Ha ragione Roberto Saviano. Siamo tutti casalesi. La storia del nostro paese, soprattutto la storia politica del nostro paese, non accetta più giustificazioni. Ormai non ci possiamo più nascondere dietro “la questione meridionale del crimine”. Il silenzio con il quale l’Italia tutta, da Nord a Sud, passando per Roma e Casal di Principe, secondo quella traiettoria che unisce a doppio legame camorra e politica, tace su quello che dovrebbe essere uno scandalo nazionale, e ci rende pertanto complici dei disastri ambientali commessi nel casertano, dei morti, delle stragi e finanche delle minacce di morte a Roberto Saviano.
L’espresso da settimane va denunciando e riportando notizie sui presunti vincoli dell’attuale sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino con il clan dei casalesi, l’Italia politica fa spallucce, gli italiani ormai assuefatti all’ambiguità e all’ipocrisia si indignano solo per le minacce di morte a Saviano, mentre Casal di Principe, paese natale di Cosentino e Roma, sede del Governo, si danno la mano e tacciono complici. Dopo che la “cupola” del Popolo della Libertà si è stretta intorno all’onorevole, è calato il silenzio su tutta la vicenda.
Le accuse vengono da ben cinque pentiti della camorra, e secondo l’ultimo articolo del settimanale, Nicola Cosentino, sarebbe adesso accusato anche da Dario De Simone, uno dei boss dei casalesi, di essere una persona completamente a disposizione del clan. Glielo avrebbe confermato lo stesso Cosentino in diverse occasioni. Un’accusa gravissima, ma non l’unica.
Il coordinatore regionale del Popolo della Libertà, nonché sottosegretario all’Economia e alla Finanza dell’attuale governo, è stato infatti prima accusato dall’imprenditore camorrista Gaetano Vassallo, di controllare l’affare dei rifiuti gestito dai casalesi tramite il consorzio Eco4.
Successivamente il pentito Michele Froncillo lo ha accusato di legami con il boss Raffaele Letizia.
Carmine Schiavone, cugino di Francesco Schiavone, detto Sandokan, ha affermato invece che Nicola Cosentino sarebbe legato ai casalesi fin dal 1982.
L’ultimo in ordine di tempo, il pentito Domenico Frascogna, ha raccontato che Nicola Cosentino in realtà sarebbe il postino addetto alla consegna dei messaggi di Sandokan.
Un po’ troppo per pensare a un complotto, organizzato, come molti sostengono, per screditare l’onorevole Cosentino o addirittura per “distruggergli la vita”.
Si parla di un fascicolo segreto che vedrebbe il sottosegretario all’Economia e alle Finanze, coordinatore della Campania di Forza Italia – Popolo della Libertà, in veste di indagato, anche se non è chiaro ancora con quale accusa.
Quello che però è certo è che invece sicuramente sono indagati Gianluca Di Feo ed Emiliano Fittipaldi, i due giornalisti de L’espresso che per due volte, in appena una settimana, si sono visti arrivare la Guardia di Finanza all’alba nelle loro case e nei loro uffici soltanto per aver svolto il proprio lavoro, e cioè quello di informare gli italiani del fatto che al governo, ricoprendo una carica importante, siede un uomo probabilmente legato alla camorra.
E se è vero che chiunque è innocente fino a che non venga dimostrato il contrario, è anche vero che quella carica è incompatibile con i sospetti che gravano su Nicola Cosentino. Gravi e fondati sospetti, basati anche su alcuni episodi dimostrati e dimostrabili, non solo sulle farneticazioni di qualche pentito come si racconta in giro.
Il 9 ottobre 1993 a Santa Maria Capua Vetere Nicola Cosentino e i suoi fratelli comprarono un terreno della famiglia Schiavone, direttamente da Mario, cugino e cognato di Sandokan. Mario Schiavone all’epoca era già conosciuto in zona per le sue attività (verrà arrestato solo il 30 settembre scorso) mentre Nicola Cosentino a quella data era già un politico affermato, era stato consigliere della Provincia di Caserta nel 1980 e successivamente nel 1985, Assessore alla Pubblica Istruzione. Nel 1990 ricopre per la terza volta la carica di Assessore provinciale all’Agricoltura.
Un politico non può comprare un terreno da un camorrista. Non può e non deve. Soprattutto se il politico è anche parente acquisito del boss dei casalesi Giuseppe Russo. Troppe coincidenze, troppi legami, troppi rimandi alla criminalità organizzata nella biografia di Nicola Cosentino.
Come scrivono Gianluca Di Feo ed Emiliano Fittipaldi, si ha a che fare con “una gigantesca zona grigia, dove diventa impossibile distinguere i confini tra camorra, impenditoria e politica”.
Quella zona grigia che dalla Campania si estende fino al Lazio, entra nei palazzi del potere e lì si istituzionalizza, diventando la zona franca della criminalità organizzata.
Quella zona grigia che purtroppo è più vasta di quanto immaginiamo, che fa sì che quello che in tempi migliori sarebbe lo “scandalo Cosentino”, resta invece una vicenda marginale della cronaca giudiziaria italiana.
“A Caserta come a Napoli, ci si sarebbe aspettati un vento di tempesta che gonfiasse onde di sdegno. Invece nulla...” scrive amareggiato Roberto Saviano, sulla vicenda è ormai calato il silenzio, un ambiguo italo-casalese silenzio.
...
Leggi anche:
I commenti sono disabilitati.