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Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 17/06/2010
Jean Ziegler nella prefazione del libro “Paraguay il carcere dimenticato” scritto da Martin Almada, definisce l’avvocato e difensore dei diritti umani paraguaiano come un “profeta e testimone” e parla della sua vita come di “esempio di non assoggettamento alla dittatura”.
Martin Almada, quest’uomo piccolo e minuto, stupisce per la grande forza e serenità che riesce ad trasmettere. Difficile capire dove trovi entrambe, conoscendo la sequenza di eventi terribili e dolorosi che ha affrontato nel corso della sua vita proprio per non essersi mai piegato alla dittatura. Quella del generale Alfredo Stroessner, una delle più violente e sanguinarie dell’America latina. Anche una delle più lunghe, durata 35 anni, dal 1954 al 1989, che è costata a Martin Almada tre anni di carcere, dal 1974 al 1977, durante i quali ha subito terribili torture , che lo ha costretto all’esilio e che gli ha portato via sua moglie, Celestina Pérez, morta di infarto dopo aver ricevuto una telefonata in cui i carcerieri di suo marito gli avevano fatto ascoltare le sue grida durante le torture.
Almada è stato recentemente in Italia invitato dall’ONG Terre Madri e ha tenuto una conferenza presso l’Università Roma Tre con la partecipazione della Prof.ssa Maria Rosaria Stabili e di María Stella Cáceres, giornalista argentina.
Martin Almada è stato lo scopritore, nel 1992, dell’archivio della polizia segreta, meglio conosciuto come “archivio del terrore”, considerato di fondamentale importanza in quanto unica testimonianza delle violazioni dei diritti umani avvenute in Paraguay durante gli anni della dittatura (1954-1989). Questo archivio è la prova “regina” delle relazioni internazionali tra regimi militari che stavano alla base del Plan Condor ma anche e soprattutto è la prova del coinvolgimento diretto della CIA e di Henry Kissinger, ex- segretario di Stato statunitense, la “cabeza (testa) del Condor, anche lui premio Nobel per la Pace, come Obama”, dice Almada.
Il Plan Condor fu un patto criminale tra le dittature militari negli anni ’70 in America latina, stipulato proprio in Paraguay tra il novembre e il dicembre del 1975, che fu creato, come disse il dittatore cileno Pinochet “per salvare la civiltà occidentale e cristiana dalle grinfie del comunismo”. Costò all’America latina più di centomila morti tra il 1975 e il 1985 tra dirigenti sindacali, studenti, giornalisti, religiosi, artisti, politici.
“La memoria è uno spazio di lotta politica” spiega Martin Almada ai giovani universitari presenti a Roma Tre. Partire dalla conoscenza del passato anche per prevenire orrori futuri perché, come Almada è solito ripetere nel corso delle sue interviste e conferenze, “il Condor vola ancora”. Un Plan Condor 2 “globalizzato” è stato ripristinato infatti già a partire dal 1997. Allora, un colonnello paraguaiano di nome Francisco Ramón Ledesma scrisse a un suo pari ecuadoregno comunicandogli una lista di nomi di “sovversivi” del suo paese, da aggiungere alla lista completa dei sovversivi latinoamericani. Il colonnello Ledesma chiamato a rendere dichiarazioni di fronte a un giudice, ha ammesso che a capo di tali operazioni ci sono ancora una volta gli Stati Uniti e che le operazioni sono dirette dalla Conferenza degli Eserciti Americani (CEA) che si riunisce ogni due anni e che controlla “la sovversione” nella regione.
Rispetto alla situazione attuale che vive il Paraguay, dove sembra esserci una situazione politica interna simile a quella dell’Hondura pre-golpe, Almada ci spiega che in effetti il presidente Fernando Lugo ha una minoranza assoluta e che nel governo c’è perfino un nipote del dittatore, il senatore Gustavo Alfredo Stroessner. Inoltre il vice presidente Federico Franco agisce apertamente contro il presidente Lugo, fomentando una sorta di golpe interno.
Lugo ha fatto molti errori dall’agosto del 2008, quando ha assunto la presidenza. L’ultimo in ordine di tempo è stato quello di aver ceduto alle pressioni interne dichiarando uno stato d’assedio in cinque regioni nel nord del paese, della durata di 30 giorni a partire dalla fine di aprile, con lo scopo di sconfiggere la guerriglia. Guerriglia praticamente inesistente, dice Almada,
I fatti violenti registrati negli ultimi tempi sono da ricondursi ad episodi di criminalità legata al traffico di stupefacenti ma che l’opposizione vuole vincolare invece al gruppo armato Ejército del Pueblo Paraguayo.
Lugo ha dovuto cedere in questo senso anche per le accuse che gli erano state mosse di avere amicizie tra alcuni membri del EPP e sebbene come si è detto, abbia commesso errori e sia debole nei confronti dell’opposizione, gli si deve comunque il merito di aver ribaltato la situazione politica del paese in cui il Partido Colorado dominava lo scenario da oltre 70 anni. Si è impegnato molto inoltre rispetto a un tema urgente quale era quello della salute pubblica ma molti paraguaiani non gli perdonano di non aver fatto nulla per una riforma agraria: “se affronta il tema della riforma agraria lo cacciano” spiega Martin Almada. Forse in pigiama all’alba, come hanno fatto in Honduras con Manuel Zelaya gli oligarchi spaventati da una virata a destra troppo decisa.
Leggi anche:
qui invece l'articolo di Mauro Pigozzi dove è possibile leggere per intero anche quello di Pablo Stefanoni tratto da Il Manifesto.

