Foto di Simone Bruno
esprimo la mia solidarietà a Simone Bruno, con un profondo apprezzamento per il suo lavoro svolto in Colombia. Annalisa Melandri
"Ti stai intrufolando dove non devi con troppa forza e verrai schiacciato. Se vuoi diventare un martire con molto piacere soddisferemo il tuo desiderio".
Simone Bruno, il nostro corrispondente dalla Colombia, è stato oggi minacciato di morte attraverso la sua pagina di Facebook. Detta così, nel nostro Paese dove il social network si usa quasi solo per svago, potrebbe sembrare una cosa da poco.
Ricevere minacce in un paese come la Colombia invece è una cosa molto seria. Negli ultimi dieci anni sono stati uccisi 120 giornalisti, colpevoli di aver denunciato le ingiustizie sociali in una terra stretta tra la brutale repressione del governo e la violenza della guerriglia.
Simone si era recato nello stato del Cauca, nella città di María-Piendamó, per documentare la protesta degli indigeni con le sue splendide foto e i suoi racconti.
Un reportage importante, che raccontava il tentativo degl iindigeni di far conoscere al mondo intero la loro drammatica situazione: secondo la Onic (Organizzazione nazionale indigena colombiana) durante l’ultimo anno sono stati uccisi 1253 indigeni, uno ogni 53 ore, e 54mila sono stati espulsi dalle loro terre ancestrali.
Contro l'esproprio delle terre, la rapina delle risorse, gli indigeni non solo colombiani si stanno battendo da decenni in America Latina. Una battaglia per la vita stessa delle popolazioni. Nella sola Colombia, diciotto dei 102 popoli indigeni ancora esistenti sono oggi a rischio di estinzione, dato che sono composti da meno di 200 abitanti ognuno. Come i Nasa ripetono spesso: “Un indigeno senza terra è un indigeno morto”.
Simone era andato nello Stato del Cauca il 12 ottobre scorso, si era fermato con gli indigeni una settimana. Aveva documentato la brutale azione delle Forze speciali della polizia Colombiana che aveva represso nel sangue le proteste dei Nasa, e per questo è stato minacciato: "Sronzo di merda, ti stai intrufolando dove non devi con troppa forza e verrai schiacciato. Sei coraggioso a buttare sassi e ad aggredire gli agenti dello stato di María e se vuoi diventare un martire con molto piacere soddisferemo il tuo desiderio. Prega, figlio di puttana".
Simone ha immediatamente avvisato i responsabili di Facebook della minaccia ricevuta, e subito la pagina del mittente è stata rimossa, ma l'identità di chi lo ha minacciato rimane ancora sconosciuta.
Simone Bruno ha trentasei anni, e in Colombia ha scelto di vivere. Lavora lì da cinque anni: "La Colombia - dice a proposito della minaccia ricevuta - evidentemente è ancora lontana dall'essere un paese che rispetta chi la pensa in modo differente. La minaccia è a me, ma diretta a colpire il movimento indigeno".
Questo il reportages da María-Piendamó, per il quale Simone è stato minacciato di morte.
Ringraziamo Simone per il lavoro che ha fatto, e lo ringraziamo insieme ai popoli indigeni per il coraggio e la passione che con il suo lavoro ogni giorno dimostra.
Maso Notarianni
Vedi le fotografie di Simone Bruno sulla marcia degli indigeni colombiani
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