Proletari di tutti i paesi, unitevi!... di Annalisa
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un urlo selvaggio
denso
...un urlo selvaggio denso che io rilancio con tutta
la forza delle ferite
di un amore a brandelli
contro queste ore
di padroni affamati di sangue
di retate
contro le sbarre pesanti dell'emarginazione
contro le foreste di un dolore
e una solitudine senza fine.
Raúl Reyes a Fiumicino con la moglie Olga Marín ed altri leader FARC
Due articoli apparsi uno il 27 luglio sul sito di Radio Caracol e uno due giorni fa sull’edizione online del quotidiano El Tiempo, dichiarano che le autorità colombiane sono a conoscenza dei nomi, saltati fuori dal computer di Raúl Reyes, dei presunti “fiancheggiatori” delle FARC in Europa e che tali informazioni sarebbero state già trasmesse ai governi dei paesi interessati.
Anche l’Italia figura fra questi, il sito di Radio Caracol fa infatti riferimento a un certo “Ramón”, mentre quello di El Tiempo cita due persone che usano gli “alias” di Ramón e “Consolo” e “le cui identità sarebbero già note”.
In Italia la stessa notizia è stata ripresa ieri dal quotidiano La Repubblica a firma del suo latinoamericanista Omero Ciai, che in un ignobile articolo dal titolo “Ecco chi aiuta le FARC dall’Italia”, scrive: “degli Italiani si conoscono solo i “nomi di battaglia” estratti dal computer di Reyes (“Ramon” e “Consolo”) ma, sempre secondo El Tiempo, la polizia italiana ne conosce la vera identità e l’ha già comunicata ai colombiani”.
Si lascia sfuggire una grande occasione Omero Ciai, quella di fare il suo mestiere come andrebbe fatto, e cioè usando la curiosità ma soprattutto la conoscenza dell’argomento trattato, per riportare una notizia in modo corretto e onesto.
Per chi fosse infatti appena dentro le vicende colombiane ...
Di Annalisa (del 03/08/2008 @ 23:30:00, in In Italia, linkato 4984 volte)
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Pubblico qui di seguito un saggio dello scrittore e giornalista Antonio Mazzeo sui presunti finanziatori arabi del Ponte sullo Stretto si Messina, e i loro collegamenti con i traffici d’armi internazionali e l’attentato alle Torri Gemelle di New York ' l’11 settembre 2001.
IL PONTE DELL’11 SETTEMBRE
di Antonio Mazzeo
Non ci sarebbe stata solo la mafia italoamericana a volere investire milioni di euro per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina. Stando alle indagini della Procura di Roma, una parte dei soldi potrebbe essere stata promessa da misteriosi finanziatori arabi. Giuseppe Zappia, l’ingegnere accusato di associazione mafiosa per i lavori del Ponte, ha rivelato l’identità di uno di essi. Si tratterebbe di uno dei congiunti della casa reale dell’Arabia Saudita. Spuntano così pericolosi trafficanti d’armi e agenti segreti, faccendieri e terroristi internazionali. E il sogno del Ponte s’incrocia con le indagati per gli attentati alle Torre Gemelli di New York, l’11 settembre del 2001…
Dal Canada allo Stretto di Messina via Arabia Saudita[1]
Non ci sarebbe stato solo il boss italo-canadese Vito Rizzuto, fedele alleato del clan dei Cuntrera-Caruana, ad aver dato l’assalto al Ponte sullo Stretto di Messina. Tra le carte dell’inchiesta denominata “Brooklin” coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Roma, che ha individuato l’operazione di Cosa Nostra per riciclare cinque miliardi di euro nella realizzazione del Ponte, c’è pure una pista parallela che porta direttamente in Arabia Saudita.
L’ingegnere Giuseppe “Joseph” Zappia, sotto processo con l’accusa di aver fatto da prestanome delle cosche italocanadesi e che aveva partecipato alla gara di pre-qualifica per la progettazione definitiva e la realizzazione del Ponte, si è difeso dando un volto differente ai suoi presunti finanziatori. “Non avevo né ho bisogno del finanziamento della mafia italo-canadese per costruire il ponte sullo Stretto di Messina”, ha dichiarato l’anziano professionista all’Ansa nel febbraio 2005. ...
Quella che doveva essere la smentita alla notizia (denunciata da un articolo di Maurizio Matteuzzi pubblicato sul Manifesto), che almeno una delle grandi interviste, quella al presidente colombiano Álvaro Uribe, realizzate da Jordi Valle e pubblicate dal Venerdì di Repubblica lo scorso 11 luglio era falsa, in realtá ben poco chiarisce su tutta la vicenda.
In particolare, la smentita, preannunciata da una lettera che lo stesso capo redattore del Venerdì, Attilio Giordano, aveva inviato nei giorni scorsi alla sottoscritta in risposta alla richiesta di chiarimenti sulla vicenda, avrebbe dovuto spiegare se Jordi Valle aveva incontrato, dove e come, Álvaro Uribe lo scorso 26 giugno. Incontro che era stato negato dalla stessa presidenza della repubblica della Colombia in un comunicato apparso sul sito ufficiale del governo.