Perchè il capitalismo vuole metterci gli uni contro gli altri. Perchè sfrutta là dove c'è da sfruttare, oggi a Pomigliano, poi in Polonia, domani di nuovo a Pomigliano. Gli operai sono merce da spremere e gettare via all'occorrenza. Si è fatto un gran parlare dell'accordo di Pomigliano, si parla però poco dei fratelli polacchi che stanno perdendo tutto in nome del profitto, quello stesso profitto in nome del quale il padrone ricatta oggi i lavoratori di Pomigliano. (a.m.)
"Tremino pure le classi dominanti davanti a una rivoluzione comunista. I proletari non hanno nulla da perdere in essa fuorchè le loro catemne. E hanno un mondo da guadagnare. Proletari di tutti i paesi unitevi!" (dal Manifesto del Partito Comunista)
TESTO DELLA LETTERA:
La Fiat gioca molto sporco coi lavoratori. Quando trasferirono la produzione qui in Polonia ci dissero che se avessimo lavorato durissimo e superato tutti i limiti di produzione avremmo mantenuto il nostro posto di lavoro e ne avrebbero creati degli alti. E a Tychy lo abbiamo fatto. La fabbrica oggi è la più grande e produttiva d'Europa e non sono ammesse rimostranze all'amministrazione (fatta eccezione per quando i sindacati chiedono qualche bonus per i lavoratori più produttivi, o contrattano i turni del weekend).
A un certo punto verso la fine dell'anno scorso è iniziata a girare la voce che la Fiat aveva intenzione di spostare la produzione di nuovo in Italia. Da quel momento su Tychy è calato il terrore. Fiat Polonia pensa di poter fare di noi quello che vuole. L'anno scorso per esempio ha pagato solo il 40% dei bonus, benché noi avessimo superato ogni record di produzione.
Loro pensano che la gente non lotterà per la paura di perdere il lavoro. Ma noi siamo davvero arrabbiati. Il terzo "Giorno di Protesta" dei lavoratori di Tychy in programma per il 17 giugno non sarà educato come l'anno scorso. Che cosa abbiamo ormai da perdere?
Adesso stanno chiedendo ai lavoratori italiani di accettare condizioni peggiori, come fanno ogni volta. A chi lavora per loro fanno capire che se non accettano di lavorare come schiavi qualcun altro è disposto a farlo al posto loro. Danno per scontate le schiene spezzate dei nostri colleghi italiani, proprio come facevano con le nostre.
In qusesti giorni noi abbiamo sperato che i sindacati in Italia lottassero. Non per mantenere noi il nostro lavoro a Tychy, ma per mostrare alla Fiat che ci sono lavoratori disposti a resistere alle loro condizioni. I nostri sindacati, i nostri lavoratori, sono stati deboli. Avevamo la sensazione di non essere in condizione di lottare, di essere troppo poveri. Abbiamo implorato per ogni posto di lavoro. Abbiamo lasciato soli i lavoratori italiani prendendoci i loro posti di lavoro, e adesso ci troviamo nella loro stessa situazione.
E' chiaro però che tutto questo non può durare a lungo. Non possiamo continuare a contenderci tra di noi i posti di lavoro. Dobbiamo unirci e lottare per i nostri interessi internazionalmente.
Per noi non c'è altro da fare a Tychy che smettere di inginocchiarci e iniziare a combattere. Noi chiediamo ai nostri colleghi di resistere e sabotare l'azienda che ci ha dissanguati per anni e ora ci sputa addosso.
Lavoratori, è ora di cambiare.
Originale tratta da libcom.org/news/letter-fiat-14062010
AMERICA LATINA DAL BASSO
Edizione Punto Rosso Storie di lotte quotidiane A cura di Marco Coscione Prefazione di Josè Luiz Del Roio Tra le mani non ti ritrovi un altro saggio teorico sui movimenti sociali latinoamericani, ma un vero e proprio album fotografico, o forse un quaderno per gli appunti. Indubbiamente, questo libro rappresenta un modo per dare spazio all’America Latina che si racconta da sola, che vuole raccontarsi, ed anche contare. Leggendo queste storie, scoprirai che qualcosa continua a muoversi e a rigenerarsi in quel continente un tempo “desaparecido” e adesso così “vergognosamente” descritto e fotografato. Queste storie non pretendono di tirare le somme, offrendoci solo una parte della realtà, piuttosto ci accompagnano in un cammino fatto di lotte, resistenze e nuove costruzioni che sottolineano la diversità e la ricchezza di questo “movimento di movimenti, in difesa del diritto all’educazione e della Pacha Mama; con un maggior protagonismo cittadino e più informazione dalla base; tra eguali ma differenti; occupando, resistendo e producendo, riaffermando la propria anima indigena, in pace e senza dimenticare... Affinché un’altra America sia possibile!”
Marco Coscione è laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche (Università di Genova), con un Corso di perfezionamento su "Il Futuro dell'Unione Europea e le sue relazioni con America Latina" (Universidad de Chile) ed un Master Ufficiale in "America Latina Contemporanea e le sue Relazioni con la UE: una cooperazione strategica" (Universidad de Alcalá - Instituto Universitario de Investigación Ortega y Gasset, di Madrid). Varie esperienze di studio, lavoro e volontariato in Europa (Italia, Germania e Spagna) ed America Latina (Cuba, Cile, Perù, El Salvador). Nel 2007 ha curato la pubblicazione di Micro-historias. Santiago del Cile vista da otto caschi bianchi italiani (Il Segno dei Gabrielli Editore) e nel 2008 ha pubblicato El Comercio Justo. Una Alianza estratégica para el desarrollo de América Latina (Los Libros de la Catarata). Collana Materiali Resistenti, Co-edizione con Carta, pagg. 312, 15 Euro
Pagina web di Marco Coscione : http://redinfoamerica.ning.com/profile/MarcoCoscione
sito: Altramerica
Fotografie del 17/06/2010
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