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Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 18/10/2008
Ha ragione Roberto Saviano. Siamo tutti casalesi. La storia del nostro paese, soprattutto la storia politica del nostro paese, non accetta più giustificazioni. Ormai non ci possiamo più nascondere dietro “la questione meridionale del crimine”. Il silenzio con il quale l’Italia tutta, da Nord a Sud, passando per Roma e Casal di Principe, secondo quella traiettoria che unisce a doppio legame camorra e politica, tace su quello che dovrebbe essere uno scandalo nazionale, e ci rende pertanto complici dei disastri ambientali commessi nel casertano, dei morti, delle stragi e finanche delle minacce di morte a Roberto Saviano.
L’espresso da settimane va denunciando e riportando notizie sui presunti vincoli dell’attuale sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino con il clan dei casalesi, l’Italia politica fa spallucce, gli italiani ormai assuefatti all’ambiguità e all’ipocrisia si indignano solo per le minacce di morte a Saviano, mentre Casal di Principe, paese natale di Cosentino e Roma, sede del Governo, si danno la mano e tacciono complici. Dopo che la “cupola” del Popolo della Libertà si è stretta intorno all’onorevole, è calato il silenzio su tutta la vicenda.
Le accuse vengono da ben cinque pentiti della camorra, e secondo l’ultimo articolo del settimanale, Nicola Cosentino, sarebbe adesso accusato anche da Dario De Simone, uno dei boss dei casalesi, di essere una persona completamente a disposizione del clan. Glielo avrebbe confermato lo stesso Cosentino in diverse occasioni. Un’accusa gravissima, ma non l’unica.
Il coordinatore regionale del Popolo della Libertà, nonché sottosegretario all’Economia e alla Finanza dell’attuale governo, è stato infatti prima accusato dall’imprenditore camorrista Gaetano Vassallo, di controllare l’affare dei rifiuti gestito dai casalesi tramite il consorzio Eco4.
Successivamente il pentito Michele Froncillo lo ha accusato di legami con il boss Raffaele Letizia.
Carmine Schiavone, cugino di Francesco Schiavone, detto Sandokan, ha affermato invece che Nicola Cosentino sarebbe legato ai casalesi fin dal 1982.
L’ultimo in ordine di tempo, il pentito Domenico Frascogna, ha raccontato che Nicola Cosentino in realtà sarebbe il postino addetto alla consegna dei messaggi di Sandokan.
Un po’ troppo per pensare a un complotto, organizzato, come molti sostengono, per screditare l’onorevole Cosentino o addirittura per “distruggergli la vita”.
Si parla di un fascicolo segreto che vedrebbe il sottosegretario all’Economia e alle Finanze, coordinatore della Campania di Forza Italia – Popolo della Libertà, in veste di indagato, anche se non è chiaro ancora con quale accusa.
Quello che però è certo è che invece sicuramente sono indagati Gianluca Di Feo ed Emiliano Fittipaldi, i due giornalisti de L’espresso che per due volte, in appena una settimana, si sono visti arrivare la Guardia di Finanza all’alba nelle loro case e nei loro uffici soltanto per aver svolto il proprio lavoro, e cioè quello di informare gli italiani del fatto che al governo, ricoprendo una carica importante, siede un uomo probabilmente legato alla camorra.
E se è vero che chiunque è innocente fino a che non venga dimostrato il contrario, è anche vero che quella carica è incompatibile con i sospetti che gravano su Nicola Cosentino. Gravi e fondati sospetti, basati anche su alcuni episodi dimostrati e dimostrabili, non solo sulle farneticazioni di qualche pentito come si racconta in giro.
Il 9 ottobre 1993 a Santa Maria Capua Vetere Nicola Cosentino e i suoi fratelli comprarono un terreno della famiglia Schiavone, direttamente da Mario, cugino e cognato di Sandokan. Mario Schiavone all’epoca era già conosciuto in zona per le sue attività (verrà arrestato solo il 30 settembre scorso) mentre Nicola Cosentino a quella data era già un politico affermato, era stato consigliere della Provincia di Caserta nel 1980 e successivamente nel 1985, Assessore alla Pubblica Istruzione. Nel 1990 ricopre per la terza volta la carica di Assessore provinciale all’Agricoltura.
