Lo aveva previsto perfino Mario Vargas Llosa in un suo articolo del 16 gennaio scorso che sarebbe successo. Scriveva allora infatti: “El ojo que llora” (L’occhio che piange), in “un paese dove tutto è possibile, potrebbe essere distrutto da una singolare congiuntura di ignoranza, stupidità e fanatismo”.
E così è stato, il singolare monumento, costruito in memoria delle circa 70 mila vittime del conflitto in Perù negli anni compresi tra il 1980 e il 2000, domenica 23 settembre è stato il bersaglio mirato di un atto vandalico e non privo di inquietanti interrogativi (vista l’estradizione di Fujimori in Perù), da parte di un gruppo armato di circa venti persone, che si sono introdotte nel complesso dell’Alameda della Memoria in Campo di Marte a Lima, minacciando e immobilizzando il custode.
“El Ojo que llora” è una creazione della scultrice olandese, ma residente in Perù da circa 40 anni, Lika Mudal, la quale per commemorare le vittime, i cui nomi sono stati presi direttamente dalla relazione finale della Commissione di Verità e Riconciliazione, ha concepito un percorso labirintico che conduce fino ad una immensa pietra (che rappresenta la Terra Pachamama) dalla quale fuoriesce acqua come se fossero lacrime. Il cammino che porta fino alla pietra centrale è delineato da 32 mila pietre bianche sulle quali altrettanti nomi sono stati scritti da volontari con vernice indelebile.
In un percorso quasi onirico e caratterizzato da un forte simbolismo, il visitatore attraversando il dolore e la violenza rappresentati dai nomi scritti sulle pietre, giunge fino al cospetto della Madre Terra che versa lacrime per tutti i suoi figli.
Per tutti i suoi figli indistintamente, siano essi i 9 studenti della Cantuta giustiziati nel 1992 insieme al loro professore da un reparto del gruppo paramilitare Colima o gli otto giornalisti e la loro guida massacrati sulle montagne di Uchurracay il cui omicidio fu commissionato direttamente da membri dell’Esercito e della Marina o tutti gli altri desaparecidos, torturati e uccisi tra il 1980 e il 2000, così come per tutte le vittime della violenza senderista.
Certo che se è Mario Vargas Llosa a parlare di “ignoranza, stupidità e fanatismo”....non possiamo non credergli.
Egli fu nominato presidente della Commissione Uchurracay, che era composta da importanti personalità del mondo culturale e giudiziario dell’epoca e che aveva il compito di fare chiarezza sulle cause del massacro dei giornalisti, invece mentirono Vargas Llosa e la commissione, accusando ingiustamente dei contadini indigeni per coprire le reali responsabilità dell’esercito nell’accaduto.
Risale al mese di gennaio 2007 la sentenza della Corte Interamericana dei Diritti Umani che ha condannato lo stato peruviano per violazione dei diritti umani e lo ha obbligato a risarcire i familiari dei 42 senderisti trucidati nel penale limeño di Castro Castro tra il 6 e il 9 maggio 1992, nonchè ad inserire i nomi delle vittime nel complesso monumentale del “Ojo que llora”.
La decisione causò allora la protesta dei familiari delle vittime degli attentati compiuti da Sendero Luminoso, indignati per il fatto che i nomi dei loro cari si trovassero vicino a quelli dei militanti del gruppo maoista, in un monumento da loro stessi poi ribattezzato come “monumento ai terroristi”.
L’ex senatrice fujimorista Martha Chavez d’altra parte ha elogiato in questi giorni l’atto vandalico dicendo che “finalmente qualcuno ha avuto il coraggio di eliminare questo monumento spazzatura, dove con cattiveria sono stati messi i nomi dei terroristi convinti vicino a quelli che del terrorismo senderista sono state le vittime, questo disonore non doveva essere permesso e qualcuno doveva fare ciò che è stato fatto”.
Francisco Soberón, direttore dell’Associazione per i Diritti Umani (APRODEH) rende noto invece che il colore arancio usato per imbrattare il monumento è quello che identificava il fujimorismo negli anni della dittatura e che l’APRODEH “condanna energicamente questa barbara aggressione, che coincide con l’arrivo di Fujimori, fatto che indica degli indizi sui responsabili materiali dell’accaduto”.
Chissà a chi addosserebbe ora Vargas LLosa la responsabilità dell’atto vandalico compiuto su “El Ojo que llora”.
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