permita sanar sus heridas profundas.
Por lo tanto pido la restitución de los beneficios penitenciarios, el retorno a la prisión de Castro Castro de los 36 presos políticos y la garantía de condiciones de vida aceptables dentro de las cárceles peruanas.
Con la certeza de obtener Vuestro interés por lo expuesto, por ser de justicia y humanidad, Les saludo agradeciéndoLes.
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di Renata Puleo
Liberazione
Il 21 settembre 2009 è il giorno in cui si celebra la commemorazione dei soldati morti a Kabul, Afghanistan. E' anche l'inizio della vicenda surreale o iperrealista in cui mi trovo coinvolta. Verso la metà della mattina del 21, la mia collega, Simonetta Salacone, mi telefona e mi dice che sta girando una circolare ministeriale che invita (ribadisco: invita) le scuole ad osservare un minuto di silenzio in segno di lutto nazionale. Lei non l'ha ancora vista - in molte scuole arriverà nel tardo pomeriggio o il giorno dopo - ma ha deciso di non diffonderla in ogni caso, di convocare i docenti ad un collegio straordinario per il pomeriggio, di comunicare le sue decisioni all'Ansa. Mi dice che anche la collega della Marconi, Maria Letizia Ciferri non ha diffuso la circolare. Credo, ma potrebbe essere un ricordo deformato dai fatti successivi, che mi parli anche di bandiere esposte, di superficiali patriottismi di alcuni suoi docenti, di fascisti in strada. Da noi, tutto tranquillo. Venendo a scuola, lungo la strada non vedo le finestre impavesate col tricolore come ha chiesto il Governo, mentre sventolano alcune bandiere arcobaleno.
Non sono d'accordo sulla comunicazione alla stampa, non mi fido di come potrebbero fare strame del comunicato, è accaduto spesso in questi anni di contestazione e di lotta. E poi, credo che ogni atto politico debba tener conto delle condizioni, dei rapporti di forza. Io godo di prestigio nel mio piccolo ambito lavorativo, ma non basta per una battaglia ideale sulla pace e sulla guerra. Ci sono atti che si possono fare solo "in levare", in esonero. Così non risponderò a nessuna richiesta di dichiarazioni che arriva di lì a poco da diverse testate e televisioni. Nel pomeriggio del 22 settembre, c'è una riunione ordinaria del Collegio docenti e apro la seduta comunicando la mia decisione. Gli interventi sono tutti a favore della mia inerzia, per via dell'intempestività della comunicazione contenente l'invito, per l'età dei bambini, per l'imbarazzo di parlare di una guerra non dichiarata, non dichiarabile. Chi non è d'accordo non si rivela.
Dal giorno successivo incalzano i fatti: a scuola circola un comunicato redatta dal direttore dei servizi amministrativi e da alcuni docenti che inizia con il richiamo all'art. 11 della Costituzione. Viene firmato dalla stragrande maggioranza di chi legge, ma nei giorni seguenti alcuni - per paura di ritorsioni o per altre motivazioni di cui non si viene a sapere - chiederanno di cancellare la firma. La stampa - come immaginavo - pubblica con grande risalto tutto ciò che attiene ai funerali solenni e alla nostra vergognosa disobbedienza, così decido di diffondere alle famiglie e al personale una breve nota in cui spiego le motivazioni del mio atto di inerzia. Lo manderò anche al presidente del Municipio XIX che non ha perso tempo, ha chiesto al consiglio di votare un ordine del giorno dai toni ingiuriosi che stigmatizza il mio comportamento e in cui chiede siano presi dal ministero provvedimenti disciplinari. Qualche giorno dopo verrà approvato a maggioranza, con il voto contrario del Pd e del Prc Nel frattempo, in alto, molto in alto, si chiede scusa alle famiglie dei soldati per il comportamento offensivo nei confronti del loro sacrificio, ad opera di alcuni dirigenti scolastici romani. Vengono presentate interrogazioni parlamentari alla Ministra Gelmini che assicura l'assunzione di provvedimenti contro i sediziosi.
Il 28 settembre, nel tardo pomeriggio, mi arriva al cellulare una telefonata dalla segreteria della Direzione regionale in cui mi si invita ad un colloquio con la Direttrice, chi chiama afferma di ignorarne il motivo. Ci andremo tutte e tre, il lunedì successivo, a distanza di mezz'ora l'una dall'altra. Simonetta Salacone ribadisce le motivazioni note, io dico che non amo la retorica patria, l'uso dei bambini come cifra della commozione nazionale ( il bambino con il baschetto e quello che accarezza la bara), Maria Letizia Ciferri sostiene la linea del guasto tecnico che le ha impedito di vedere e diffondere la circolare (verrà tenuta fuori dall'apertura del procedura disciplinare). Il colloquio è umiliante, non per me, ma per ciò che è costretta (ma forse ne è convinta ) a ribattere la Novelli (anche un bambino di due anni conosce il significato della morte) e per i due signori che assistono silenziosi, come due cortigiani. Saprò in seguito - dalla nota di contestazione - che si tratta di una mia collega e di un funzionario del Usp in funzione di testimoni. Arriva anche una richiesta scritta di chiarimenti a tutte e tre, in cui ciascuna di noi ribadirà seccamente che - in ogni caso - l' invito non era disponibile in circolare. Arriva il 28 di ottobre la contestazione degli addebiti per me e per la collega Salacone. Per costruirla, in assenza di atti ufficiali, utilizzano le dichiarazioni che hanno carpito durante il colloquio informale (registrate, verbalizzate, a nostra insaputa?), le utilizzano fuori contesto, fanno uso di richiami alla fedeltà alla Nazione che noi avremmo tradito. Pur consapevoli che, al momento, nessun magistrato potrebbe dare loro ragione, si spingono a ventilare la risoluzione del nostro contratto.
A questo punto, alcuni colleghi sindacalisti più avvertiti di me, mi offrono una lettura della vicenda in linea con quanto sta predisponendo il Ministro Brunetta, il ripristino del giuramento per i pubblici funzionari, la messa in soffitta dell'autonomia, ecc, e dunque, all'agio che, comunque vada, questa storia fa loro. Quando i Cobas-scuola chiedono alla Direzione regionale di conoscere attraverso quale monitoraggio sia stata rilevata l'adesione all'invito-al-minuto-di-silenzio, visto che migliaia di scuole risulta non lo abbiano fatto, la risposta è semplicemente: nessuno. La Direzione regionale, il Ministero non ne hanno avuto bisogno se la tesi sostenuta dei colleghi sindacalisti è corretta. Basta un pretesto per far scattare la tenaglia.
Vedremo come andrà a finire. Ma intanto, ai miei colleghi che non hanno nemmeno dato uno sguardo alla circolare, a quelli che ne hanno chiesto l'osservanza "perché certi genitori di destra ci tengono", a quelli che si sono affrettati a fare qualcosa quando l'aria si è fatta pesante, a chi ancora adesso non ci ha capito molto, va detto, state attenti. Non perdetevi i prossimi atti del tormentone. Ne va anche del vostro lavoro, della vostra autonomia, della possibilità che avrete in futuro di prendere decisioni discrezionali come prevede il contratto che avete firmato, ogni invito diventerà un ordine. Ne va dell'intera scuola pubblica. C'è in questa storia surreale o iperrealista, qualcosa che riguarda tutti.
Fotografie del 23/11/2009
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