Cuando llegue el momento de ser nadie, el mundo seguirà y no lo veremos. Si antes vivíamos cegados por el sol ahora estaremos cegados por la sombra.
Cuando llegue el momento se ser nadie, la memoria habrá quedado encinta de ideas y pregunats que nunca nacerán. Nadie sabe si seremos ceniza o si nos mezclaremos con las cenizas de otros...”
(Mario Benedetti – Vivir adrede)
Caro e stimato Pedro, ti rispondo appositamente in un post perchè sento di dover fare delle riflessioni che a mio avviso sono importanti, che meritano anche una discussione e che probabilmente potranno creare qualche polemica. Ti rispondo in Italiano perchè so che lo leggi e lo capisci bene, affinché anche tutti gli altri possano partecipare. Farò in modo che sia la signora Fresia, vedova di Venturelli, che la signora Ruth vedova di Hernan, così come Carlos e Jeremías possano leggere le parole che hai dedicato loro nel tuo precedente commento.
Penso che sia importante che sia voi cileni in esilio che quelli che invece sono rimasti in Cile, le vittime della dittatura di Pinochet, tutti coloro che sono riusciti a mettersi in salvo ma anche i familiari di coloro che non ci sono più, creiate delle reti di solidarietà ancora più forti, soprattutto tra voi stessi e tra noi italiani e più in generale con l'Europa.
In Italia si tengono per esempio moltissime iniziative per ricordare le vittime della dittatura argentina, per chiedere rispetto a quegli avvenimenti giustizia e verità, per dare maggior impulso ai processi. A Roma particolarmente, non passa settimana che non si svolga un dibattito, un’iniziativa, una conferenza con la partecipazione di ospiti più o meno importanti, scrittori, giornalisti, vittime di allora, familiari di desaparecidos. Indubbiamente la dittatura argentina è stata vissuta dagli italiani diversamente da quella cilena, in qualche modo ci ha coinvolti, anche “geneticamente parlando” molto più direttamente. Ora però abbiamo Podlech in carcere (e sfortunamente Troccoli a spasso per Roma)... Questa può e deve essere una buona occasione per far sì che venga fatta pressione sul governo cileno e sulla Bachelet affinché anche in Cile si avvii un percorso di lotta contro l’impunità e di resa dei conti sociale e istituzionale con quel periodo storico che ha segnato le vostre vite, i vostri destini, ma anche le coscienze di tanti di noi. Ricordo che il golpe del 11 settembre 1973, il vostro 11 settembre, ha scosso profondamente il sentire di tanti nostri ragazzi che proprio dalla presa di coscienza di quanto avveniva nel vostro paese, dai racconti terribili che giungevano già i primi giorni, dalle storie raccontate successivamente da quanti di voi sono riusciti ad arrivare in Italia e in Europa, hanno formato poi la loro coscienza politica e sociale, il loro impegno e la loro lotta. Proprio allora, in una generazione già ribelle, è nato quel “sentire nel più profondo del cuore qualunque ingiustizia commessa contro chiunque in qualunque parte del mondo” che la ha accompagnata successivamente in quegli anni difficili, “innominabili, rimossi e maledettamente belli” che sono venuti dopo. Tanti di quei ragazzi, cresciuti e maturati a pane e Intillimani sono adesso stimati rappresentanti della nostra classe politica di sinistra, intellettuali e uomini di cultura. Quanto accaduto quel terribile 11 settembre in Cile fu per noi infatti particolarmente importante essenzialmente per due motivi: da un lato ci fu un profondo senso di amarezza e di delusione seguito alla caduta del governo socialista di Unidad Popular. La democrazia di Salvador Allende per molti allora aveva rappresentato la realizzazione di un sogno, per i partiti di sinistra di alcuni paesi occidentali, Unidad Popular era un esperimento interessante da cui prendere esempio, la democrazia socialista eletta dal popolo per il popolo. In un solo giorno questo sogno è stato infranto, caduto sotto i colpi delle armi dei militari, picchiato, torturato, messo in ginocchio ed infine ucciso.
