Protesta pacifica soffocata nel sangue
Simone Bruno
A María-Piendamó, ne cuore del Cauca, si sono concentrati 20.000 indigeni tra cui moltissimi bambini, donne e anziani e in maniera collettiva hanno deciso di occupare la Carretera Panamericana per attirare l’attenzione internazionale e nazionale sulla loro situazione. Questa strada unisce Cali a Popayan e la Colombia con L’Ecuador ed è di vitale importanza.
Il bastone della pace. I Nasa non usano armi, ma sono protetti da una Guardia Indigena munita di un simbolico bastone colorato simbolo di comando, che da sempre fa parte della loro cultura. Guardia possono essere tutti: bambini, donne, uomini, vecchi e giovani. Solo con questo si sono riversati in due punti equidistanti dall’ entrata della Maria per bloccare la strada. Dopo pochi minuti sono arrivati gli Esmad (squadroni antisommossa della polizia) che hanno attaccato con gas e manganelli. Gli indigeni hanno resistito eroicamente fino a quando la polizia ha cominciato a usare fucili a pallettoni e granate non convenzionali composte da polvere da sparo, schegge, chiodi e pezzi di vetro.
Due morti e settanta feriti. Il bilancio solo nel primo giorno di scontri è di settanta feriti e due morti, tra cui Ramos Valencia il cui cranio è stato trapassato da parte a parte da un proiettile. Insieme al piombo sono piovute le accuse presidenziali, echeggiate dal governatore del Cauca Guillermo González Mosquera e dal capo della polizia Oscar Naranjo Trujillo (ex zar antidroga, costretto alle dimissioni dopo che suo fratello è stato arrestato per narcotraffico in Germania), secondo le quali gli indigeni erano armati e istigati dalla guerriglia, mentre l’ Esmad non aveva armi da fuoco.
Le verità. I mezzi di comunicazione colombiani, dimenticando una cosa elementare come verificare le notizie, hanno subito stigmatizzato la protesta facendo da eco alla rabbia presidenziale. Nella Maria non c’è stata istigazione, ma un processo decisionale che viene dal basso e di cui i governatori indigeni non sono che portavoce. Gli indigeni non avevano armi da fuoco, che invece impugnavano i poliziotti, come dimostrano i morti e i feriti, come dimostra il cranio esploso Ramos Valencia e la carne lacerata di altre decine di persone.
Colpa delle Farc. La criminalizzazione della protesta è un esercizio molto comune in Colombia, dove le Farc si trasformano nella scusa perfetta per attaccare i movimenti sociali. Per il presidente i guerriglieri sono: gli studenti, i tagliatori di canna, i giudici, i trasportatoti, i professori, gli Indigeni e i contadini. Se davvero fosse così allora vorrebbe dire che la sua politica di seguridad democratica è un fallimento totale dato che la guerriglia si sarebbe infiltrata in tutto il paese.
Reali sono altre cose. Chi accusa il movimento indigeno è un governo che conta 60 parlamentari coinvolti nello scandalo della Parapolitica. Scandalo che lo stesso governo cerca di insabbiare come confessa José Miguel Vivanco direttore per le Americhe di HRW che ha dichiarato: “L’esecutivo è arrivato a estremi non conosciuti in America Latina per screditare una corte (Corte Suprema di Giustizia) che sta processando a più di 60 congressisti, quasi tutti del governo, per paramilitarismo”. Oppure l’ex governatore del Cauca Juan José Chaux Mosquera, che era uso criminalizzare gli indigeni Nasa e che alla fine del suo mandato è stato premiato dal presidente Uribe con l’ambasciata della Repubblica Domenicana. Incarico a cui è stato costretto a rinunciare una volta rese note alla opinione pubblica le sue frequentazioni. L’ex governatore si incontrava nel palazzo di Narì (nomignolo con il quale nelle intercettazioni telefoniche i paramilitari si riferiscono, mostrando una certa familiarità, al palazzo di Nariño, sede presidenziale) con esponenti di noti paramilitari per contrattare il loro silenzio.
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Sul sito di ASud invece continui aggiornamenti, anche in Italiano sulla situazione
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