Un politico non può comprare un terreno da un camorrista. Non può e non deve. Soprattutto se il politico è anche parente acquisito del boss dei casalesi Giuseppe Russo. Troppe coincidenze, troppi legami, troppi rimandi alla criminalità organizzata nella biografia di Nicola Cosentino.
Come scrivono Gianluca Di Feo ed Emiliano Fittipaldi, si ha a che fare con “una gigantesca zona grigia, dove diventa impossibile distinguere i confini tra camorra, impenditoria e politica”.
Quella zona grigia che dalla Campania si estende fino al Lazio, entra nei palazzi del potere e lì si istituzionalizza, diventando la zona franca della criminalità organizzata.
Quella zona grigia che purtroppo è più vasta di quanto immaginiamo, che fa sì che quello che in tempi migliori sarebbe lo “scandalo Cosentino”, resta invece una vicenda marginale della cronaca giudiziaria italiana.
“A Caserta come a Napoli, ci si sarebbe aspettati un vento di tempesta che gonfiasse onde di sdegno. Invece nulla...” scrive amareggiato Roberto Saviano, sulla vicenda è ormai calato il silenzio, un ambiguo italo-casalese silenzio.
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Berlusconi ha prometido luchar contra la camorra, pero la mafia napolitana le ha advertido que tiene al enemigo en casa y que uno de sus ministros no es trigo limpio.
Parece que el Gobierno de Berlusconi, tan proclive a declarar su lucha sin cuartel contra la mafia, ha sido pillado en un nuevo renuncio. El subsecretario italiano de Economía, Nicola Cosentino, ha sido acusado por cinco mafiosos arrepentidos de haber favorecido los intereses de la camorra a cambio de varios servicios.
La historia es la siguiente. Entre 1996 y 2008 cinco ex mafiosos que aceptaron colaborar con la justicia afirmaron que Cosentino favorecía los intereses del clan Casalesi, el más poderoso de la camorra, la mafia napolitana.
En 1995 Cosentino "me pidió ayudarle en su campaña electoral. Hice mucho por él. Pedí a varias peronas votar por él. Cuando pedía un favor, no se me negaba. Toda la organización se ocupó de su elección", aseguró ya en 1996 Dario De Simone, uno de los jefes de los Casalesi.
Y así fue. En Nativo de Casal di Principe, bastión de los Casalesi, Nicola Cosentino fue elegido consejero regional.
El resto de mafiosos arrepentidos también acusaron al subsecretario de Economía de haber favorecido a los Casalesi e incluso de haber sido el mensajero de su jefe, Francesco Schiavone, que actualmente permanece encarcelado.
Doble rasero
Esta clase de confesiones de la camorra chocan con las declaraciones de Silvio Berlusconi, quien siempre ha sostenido que su Gobierno está dispuesto a llevar "una lucha dura y sin cuartel contra la mafia, la camorra y la 'Ndrangheta (mafia calabresa)" porque "hay que liberar el sur de la criminalidad".
Pero, si se confirman las relaciones de Nicola Cosentino con la camorra, quedará claro que lo de Berlusconi son palabras, y que al enemigo lo tiene dentro.

Movilización indígena en todo el país
di Simone Bruno
(qui l'articolo in italiano)
El castillo construido sobre una burbuja de popularidad del presidente Uribe parece empezar a caerse. Nunca en los 6 años que lleva el mandatario en la presidencia se habían registrada tantas protestas ni en duración, ni en intensidad, ni en participación.
La figura presidencial construida sobre una retórica beligerante ha escondido los temas sociales detrás del “sacrificio para ganar la guerra contra los terroristas”. Pero ahora los problemas de la vida real de los colombianos están explotando agraviados por una crisis económica que golpea muy duro al país.