L'altro aspetto importante fu rappresentato dal fatto che gravitò per molto tempo tanta tristezza e amarezza intorno agli avvenimenti del 1973, intorno alle sue figure principali e soprattutto intorno alla figura di quel Presidente. Indomito, tradito dalle sue stesse forze armate, accompagnato dal suo destino, che come disse Gabriel García Marquez "fu quello di morire durante l'armata difesa della corrotta burocrazia di un esecrabile sistema che egli stesso si riproponeva di abolire senza sparare un colpo".
C'è ancora un altro aspetto che forse rese quel colpo di stato ancora più inaccettabile e terribile e cioè l'accanimento che la giunta militare ebbe contro ogni forma di cultura e di arte, creando nello stesso tempo nelle nostre coscienze delle icone, dei martiri, che sono poi diventati simboli di ogni nostra successiva battaglia per la libertà.
E così la figura dolce e amata di Victor Jara, i tanti poeti e musicisti costretti all'esilio, la morte di Pablo Neruda, avvenuta dodici giorni dopo il colpo di stato e lo scempio che fu fatto delle sue case di Santiago e Isla Negra dai fascisti cileni... Per tutto questo, per le circa tremila vittime, per tutti quelli che portano ancora sul corpo e sull’anima le cicatrici di quelle ferite ora non possiamo dimenticare che in Cile, nello stesso paese governato dalla democratica socialista Michelle Bachelet, la cui elezione tanto ha fatto sognare i nostri politici di sinistra, vengono violati ancora i diritti del popolo mapuche, viene ancora applicata la legge Antiterrorismo che risale alla dittatura, l’impunità è ancora garantita dalle legge di Amnistia del 1978 e vige ancora la costituzione emanata da Pinochet nel 1980. In Argentina pur con tutti i limiti e le difficoltà, un percorso di processi per la verità e la giustizia è stato ormai intrapreso, in Cile questo non è ancora avvenuto perchè elementi pinochettisti sono bene ancora insediati al governo e perchè di fatto fino all’arresto e alla morte di Pinochet è stato praticamente impossibile intraprendere un percorso di recupero della memoria storica. Questo dopo tanti anni dalla fine della dittatura è inaccettabile e credo che maggiori pressioni sul governo cileno vadano compiute in tal senso. Se è vero che bisogna insistere maggiormente là dove i problemi esistono e sono irrisolti e dedicare maggiori energie in quella direzione, penso che sia importante uscire allo scoperto e lasciare da parte i particolarismi e le differenze che spesso dividono anche chi si occupa delle difesa dei diritti umani. Auspico una maggiore coordinazione e solidarietà tra le vittime di tutte le dittature, soprattutto quelle attuali mascherate da democrazie. Spero che ci sia sempre maggiore collaborazione e solidarietà tra i vari gruppi e movimenti che si occupano di difesa dei diritti umani. La forza e l’unità sono una grande risorsa e spesso è triste invece vedere come anche in questo campo ognuno conduce le sue battaglie indipendentemente dagli altri. Non mi stancherò mai di ripeterlo ma in Messico soltanto l’anno scorso sono scomparse tre persone nel silenzio più totale e VERGOGNOSO proprio da parte di chi continuamente qui da noi si occupa di America latina, operatori dell’informazione, difensori dei diritti umani, uomini di cultura... Salvo rare eccezioni che si riconducono a iniziative di singoli individui, i movimenti e i gruppi di appoggio si muovono a mio avviso lungo canali prestabiliti che poco spazio lasciano a proposte unitarie e di impegno comune. Sogno un movimento che riunisca l’esigenza di verità e giustizia e il bisogno di solidarietà di tutti, siano essi argentini, messicani, cileni o colombiani. La difesa dei diritti umani non può e non deve essere agita alla stregua di un’operazione commerciale, ma soprattutto non può e non deve dividere laddove c’è più bisogno di solidarietà e condivisione.
Grazie ancora Pedro e scusa lo sfogo che va bel al di là della situazione del momento e che non ti coinvolge certo direttamente... ho colto soltanto un’occasione per esprimere qualcosa che da tempo mi frullava per la testa, un abbraccio fraterno.
I commenti sono disabilitati.