Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Cantata Santa María de Iquique - 1 parte (la seconda alla fine del testo)
1. Proclama
Signore e Signori
racconteremo
ciò che la storia
non vuole ricordare.
Accadde nel Grande Nord,
fu Iquique (1) la città.
Il millenovecentosette
segnò la disgrazia.
Là, il povero "pampino"
uccisero tanto per uccidere.
Saremo i narratori,
diremo la verità.
Verità che è la morte amara
degli operai del salnitro(2).
Ricordate la nostra storia
di dolore senza perdono.
Quanto più passa il tempo
non bisogna mai dimenticare.
Ora vi chiediamo
di fare attenzione.
Iquique, 23 dicembre 1907
Mia cara Nonna,
Si ricorda che le raccontai che mio padre era preoccupato per i problemi nelle officine, che c'erano continui scioperi a Iquique e nella pampa e per questo non potevamo uscire?
Come un ronzio lontano, gli uomini scendevano dalla pampa. Erano molti: uomini, donne, bambini, nonni e nonne. Portavano anche i loro cani che correvano tra le loro gambe, come se sapessero che partecipavano ad un avvenimento importante. Le donne portavano canestri ,pentole e mestoli, i neonati contro il petto e gli uomini con i loro figli più piccoli sulle spalle.
Faceva molto caldo in quei giorni. La camanchaca non portava il suo refrigerio abituale.Il calore si posava sulla città come un pesante mantello. Passavano i giorni e nonostante la quantità di gente, c'era un'atmosfera di speranza.
Secondo Juan, i pamperos dissero che avrebbero aspettato fino a che le loro richieste fossero state accettate. Volevano cambiare molte cose, Nonna, come per esempio eliminare i buoni, avere scuole serali o una migliore assistenza medica. Ma gli andò male. Arrivarono le truppe, le autorità si spaventarono, ci furono scontri seguiti da grida e spari.
Nonna alla fine i pamperos non ritornarono nella pampa. Li uccisero con i loro fucili e le grida che schiacciarono la città furono sostituite da un pianto profondo e disperato come quello di un cane ingabbiato.
Tanti morti solo per voler vivere meglio. Ancora l'aria odora di polvere e paura. Non si preoccupi per noi, stiamo bene. Mio padre vuole che andiamo a Tiviliche a riposare e lì passeremo l'Anno Nuovo.
Addio, cara Nonna. Mi scriva.
Sua nipote Isabelle..
Georgina Gubbins: Cartas del Desierto
Meno male che Ingrid Betancourt è un pò francese, meno male che è elegante e che è pure bella.
“Liberiamo il nostro cuore” come ci consiglia di fare Francesco Merlo sulle pagine di la Repubblica e guardiamo il video di You Tube che la riprende nella selva, depressa, con il capo chino, smagrita e pallida, sorvegliata dai suoi carcerieri.
E’ quella che ognuno di noi, pur senza aver visto il video ha immaginato fosse in tutti questi anni la condizione di Ingrid Betancourt, e quella degli altri prigionieri nelle mani dei guerriglieri.
Meno male che Ingrid invece, caro Merlo, da bella che era è diventata pallida ed emaciata, meno male che aveva le catene ai polsi, meno male che ha inviato una lettera struggente alla madre.
Meno male infine, che Ingrid Betancourt è prigioniera delle FARC. Meno male che esiste ed è viva, perchè solo questo dà una speranza di vita a tutti gli altri prigionieri.
Mi chiedo cosa ne sarebbe degli altri se per un fortunato evento fosse liberata solo lei.
Parliamoci chiaro, il mondo guarda alla Colombia perchè in Colombia in mezzo alla selva c’è Ingrid Betancourt, incatenata e sofferente. Il mondo guarda e ipocritamente si stupisce di trovarla trascurata e con lo sguardo spento, vestita solo di una “rozza tunica” come se nei tanti e lunghi giorni dell’oblio, in cui spesso la Colombia sprofonda nella sua condizione di “paese democratico moderno in lotta con un problema di terrorismo interno”, la Betancourt fosse in vacanza. Ogni tanto i riflettori si accendono su una barbarie che dura da mezzo secolo perpetrata sistematicamente contro un popolo che sopporta con dignità anche l’insopportabile. I riflettori si accendono e ci si ricorda degli ostaggi e diventa evidente l’incapacità del governo colombiano di trattare, mediare, salvare. Un governo accecato da logiche di potere per le quali trattare vuol dire essere sconfitti. ... Continua a leggere...