Desde el 12 de Octubre, el mal llamado día de la raza, que la retórica occidental señala como el día en que América fue descubierta, olvidando que ya estuvo habitada, la protesta Indígena se ha sumado a la de varios sectores sociales ya movilizados. El sector judicial ha terminado ayer un paro de 43 días, algo sin precedentes; los corteros de caña de la región del Valle del Cauca llevan más de un mes ocupando los ingenios, pidiendo dignidad y contratación directa con un salario justo; los transportadores han terminado un largo paro hace pocos días. El sector estudiantil prepara un levantamiento para el día 23 y la Registraduría General empieza hoy un paro indefinido.
El 12 se inició la Minga de los pueblos conmemorando los 516 años de resistencia, las movilizaciones se desarrollan por todo el país y esto ha sido un catalizador de la protesta recibiendo apoyo moral y material nacional e internacional. A la Minga se han sumado la CUT (Central Unitaria de los Trabajadores), la más grande del país, el sector judicial (Asonal Judicial), los corteros de caña, el sector de la educación, sectores campesinos y muchos más. Una vez más los pueblos indígenas colombianos, 102 contando los que no son oficialmente reconocidos, están demostrando ser la consciencia y la fuerza moral de un país que se ha olvidado cómo pelear por sus derechos, emborrachado por la retórica presidencial. Este resultado no es casual, los indígenas colombianos, y más que todo los Nasa, ha venido tejiendo relaciones con otros sectores sociales desde hace años en el intento de encontrar puntos comunes mínimos sobre los cuales construir una serie de acciones comunes para intentar romper las divisiones históricas de los actores sociales colombianos.
Las razones de la lucha
En esto momento, en varios departamentos del país (Guajira, Córdoba, Sucre, Atlántico, Chocó, Norte de Santander, Risaralda, Caldas, Quindío, Valle del Cauca, Cauca, Tolima, Huila, Casanare, Meta y Boyacá) miles de indígenas siguen movilizándose pidiendo diálogo con el gobierno sobre 5 puntos fundamentales, que, como ellos dicen, contienen muchos más. (1)
Una de las razones de las movilizaciones es el número de homicidios de indígenas que se ha incrementado mucho en las últimas semanas. Según la ONIC (Organización Nacional Indígena de Colombia): "Durante los últimos seis años han sido asesinados 1.253 indígenas en todo el país […] cada 53 horas un indígena es asesinado […] y por lo menos 54.000 han sido expulsados de sus territorios ancestrales". Solo en los últimos 15 días han sido asesinados 19 indígenas.
Otra razón es el incumplimiento del Estado de los acuerdos firmados con las comunidades. Un ejemplo representativo es el del pueblo Nasa. El 21 de diciembre de 1991, 20 indígenas, incluidos mujeres y niños, fueron masacrados con la complicidad de la fuerza pública en lo que se conoce como la masacre del Nilo. El Estado fue responsable de esta masacre y así lo reconoció internacionalmente y se comprometió a cumplir con las recomendaciones de la CIDH (Comisión Interamericana de Derechos Humanos), en materia de justicia, reparación individual y colectiva. El propio ex Presidente Ernesto Samper pidió perdón públicamente a nombre del Estado colombiano a las víctimas de esta masacre, a sus familiares y al pueblo Nasa. Hasta hoy estos acuerdos no han sido respetados, mas aun, el actual Gobierno se comprometió, el 13 de septiembre de 2005, a través del último acuerdo, a dar cumplimiento a todas las obligaciones pendientes en un plazo máximo de dos años. Hasta hoy no se ha cumplido la restitución de 15.000 hectáreas al pueblo Nasa.
