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Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 28/09/2008
E’ stato ritrovato il 24 settembre scorso, nello Stato di Oaxaca, Messico, il corpo senza vita di Marcela Salli Grace Ellier, cittadina statunitense, 21 anni, attivista da tempo impegnata in quella zona in difesa dei diritti umani e in solidarietà delle donne vittime di violenze e persecuzioni politiche. Ultimamente si stava occupando dei prigionieri politici e delle donne, mogli, compagne, madri, sorelle, figlie dei detenuti e delle persone scomparse o assassinate.
Salli aveva raccontato poco tempo fa di aver ricevuto minacce di morte e di essere controllata per questa sua attività che svolgeva unicamente per spirito di solidarietà senza fini economici o politici.
E’ stata violentata prima di essere barbaramente torturata e poi uccisa. Il suo corpo, trovato in una zona rurale nei dintorni di San José del Pacífíco, a circa 170 chilometri dalla città di Oaxaca, era irriconoscibile e in avanzato stato di decomposizione. E’ stato identificato da una amica solo grazie ad un tatuaggio.
Alcune organizzazioni femministe e sociali, tra le quali la APPO, oggi hanno realizzato un sit-in di fronte alla Procura della Giustizia dello Stato di Oaxaca chiedendo giustizia e che le indagini vengano effettuate velocemente e seriamente.
In realtà queste organizzazioni hanno espresso timori per il fatto che questo omicidio potrebbe essere relazionato con la repressione sempre più evidente contro i movimenti sociali della zona, rivolta soprattutto agli osservatori internazionali. “Potrebbe trattarsi di un chiaro messaggio rivolto a tutto il popolo di Oaxaca, nonché ai compagni solidali che provengono da differenti parti del mondo”.
Va rilevato che in questi giorni sta circolando la notizia sia a livello nazionale che internazionale che membri della APPO sono accusati dell’omicidio del giornalista Bradley Roland Will, avvenuto il 27 ottobre 2006, nonostante tutte le evidenze dimostrino che egli fu ucciso da persone armate in borghese appartenenti a corpi di polizia. La APPO ha respinto categoricamente questa versione dei fatti, accusando il governo Federale di voler gettere discerdito sul movimento sociale, mentre d’altro canto il pubblico ministero di Oaxaca, Lizbeth Caña cadeza afferma che l’omicidio di Bradley Will è stato organizzato dalla APPO o da gruppi vicini per “internazionalizzare” il conflitto politico e sociale di Oaxaca.
ULTIMORA: (da Gennaro Carotenuto): Una persona sarebbe stata arrestata e avrebbe confessato l’omicidio. La confessione parla di sesso consenziente, alcool e droga, niente stupro, niente politica, e il corpo verrà immediatamente cremato. E le minacce di morte? Non è tutto troppo semplice? Oppure ancora una volta in Messico quello che viene fatto apparire troppo semplice è perché è maledettamente complicato?
Inoltre, ammettiamo e non concediamo che questa verità di comodo sia come siano andate davvero le cose. In ogni caso la verità ufficiale proposta, con tanto di confessione dell’assassino (presunto) appare la migliore possibile per confermare la versione ufficiale (a Oaxaca non ci sarebbe alcun problema di repressione) e denigrare una militante per i diritti umani appena trovata morta ammazzata.
Non dico niente di nuovo, ma guarda caso nella verità ufficiale Marcela non è stata ammazzata per rapina, o per mille altre possibili cause. E’ stata ammazzata perché ha avuto rapporti sessuali col primo venuto, facendo abuso di alcool e droga, tutti comportamenti considerati pericolosi e socialmente riprovevoli. Ovvero ha avuto quello che si meritava e che si meriterebbero tutti questi pseudomilitanti per i diritti umani che vengono a disturbare la nostra quiete. Tutto maledettamente semplice.
Non so quanti eravamo, ho poca dimestichezza con i numeri, so che eravamo in tanti, tante mamme, tantissimi bambini e tante maestre, perchè nonostante si continui a parlare di "maestro unico" , nella scuola elementare insegnano quasi esclusivamente maestre.
Una manifestazione allegra e colorata che ha paralizzato e coinvolto un'intero quartiere e quello che sta offrendo in questi giorni la Iqbal Masih un bellissimo esempio da seguire: una scuola che resiste.