Di Annalisa (del 13/12/2007 @ 00:37:09, in Perù, linkato 1353 volte)
E’ iniziato lunedì (casualmente nella stessa data in cui si celebra la Giornata Internazionale dei Diritti Umani) in Perù il processo ad Alberto Fujimori per violazione dei diritti umani e corruzione.
Rischia quasi 30 anni di carcere e il pagamento di circa 34 milioni di dollari di indennizzo ai familiari delle vittime, in un processo che nel paese è considerato storico per essere la prima volta che un ex capo di stato risponde davanti alla giustizia per reati commessi durante il suo mandato.
Fujimori è accusato del sequestro e assassinio di nove studenti e di un professore dell’Università la Cantuta nel 1992 ed il massacro di altre 15 persone nel 1991 a Barrios Altos a Lima.
L’udienza è stata sospesa perchè l’imputato ha accusato ipertensione dopo avere gridato a gran voce e con le braccia in alto la sua innocenza. Il suo show gli è costato il richiamo all’ordine da parte del giudice César San Martín.
Intanto da Washington arriva un documento della DIA del 1997 che prova l’ordine dato dallo stesso Fujimori di non lasciare vivo nessun prigioniero Tupac Amaru nell’operazione di riscatto Chavín de Huántar, in cui furono uccisi a sangue freddo, nonostante si fossero arresi, i ribelli che tennero in ostaggio per quattro mesi nella sede dell’Ambasciata giapponese a Lima, centinaia di ostaggi.
“La storia di ogni società esistita fino a questo momento, è storia di lotte di classi” scrivevano Marx ed Engels nel 1848.
Ed emblematicamente oggi, la lotta di classe è rappresentata dall’estintore della Thyssenkrupp: troppo pieno per i padroni, troppo vuoto per gli operai.
Nel 1977 una nota scoperta da Felice Casson in uno stabilimento della Montedison impartiva questa direttiva in materia di sicurezza: “spendere solo quando è assolutamente e comprovatamente indispensabile...negli altri casi bisogna correre dei ragionevoli rischi”.
Se questo è l’imperativo che muove la logica padronale, quale potrebbe essere allora quello che ha mosso la logica sindacale che ha permesso agli operai dell’acciaieria di lavorare e di morire a Torino, non “in un angolo dell’Africa” come ha detto Pietro Ingrao, in condizioni di sicurezza inaccettabili?
Sembrerebbe casuale ma allora non lo è, che mentre a Roma spariscono dal simbolismo politico italiano la falce e il martello, a Torino il fuoco vivo del progresso, del riformismo, del laisser-faire, ha carbonizzato quattro operai.
Sembrerebbe casuale ma non lo è, allora anche quello sbiadire del rosso “comunista” che si è trasformato in un brutto arancione sulla prima pagina di uno storico quotidiano; sembrerebbe casuale ma non lo è che la storia della sinistra si sia ridotta a un ridicolo album di figurine.
Di Annalisa (del 11/12/2007 @ 10:01:09, in Humor, linkato 1095 volte)
I prigionieri politici mapuche del carcere di Angol si trovano ormai al loro 56° giorno dello sciopero della fame.
Lo rendono noto in un comunicato, il sesto, del 30 novembre 2007, con il quale confermando la loro ferma decisione di continuare lo sciopero della fame ad oltranza, reiterano anche la loro richiesta per la libertà di i tutti i prigionieri politici mapuche che si trovano in differenti carceri del paese nonché la smilitarizzazione delle zone nelle quali vivono le comunità e la fine della repressione verso il popolo mapuche.
Lo stato di salute dei prigionieri si aggrava giorno dopo giorno ed è ormai in una fase critica, tanto che il tribunale di Temuco ha ritenuto necessario trasferire alcuni prigionieri in un ospedale dove applicare la nutrizione forzata.
Nel comunicato tuttavia, essi confermano la loro volontà di rimanere uniti e di resistere ad ogni imposizione riguardo ad una nutrizione forzata, “con la ferma decisione di portare avanti questo sciopero fino ad ottenere quello che chiediamo”.
