Sono gravissime le ultime dichiarazioni di Francesco Cossiga. Ma credo che sia ancor più grave banalizzare o fare della semplice ironia su di esse o sulla sanità mentale di chi le ha rilasciate. Grave e pericoloso. Giorgiana Masi è morta proprio applicando la “dottrina Cossiga”, un giorno di maggio del 1977. Aveva 19 anni. La stessa età dei ragazzi che in questi giorni stanno riempiendo le strade e le piazze di tutta Italia.
Uccisa per mano di un poliziotto infiltrato in una manifestazione organizzata dal Partito Radicale.
A 31 anni di distanza da quel tragico giorno non si conosce ancora il nome dell’assassino. Noi non lo conosciamo. Francesco Cossiga, presidente emerito della Repubblica Italiana, che all’epoca era Ministro dell’Interno, invece sa benissimo come sono andati i fatti e chi sono i responsabili, come ha ammeso lui stesso in una recente intervista rilasciata al Corriere della Sera. Niente di strano, dal momento che è stato lui il mandante confesso di quell’omicidio di Stato: “Maroni dovrebbe fare quel che feci io quando ero Ministro dell’Interno (...) Infiltrare il movimento con agenti pronti a tutto...”
La chiamano la “strategia Cossiga” e trovo che sia un termine troppo tenero per indicare quello che in altri paesi viene generalmente chiamato con il nome di terrorismo di Stato. Spaventa il timore che si ha a chiamare le cose con il proprio nome, anche da parte di chi scende oggi in piazza e quindi al momento potrebbe essere la prossima vittima di un qualsiasi “agente pronto a tutto”.
Si ha paura di parlare o forse la potenza del linguaggio si è sopita insieme alla coscienza politica del nostro paese. Ci avviciniamo ad altre realtà, per esempio quella latinoamericana, senza timori, senza reticenze, non abbiamo remore nel chiamare un presidente paraterrorista o nel denunciare e fare appelli contro l’impunità di cui godono alcune istituzioni e le forze dell’ordine chiamate a rappresentarle.
Raccogliamo firme e manifestiamo contro i crimini di stato che avvengono a migliaia di chilometri di distanza dal nostro paese. Il linguaggio scritto e parlato, invece, per qualche misteriosa inibizione, assume tutt’altro tono quando i crimini di stato avvengono a casa nostra.
La dichiarazione di Cossiga altro non è che la confessione di un omicidio.
Ha fatto scalpore nei giorni scorsi il presidente colombiano quando ha confessato pubblicamente, (costretto dall’ evidenza delle immagini di un video della BBC) che la polizia ha sparato ad altezza d’uomo sui manifestanti indigeni nel corso della marcia di protesta della scorsa settimana. Noi le immagini di poliziotti in borghese con le armi in pugno ad altezza d’uomo le guardiamo da trentuno anni, da trentuno anni il nostro paese sa che da una strategia di Stato o di Cossiga che dir si voglia, è partito il colpo che ha ucciso Giorgiana Masi e ferito gravemente altre due persone.
A distanza di trentuno anni, il mandante, l’autore intellettuale di quell’omicidio, confessa pubblicamente sulle pagine di un quotidiano che quella è stata una strategia studiata a tavolino e una tale dichiarazione provoca reazioni da operetta.
Lo stesso presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, al quale è stato rivolto un laconico appello a prendere posizione, tace. E il silenzio, insegnano alcuni, spesso è sintomo di complicità.
Per ora pistole in giro non se ne sono viste, ma armi improprie sì e in abbondanza. A Piazza Navona, nel corso degli scontri di due giorni fa c’erano in mano agli “studenti” del Blocco Studentesco bastoni avvolti dal tricolore, moschettoni, cinture con fibbie di metallo, caschi e quant’altro.
E domandandosi come sia possibile che un camion carico di tale armamentario sia potuto arrivare fino a Piazza Navona, in una piazza assediata da forze dell’ordine in assetto antisommossa, non possiamo non domandarci anche chi fossero quegli strani personaggi che nei filmati che stanno circolando in rete in questi giorni si vedono parlottare con le forze dell’ordine.
Come inquietanti appaiono gli spezzoni dei dialoghi tra i poliziotti, frasi raccolte e testimoniate da Curzio Maltese: “arrivano quei pezzi di merda dei comunisti!”, “allora si va in piazza a proteggere i nostri? Sì ma non subito”...
Perchè non si indaga su questi episodi? Perchè non si procede come si dovrebbe penalmente contro le dichiarazioni pubbliche di Francesco Cossiga che in un momento come questo non sono altro la rivendicazione che un terrorista fa di un suo attentato?
Da alcuni parlamentari Radicali-PD( Donatella Poretti Maurizio Turco) è stato presentato in questi giorni un disegno di legge per l’istituzione di una Commissione Parlamentare di Inchiesta sull’omicidio di Giorgiana Masi. La proposta è stata accolta e sostenuta anche dai senatori Marco Perduca, Felice Casson e Gianrico Carofiglio. Alfio Nicotra invece, responsabile del dipartimento Pace e Movimenti del Prc, portavoce del Genoa Social Forum durante il G8 di Genova 2001, considera le parole di Cossiga una vera e propria confessione di colpevolezza.
Da quanti anni il paese chiede una commissione di inchiesta sull’omicidio di Giorgiana Masi? Da quanto tempo il paese sa e tollera che il mandante di quell’omicidio si prenda sberlefffo della memoria di una ragazza di diciannove anni? Quanto ancora dobbiamo aspettare perchè il paese venga scosso da questo torpore nel quale pericolosamente è caduto?
Duccio, uno studente di Filosofia che era a Piazza Navona due giorni fa, ha detto ad un giornalista: “E’ il metodo Cossiga. Ci stanno fottendo”. Non è così, cari ragazzi, ci hanno già fottuto tanti anni fa. E hanno continuato a farlo fino ad ora. E noi glielo abbiamo lasciato fare.
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