«No a Gelmini» La Iqbal Masih scende in strada
Eleonora Martini
ROMA
Un corteo così gaio, festoso e pieno di vita non lo avevano ancora mai visto, nelle strade della periferia est di Roma. Attorno all'ormai famosa scuola elementare Iqbal Masih, capofila da due settimane della protesta contro il decreto 137, si sono riuniti ancora una volta una quarantina di istituti della capitale e insieme hanno portato la Scuola («quella con la S maiuscola, quella che la ministra Gelmini vuole distruggere», dicono) nel quartiere. Dopo una settimana di occupazione senza interruzione della didattica e una di presidio del plesso, durante le quali gli abitanti del quartiere Casilino sono entrati per la prima volta nella struttura e hanno preso contatto con il luogo dove cresce la generazione futura, ieri la visita è stata ricambiata. Con centinaia di bambini provenienti da ogni parte della città che, dalla scuola intitolata ad un loro coetaneo pakistano ucciso per essersi ribellato allo sfruttamento, hanno attraversato alle cinque della sera chiassosi e felici, assieme a genitori e maestre, le vie dei quartieri limitrofi. Doveva essere una fiaccolata, ma data l'ora si è trasformata in una «Fioccolata». Fiocchi rosa, rossi e azzurri al collo - «fastidioso, lo posso togliere», piagnucolano i più piccoli - per richiamare l'idea del grembiule, della divisa che metterebbe un po' d'ordine in classe, secondo il pensiero restauratore. «Il futuro dei bambini non fa rima con Gelmini», hanno scritto sulle magliette che indossano grandi e piccini. Dietro lo striscione di apertura «Non rubateci il futuro», che è ormai diventato lo slogan di questa rivolta fai-da-te che non conosce colore politico, gli striscioni e i cartelli sono tanti e creativi: «Jurassic School? No grazie», «Siamo già tutti maestri unici» , «Gelmini vergogna, una donna stronca il futuro dei nostri figli». Appena partiti da via Ferraironi, appare anche una bandiera dei Comunisti italiani. Gentilmente ma fermamente viene fatta arrotolare e portare via. «Perché qui a manifestare non ci sono solo persone di sinistra, c'è tanta gente di ogni pensiero politico e ogni colore», dice soddisfatta del risultato Simonetta Salacone, infaticabile direttrice scolastica della Iqbal Masih. «La nostra scuola da oggi non è più sola», constata Riccardo Rozzera, portavoce del Comitato dei genitori. E infatti c'è chi spiega di essere «venuta qui perché questa scuola è l'unico punto di aggregazione a Roma per chiunque voglia fare qualcosa contro questo decreto che non ci piace». «La protesta si sta estendendo in tutto il paese - aggiunge Salacone - la nostra non è ideologia ma la giusta rivolta contro una riforma che mostra un misto di ignoranza e insipienza, a meno che non sia malafede. La ministra Gelmini persegue il suo progetto di portare la sussidiarietà nell'istituzione scolastica - continua la direttrice, attorniata dai bambini - Il concetto è: dove il privato non arriva allora semmai entra in gioco lo stato. Ma non può essere così, passare dal diritto pubblico a quello privato significa rovesciare la Costituzione italiana. Si tratta esattamente di un'idea sovversiva». Ai genitori, quello che proprio non va giù di questa riforma è il passaggio dalle 40 ore di insegnamento settimanali alle 24. «Sul decreto c'è scritto questo e niente altro - spiega Salvatore Sasso, direttore del 138¢ª circolo didattico Basile di Torre Angela, estrema periferia est - e nella mia scuola, dove il 30% dei bambini sono figli di immigrati, la fine del tempo unico fa davvero molta paura. E' la morte della 'scuola amica', quella che è vicina alle famiglie soprattutto meno agiate». Il professor Sasso è anche psicologo e docente presso l'università di Chieti e boccia senza mezzi termini anche il voto in condotta: «Si torna ai tempi in cui il bambino problematico o era malato o era cattivo». I bambini in corteo, invece, festanti e felici sanno solo che non vogliono «perdere le maestre a cui vogliamo bene». Perché? «Io se mi faccio male e esce sangue vado dalla maestra Paola che non gli fa impressione, se invece trovo un verme in giardino lo porto dalla maestra Giovanna perché a lei non fanno schifo», dice Anna, una tenerissima bambina di quarta elementare. «Le aule oggi si sono aperte alla città - fa notare Paola, insegnante della Iqbal Masih - la scuola si è trasformata in punto di aggregazione, una scuola da vivere». Per questo il prossimo 20 ottobre un istituto della periferia romana rimarrà aperto tutta la notte, un tempo pieno senza limite d'orario. Il No Gelmini Day sarà una notte bianca, per riprendersi il futuro.
Fotografie del 28/09/2008
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