Questi prigionieri stanno scontando in carcere condanne per 10 anni più giorno per l’accusa di tentato incendio di una foresta appartenente alla Forestal Mininco S.A. Sono stati inoltre condannati a pagare 425 milioni di pesos come risarcimento danni. L’applicazione di condanne così eccessive viene fatta in base alla legge antiterrorista n. 18.314 in vigore fin dalla dittatura di Pinochet e per la quale si può essere accusati e condannati per terrorismo anche per atti di protesta o rivendicazioni sociali.
L’applicazione della legge antiterrorismo è stata duramente condannata da Human Right Watch, da Amnesty International, dalla Federazione dei Diritti Umani (FIDH) e dal Comitato dei Diritti Umani dell’ ONU. ... Continua a leggere...
Lunes 26 de noviembre del 2007
COMUNICADO PÚBLICO
A la opinión pública chilena e internacional
SOLIDARIDAD INTERNACIONAL EN APOYO A LAS DEMANDAS DE LOS PRISIONEROS POLITICOS MAPUCHE EN HUELGA DE HAMBRE
RECLUIDOS EN LAS CARCELES CHILENAS
Sra. Michelle Bachelet,
El día 26 de octubre, varias organizaciones y personas empezamos en Europa en conjunto con otras organizaciones hermanas de Canadá y Argentina una serie de jornadas de solidaridad en apoyo a las demandas de los presos políticos mapuche. Las organizaciones y personas que han suscrito este comunicado han decidido unir sus esfuerzos en solidaridad con la lucha y el ejercicio del derecho a la libre determinación del pueblo mapuche y participan hoy nuevamente a una jornada internacional en su apoyo al cumplirse 47 días desde el inicio de la huelga de hambre de varios prisioneros políticos mapuche.
Ha triunfado el NO.
Alguien me ha dicho que "ha triunfado el pueblo".
Es una victoria popular aquella obtenida con una diferencia de 124.962 votos sobre un universo de cerca de nueve millones?
Chávez ha elogiado eso que ha definido como "un ejercicio de la democracia".
No estoy de acuerdo ni siquiera con el presidente.
Que ejercicio de la democracia puede ser nunca aquel en el cual se vota mas en base a los miedos inducidos y no a la esperanza y a las necesidades reales?
Ha triunfado el NO porque ha vencido el miedo. Alimentado, fomentado y financiado tambien sobretodo desde el exterior del pais. Paradojicamente han vencido, podriamos decir, el miedo de buena parte del mundo y de poquisimos venezolanos.
Una campaña electoral que el delirio mundial ha transformado casi que en una campana por las presidenciales, basada sobre toda una serie de hipotesis, y de sugestiones: "una probable" dictadura, un "futuro" Fidel Castro, "posibles" detenciones arbitrarias, "hipoteticas" limitaciones de todo tipo de libertades, incluyendo otras absurdas imputaciones, hasta el probable bano de sangre de haber vencido el SI...
Esta, para mi, no es una victoria.
No dire cosas de este tipo: "ha triunfado la democracia", "ejemplo de democracia", "Chávez ha demostrado que no es un dictador", etc, etc. No ha triunfado la democracia, para mi ha vencido el miedo. En Venezuela la democracia ya existia y el pais no tenia necesidad de demostrarlo. Chávez no era un dictador y si este resultado - el bano de sangre que no ha habido - le permite un respiro de alivio a tantos, incluidos muchos de sus simpatizantes (ellos tendrian que hacer un mea culpa y confesar que Chávez les ha quedado 'grande'), este resultado sirve solo para demostrar que la oposicion sembrando miedos... ha vencido.
Cuando el voto no manifiesta la voluntad popular, pero si un sentimiento de miedo inducido, un voto dado porque "si no lo hago, quizas...", para mi no es un voto libre, sino un voto condicionado por una dictadura.
La verdadera dictadura en Venezuela es la de la oposicion.
Me pregunto cual habria sido el resultado electoral sin la presion constante de los medios de la oposicion, sin el financiamiento de billetes verdes arribados a raudales desde los Estados Unidos, sin los estudiantes utilizados y martirizados, sin aquellos fascistas como Peña Esclusa y sus revoltosos discursos delante de un altar, pero con la libertad verdadera de decidir...
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