Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Senza dubbio la recente visita in Messico del presidente colombiano Álvaro Uribe è stata “altro” da quello che hanno raccontato in questi giorni i quotidiani messicani e latinoamericani.
Formalmente Uribe sembrerebbe essersi recato in Messico per chiedere al suo omologo Felipe Calderón un aiuto per sollecitare agli Stati Uniti lo sblocco del TLC la cui firma è congelata ormai da mesi.
“Tutto quello che potrà dire Calderón alle orecchie delle autorità, dei mezzi di comunicazione e del popolo nordamericano, potrà essere di grande aiuto per la Colombia. Ho chiesto questo aiuto al presidente Calderón” ha spiegato Álvaro Uribe lunedì 10 novembre, nel corso della sua terza e ultima giornata di visita in Messico.
I due presidenti, nel loro incontro hanno discusso inoltre di alcuni aspetti relativi al Trattato di Libero Commercio in vigore tra i due paesi, concordando sul fatto che alcuni settori commerciali esclusi fino a questo momento dagli accordi debbano essere tenuti invece in maggior considerazione.... Continua a leggere...
SISTO TURRA, SFIDÒ BOGOTÀ IN NOME DEL FIGLIO
Guido Piccoli
Martedi notte è morto Sisto Turra. Un uomo brusco, ironico e affettuoso come pochi. Un anarchico che amava provocare chi gli parlasse di politica. Un eccellente professore per gli studenti del Policlinico. Molto più che iI presidente della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia per i colleghi in camice bianco che oggi, alle 11, gli tributeranno l'alzabara nel cortile antico del Palazzo del Bo. Ma lontano da Padova, dov'è vissuto e morto, e da Feltre, dove nacque 70 anni fa e dove finiranno le sue ceneri, Sisto era soprattutto «il papà di Giacomo» ucciso a Cartagena il 3 settembre 1995 a soli 24 anni. Sisto cominciò a morire allora, quando fu informato da un maresciallo della questura di Padova, e poi quando un funzionario della Farnesina parlò di overdose. Nella narco-Colombia, Giacomo era «ragionevolmente» morto per droga. Ragionevolmente per tutti, ma non per Sisto. Quando, dopo il viaggio sull'Atlantico, gli fu presentato un cadavere sul marmo dell'obitorio, rimase attonito. «Si rassegni» gli ingiunse il funzionario del consolato. Ma quello non era il corpo di un morto d'overdose, bensì di un ragazzo massacrato di botte. Sisto lo urlò a tutti coloro che gli consigliavano di caricare la bara sul primo aereo per l'Italia, ai giornalisti che parlarono dell'ennesimo italiano «venuto a riempirsi di coca e marijuana», alla polizia locale che sosteneva che il ragazzo, sotto effetto della droga, si fosse fracassato da solo, contro un palo della luce, braccia, gambe, bacino, costole e femore.... Continua a leggere...
uno dei due giovani indigeni assassinati martedì
Álvaro Uribe è stato costretto ad ammettere ieri che la polizia ha usato armi da fuoco contro la folla, di fronte al video della CNN che mostra inequivocabilmente un poliziotto della ESMAD (Escuadrón Móvil Antidisturbios) nell’atto di sparare contro un obiettivo non ben identificato durante la protesta di martedì scorso organizzata dalle comunità indigene e contadine nel sud del paese. Il CRIC ( Consejo Regional Indígena del departamento del Cauca ) ha denunciato la morte di due indigeni di etnia Paez avvenuta durante la marcia che si stava svolgendo lungo la strada Panamericana e indicando come responsabili degli omicidi proprio i membri della Polizia che si trovavano sul luogo.... Continua a leggere...
Simone Bruno
A María-Piendamó, ne cuore del Cauca, si sono concentrati 20.000 indigeni tra cui moltissimi bambini, donne e anziani e in maniera collettiva hanno deciso di occupare la Carretera Panamericana per attirare l’attenzione internazionale e nazionale sulla loro situazione. Questa strada unisce Cali a Popayan e la Colombia con L’Ecuador ed è di vitale importanza.