Los indígenas se oponen también a una serie de leyes como el Estatuto Rural, el Código de Minas, Leyes y planes de aguas, la ley de bosques, impulsadas por el gobierno de Uribe, que “optan por favorecer los intereses económicos y contribuyen al despojo territorial”, según la ONIC. Estas leyes se oponen al artículo 120 de la constitución del 1991 que señala: “el aprovechamiento de los recursos naturales en los hábitats indígenas por parte del Estado se hará sin lesionar la integridad cultural, social y económica de los mismos e, igualmente, está sujeto a previa información y consulta a las comunidades indígenas respectivas. Los beneficios de este aprovechamiento por parte de los pueblos indígenas están sujetos a la Constitución y a la ley”.
En los últimos 6 años, siempre según la ONIC, 53.885 indígenas han tenido que dejar sus tierras y hoy 18 pueblos indígenas colombianos están en riesgo de desaparecer porque les quedan actualmente menos de 200 habitantes y diez tienen menos de 100. Como ellos reiteran: “indígena sin tierra es indígena muerto”.
Estos derechos a la tierra y a la vida están contenidos en la Declaración de las Naciones Unidas sobre los Derechos de los Pueblos Indígenas, aprobada en septiembre de 2007, firmada por todos los países latinoamericanos con excepción de Colombia. Hoy los indígenas se movilizan también por su aprobación en este país.
Estas son las razones que están atrás de la gran movilización de los Indígenas que piden un encuentro directo con el presidente Uribe.
Los comunicados de la ONIC traen la siguiente información sobre las acciones: en Tolima, cerca de 2.000 indígenas Pijaos y Nasas marchan entre El Guamo y El Espinal de forma pacífica, al igual que otros 400 indígenas Embera Chamí en Armenia, capital de Quindío. En Caldas, sigue la concentración en el municipio de Riosucio, así como los indígenas en El Chocó mantienen la toma pacífica de la Defensoría del Pueblo en Quibdó. Dentro de la sede de la Defensoría hay más de 300 indígenas Emberá Dóvida y Katios trabajando en comisiones con autoridades regionales en temas como salud, educación o seguridad alimentaria. Afuera, una cantidad similar de indígenas respaldan la toma pacífica.
En el Valle del Cauca, en la vía que conecta a Palmira con Popayán, la Florida y Pradera, en la glorieta del puente de ese lugar, están más de mil indígenas Emberas Chami, Eperaras Siapidaras y Wannan. En Huila, 9 “chivas” que salían desde los resguardos han sido detenidas por las autoridades, luego de requisar a cada uno de los más de 500 indígenas, no los quisieron dejar pasar.
En Guajira: a pesar del invierno y los desastres en muchas de sus rancherías en Manauare y en las mediaciones de Riohacha, los Wayúu se movilizan en la ruta del Sombrero con rumbo a la capital de la Guajira. Los marchantes, desde el viernes, vienen sanando el territorio con cantos, danzas, ceremonias y con la reafirmación de la palabra; los recibirán indígenas Wiwas, estudiantes indígenas y otros sectores. El punto de encuentro es la Universidad de la Guajira.
En Córdoba: miles de indígenas Zenú y Emberas Katios del Alto Sinú y del Alto San Jorge, se unen en esta Minga, por la dignidad y derechos de los pueblos indígenas, En total, se calcula que alrededor de 40 mil indígenas han salido a carreteras y centros municipales para unirse a la Minga Nacional de Resistencia Indígena.
La María
Los enfrentamientos más duros se han dado en La María-Piendamó (Cauca) en donde 20.000 indígenas de las etnias Guambiana, Nasa, Yanacona, Totoró, Coconuco y Eperara-Siapirara se han tomado la carretera Panamericana entre Cali y Popayan, para llamar la atención nacional.
El Estado ha enviando el escuadrón móvil antidisturbios (ESMAD), declarando que en 10 minutos despejaría la carretera. La resistencia de los Indígenas se ha mantenido por más de 24 horas y después de dos días, en este momento la carretera parece nuevamente tomada.
En la María se generó un enfrentamiento extremamente violento durante el cual se han registrado más de 70 heridos entre los indígenas y dos muertos, uno de los cuales es Ramos Valencia, proveniente del resguardo Tacueyó, que ha recibido una bala en la cabeza, que le atravesó de lado a lado.
