Primo Moroni, a rischio il suo archivio
“Tutto il "sistema dei partiti" ha sostanzialmente contribuito al funzionamento di questa distorta forma di governo delegando alla magistratura enormi poteri giudiziari e discrezionali, elaborando una legislazione "speciale" che avrebbe dovuto avere una funzione transitoria e che invece è stata trasferita nel corpo delle leggi "normale", costruendo decine di "carceri speciali" con trattamento "differenziato", governando continuamente per "decreti" e frequentemente in stridente contrasto con i princìpi della Costituzione. Per fare ciò si è provveduto ad agitare in continuazione un supposto "pericolo per la democrazia", di volta in volta individuato nel "terrorismo", nella criminalità organizzata o in altri fenomeni sociali che mai, in ogni caso, hanno rappresentato un'autentica minaccia per il quadro democratico”
Primo Moroni
A rischio l’archivio Primo Moroni, una straordinaria raccolta di documenti, testi e riviste rappresentativi di esperienze e di percorsi politici e sociali spesso convergenti, spesso diversissimi fra loro, che hanno fatto un pezzo di storia politica d’Italia, quella dei movimenti della sinistra extraparlamentare a partire dal 1971, data di fondazione dell’archivio e della storica libreria Calusca fondata dallo scrittore e intellettuale milanese.
Giovedì scorso il centro sociale Conchetta, sede dell’archivio e della libreria è stato sgomberato e i locali posti sotto sequestro.
Nella Milano sempre più fascista che tollera realtà come quella della libreria Cuore Nero, si decide che “niente abbia più valore” come dice Maysa Moroni, figlia di Primo in un intervista concessa a Il Manifesto.
L’amarezza di Maysa è quella che proviamo tutti noi nel constatare la facilità con cui il fascismo si sta riappropriando di alcuni spazi. Purtroppo oggi “è cambiato tutto... Facebook vale più di un’assemblea, la spesa ideologica aggrega più delle bandiere rosse”, si sfoga nell'intervista. Come darle torto.
Se gli anni Settanta appaiono sempre più lontani, simbolicamente racchiusi in un archivio pronto da distruggere, è anche vero che appaiono sempre più difficili da aggregare e condividere spazi di riflessione e di proposte. La contestazione, risoltasi nell’attimo della scesa in piazza non matura e fermenta, producendo idee nuove e nuovi percorsi, ma appiattita dalla massificazione mediatica alla quale siamo costantemente sottoposti, si sgonfia su se stessa creando incolmabili vuoti comunicativi.
Una riflessione pertanto è necessaria su quanto di nostra responsabilità ci sia in questo continuo perdere terreno e quanto il nostro sistema comunicativo odierno non stia quindi rendendo il compito più facile a nuove forme di repressione.
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