Il bastone della pace. I Nasa non usano armi, ma sono protetti da una Guardia Indigena munita di un simbolico bastone colorato simbolo di comando, che da sempre fa parte della loro cultura. Guardia possono essere tutti: bambini, donne, uomini, vecchi e giovani. Solo con questo si sono riversati in due punti equidistanti dall’ entrata della Maria per bloccare la strada. Dopo pochi minuti sono arrivati gli Esmad (squadroni antisommossa della polizia) che hanno attaccato con gas e manganelli. Gli indigeni hanno resistito eroicamente fino a quando la polizia ha cominciato a usare fucili a pallettoni e granate non convenzionali composte da polvere da sparo, schegge, chiodi e pezzi di vetro. ... Continua a leggere...
Fonte: Il Manifesto
L'ex-ostaggio franco-colombiano delle Farc, liberato dopo sei anni di penosa prigionia nella selva da una mirabolante operazione militare ordinata dal presidente Uribe, rischia di diventare, suo malgrado, un'icona. E una chiave di lettura troppo facile e sbagliata (i Buoni contro i Cattivi) di un conflitto complesso come quello della Colombia
di Guido Piccoli
Sei anni nella selva a invocare la Madonna e a leggere la Bibbia, l'unica pubblicazione consentita dal rigore guerrigliero. Poi, a luglio, la liberazione, lo sbarco in terra europea, i festeggiamenti con Sarkozy e la Legion d'Oro, la visita a Lourdes. Domattina l'udienza con Benedetto XVI a Castel Gandolfo e il pomeriggio una preghiera in San Pietro. Così Ingrid Betancourt conclude il suo pellegrinaggio di ringraziamento per l'Operazione Scacco nella selva del Guaviare che, per come è stata raccontata, appare un miracolo da ascrivere, come sostenne allora anche il presidente Alvaro Uribe, «all'intervento dello Spirito Santo e alla protezione di nostro Signore e della Vergine, in tutte le sue espressioni». Domani, martedì e mercoledì, prima a Roma e poi a Firenze, ci sarà anche spazio per i riti civili: conferenze, incontri, altre chiavi di varie città, il Giglio d'Oro.... Continua a leggere...
Ascolta l'intervista di Cecilia Rinaldini a Adolfo Pérez Esquivel al GR1.
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Il premio Nobel per la Pace, Adolfo Pérez Esquivel, presiederà a Bogotà il prossimo 23 luglio l’ultima udienza del Tribunale Permanente dei Popoli, sezione Colombia.
Verranno emesse in questa udienza finale le condanne a carico delle multinazionali straniere e delle imprese nazionali colombiane che hanno commesso violazioni dei diritti umani e crimini contro l’umanità verso tutte le popolazioni indigene e verso le comunità di contadini che si trovano nei territori dove queste operano e lavorano.
Il processo, iniziato a Berna due anni fa, conclude questa sua prima fase di indagine nella quale sono stati esaminati gli impatti delle politiche delle multinazionali sui territori e sulle comunità particolarmente nelle zone in cui maggiore è la loro attività e cioè quelle più ricche di risorse petrolifere e minerarie.
Sono state tenute davanti alla sezione Colombia del Tribunale Permanente dei Popoli 17 udienze preliminari nazionali e internazionali e sei udienze specifiche relative a questi settori: agroalimentario, petrolifero, minerario, della biodiversità, dei servizi pubblici e dei crimini contro le comunità indigene.
Le multinazionali accusate sono la Coca Cola, Nestlé, Chiquita Brands, BP, OXI, Repsol, Drummond, Cemex, Holcim, Muriel, Glencore-Xtrata, Anglo American, Bhp Billington, Anglo Gold, Monsanto, Smurfit Kapa – Cartón de Colombia, Multifruits S.A. – Delmonte, Pizano S.A e la sua filialel Maderas del Darién, Urapalma S.A, Dyncorp; Unión Fenosa, Aguas de Barcelona, Canal Isabel II, Endesa, Telefónica y TQ3, nonché i governi dei paesi dove queste aziende hanno sede e il governo colombiano per aver permesso lo sfruttamento delle sue ricchezze e per essere stato complice silenzioso nei crimini che tali multinazionali hanno compiuto nel corso di questi anni contro il suo popolo.
Alcune di esse, avvalendosi infatti dell’appoggio di gruppi armati vincolati in maniera piu o meno evidente con lo Stato hanno commesso crimini che vanno dallo sfollamento di intere comunità., agli omicidi contro dirigenti sindacali ed attivisti politici, alla sparizione forzata.... Continua a leggere...
Alcune ONG hanno reso noto in questi giorni i dati relativi all’applicazione della tortura in Colombia.