Lo que ha pasado en este resguardo ha sido de extrema gravedad. La policía nacional, bajo la responsabilidad del presidente Álvaro Uribe, el gobernador del Cauca Guillermo González Mosquera y el comandante del ESMAD, coronel Jorge Cartagena, ha utilizado armas no convencionales contra la población indígena que se defendía solo con bastones de mando y piedras. La fuerzas policiales, además de gases, machetes y garrotes, han utilizados fusiles de balas y tiros recalzados que son una mezcla de pólvora negra, puntillas, tachuelas y vidrios que, al detonar, generan una descarga de esquirlas. Algunas de estas granadas no convencionales no explotadas han sido entregadas a delegados internacionales que desde el día miércoles están presentes Maria Piendamó.
La comunidad internacional se dio cuenta de la gravedad de los hechos y está acompañando la movilización. Han llegado funcionarios de las embajadas de Canadá, Suecia, Suiza, Estados Unidos y España y representantes de Naciones Unidas y de la Comunidad Europea, ACNUR, OCHA y UNICEF. Los visitantes han pedido a la fuerza pública no invadir el resguardo de la Maria porque, según la Constitución nacional, las autoridades indígenas son autoridad estatal en sus resguardos. Y los resguardos no pueden ser allanados sin la previa aprobación indígena. La fuerza pública, una vez recuperada la carretera, se infiltraron en el resguardo y quemaron varias viviendas.
Además del ataque a bala, los comuneros indígenas han sido víctimas de una ofensiva mediática vergonzosa.
Ofensiva mediática
Varios medios de comunicación no han hecho más que citar fuentes gubernamentales, sin darse la pena de ir a verificar las noticias, y acusan a las Indígenas de utilizar armas de fuego y de estar infiltrados por la guerrilla de las FARC.
Contra estas mentiras hablan los hechos, los muertos y los heridos indígenas documentados en fotos. El proceso de toma de la carretera es una decisión que viene desde abajo, los comuneros en asamblea proponen a los gobernadores de sus cabildos las acciones a tomar, ellos se reúnen, deciden y reportan a las asambleas, no hay guerrilla, hay las decisiones de un pueblo extremamente consciente que toma decisiones en manera comunitaria.
La criminalización de la protesta es un ejercicio muy practicado en Colombia en donde las FARC se trasforman en la excusa para aplastar los movimientos sociales. Según el Presidente, guerrilleros son los estudiantes, los corteros, los jueces, los indígenas, los profesores, los trasportadores y los campesinos. Si así fuese, su política de seguridad democrática seria un verdadero fracaso, estando todo el país infiltrado por la guerrilla.
Los mismos que acusan de ser guerrilleros a los campesinos son los que están juzgados por crímenes de paramilitarismo, estos si reales, como demuestran los 60 parlamentarios involucrados en el escándalo de la parapolitica, o el mismo ex gobernador del Cauca, Juan José Chaux Mosquera, que tanto ha atacado los indígenas Nasa. Chaux, luego de haber desempeñado el cargo de gobernador, fue nombrado por el presidente Uribe, embajador en República Dominicana, función a la tuvo que renunciar por sus probadas conexiones con el paramilitarismo.
Mientras terminamos estas notas llegan noticias de una nueva toma de la carretera en la María y nuevos ataques con armas de fuego por parte de la policía y el ejército.
La represión de estos días se está dando en el marco de las más grandes protestas contra el gobierno Uribe, hoy mismo se espera una gran marcha de apoyo a los pueblos Indígenas en la capital Bogotá.
( Simone Bruno es periodista italiano.)
Notas
(1) Los 5 puntos se pueden consultar en: http://www.nasaacin.org/noticias.htm?x=8925 (2) Escuchar los últimos audios difundidos en: http://www.nasaacin.org/audios/octubre_08/17mingareportepescador9am17oct.mp3
Fotografie del 18/10/2008
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