In tre anni, tra il giugno del 2004 e il mese di luglio del 2007, 346 persone sono state torturate, delle quali 234 prima di essere uccise. Soltanto nel 2007 sono stati denunciati 93 casi di tortura, 43 dei quali relativi a persone che poi sono state uccise.
Nel 90% di questi casi la responsabilità è da attribuirsi allo Stato, di cui nel 70,4% dei casi deriva da azione diretta di soldati o forze di polizia. Un 19,7% dei casi è da attribuirsi a violazioni dei diritti umani commesse da paramilitari e il 9,8% dai gruppi della guerriglia.
Tra il giugno 2002 e luglio 2007 i casi di esecuzioni extragiudiziali attribuibili alla Forza Pubblica sono stati 955, una percentuale in netto aumento rispetto agli anni precedenti. Erano infatti 577 i casi registrati nei quattro anni precedenti al 2002.
Lo studio è stato presentato dalla Coalizione Colombiana contro la Tortura, il cui portavoce Franklin Castañeda insieme al rappresentante in Colombia della Federazione Internazionale dei Diritti Umani (FIDH) e della direzione del Collettivo di Avvocati José Alvear Restrepo, Alirio Uribe fanno notare come questo periodo di tempo preso in considerazione sia quello in cui è stata applicata la “politica di sicurezza democratica” nel paese.
Il rapporto è stato inoltre reso noto alla presenza dello svizzero Eric Sottas, direttore dell’Organizzazione Mondiale Contro la Tortura il quale ha espresso la sua preoccupazione e quella dell’organismo della quale si trova a capo per la grave situazione dei diritti umani in Colombia.
Mc Cain nel suo recente viaggio in Colombia
“Sono un sostenitore totale del Trattato di Libero Commercio con il Centroamerica e del Trattato di Libero Commercio con la Colombia, e questa è la ragione per la quale un Trattato di Libero Commercio emisferico è una meta necessaria e degna per la quale è giunta l’ora”.
Sono sempre più convinta che la mossa più saggia che poteva fare Ingrid Betancourt una volta liberata e che ovviamente non ha fatto, era quella di decretare un saggio e prudente silenzio stampa e godersi la sua famiglia per un mese.
Giusto il tempo di riprendersi, farsi un’idea di quanto accaduto nel frattempo, parlare con i suoi familiari della linea da seguire e poi agire di conseguenza.
Mi stupisce e mi infastidisce quest’irruenza logorroica che sta caratterizzando la sua prima settimana di libertà.
Mi stupiscono certe sue dichiarazioni che ad analisi non dettate dalla pietà e dal buonismo sembrano eccessivamente affrettate.
Tutti noi proviamo compassione per l’aspetto umano e doloroso che ha caratterizzato la sua vicenda, la lontananza dai figli, la lunga prigionia in condizioni non certo facilissime. Ovviamente consideriamo inaccettabile il sequestro come pratica di lotta rivoluzionaria.
Ma noi, che con scritti, articoli, mobilitazioni, appelli e solidarietà alle vittime silenziose e dimenticate di una guerra civile che dura ormai da mezzo secolo, noi che ci impegnamo perchè sulla Colombia non cali mai il silenzio rigorosamente imposto dalle multinazionali dell’informazione , abbiamo ora più che mai il dovere di ricordare che in Colombia vengono continuamente commessi crimini e barbarie dalla parte “legittima” del paese. La stessa che ora si fregia agli occhi del mondo come paladina delle libertà civili per aver restituito Ingrid Betancourt alla sua vita. Noi coerentemente ... Continua a leggere...
E’ stato pubblicato in queste ore sul sito dell’ Agencia Bolivariana de Prensa il comunicato delle FARC relativo alla liberazione dei 15 ostaggi nelle mani della guerriglia colombiana, tra i quali Ingrid Betancourt, avvenuta il 2 luglio scorso. Poche righe per affermare sostanzialmente quanto segue:
Le FARC attribuiscono la liberazione degli ostaggi alla “conseguenza diretta della spregevole condotta di Cesar ed Enrique, che hanno tradito il loro impegno rivoluzionario e la fiducia che era stata riposta in essi”. Un tradimento quindi, come era stato già ipotizzato.
Confermano inoltre la loro politica volta al conseguimento di accordi umanitari anche per proteggere la popolazione civile dagli effetti del conflitto. Continuando nell’opzione militare come unica soluzione per la liberazione dei prigionieri, il governo si dovrà assumere tutte le responsabilità della sua temeraria decisione.
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