Nel nome della svolta moderata, della pace sociale, della paura del ritorno di Berlusconi si stanno sacrificando nel nostro paese le istanze migliori della sinistra, quelle innovative e da sempre apportatrici di dialettica e confronto.
In poche parole, nel nome del dio Centro, saggio e moderato, cattolico quanto basta (per non urtare la sensibilità di nessuno) che governa il Paese, si sta massificando la società e regolamentando tempi e modi dei fervori sociali.
La protesta sociale deve esistere ed è lecita, ma paradossalmente il suo esercizio deve essere normalizzato da quegli stessi poteri e dinamiche che essa vorrebbe se non demolire o infiacchire (pena repressione tipo G8 di Genova) almeno essere libera di criticare.
Che si protesti pure ma nel segno del rispetto e soprattutto del compromesso, che tradotto in altri termini vuol dire ricatto.
Un dio Centro ricattatore che vede nell’Unità la sola salvezza del suo spirito malato di conformismo e meschinità.
E così nel nome dell’ unità del Paese, dell’unità del sindacato, dell’unità della sinistra si sacrificano, svilendoli e screditandoli ideali e proposte, conquiste e progetti.
Il pluralismo va bene solo sui libri, in realtà bisogna tutti essere ammassati e conformi nell’idolatria senza passione del Centro, pena l’inferno di dantesca memoria, quello a gironi per intendersi.
Avevamo il girone dei terroristi, quello degli estremisti , quello dei radical-chic di sinistra, quello dei populisti, oggi abbiamo anche quello “dei sindacalisti frazionisti”, la “minoranza della minoranza”, nuovo girone dei dannati sindacalisti creato direttamente sulle pagine di La Repubblica, a firma del solito Massimo Giannini, quello del “deficit culturale della sinistra” nell’intervista sulla sicurezza al ministro Amato di qualche giorno fa.
Sarebbe interessante svolgere uno studio su come mediaticamente si stia ormai effettuando un’operazione sottile e capillare volta a uniformare e appiattire le diverse istanze di cui la sinistra si è storicamente nutrita e da cui ha tratto linfa vitale, per sostenere le lotte a fianco del popolo, della classe operaia, delle donne, dello stato laico.
Se anche su l’Unità leggiamo che il no della FIOM è una “grave responsabilità” perchè come in passato non “ha prevalso l’interesse generale” allora siamo a un punto di non ritorno.
Di non ritorno perchè per poter ritornare bisognerebbe prima avere ben chiaro cosa sia “l’interesse generale” che di volta in volta viene fatto coincidere con l’interesse del paese, con la paura del ritorno di Berlusconi, con il sostegno al governo. E se non si ha chiaro che “l’interesse generale” non ha nulla a che vedere con tutto questo, forse abbiamo bisogno tutti quanti di tornare a scuola, giornalisti compresi.
Anche perchè mentre la sinistra si appiattisce e perde entusiasmo stretta in una morsa infinita di ricatti e di paletti, la destra, quella vera, occupa spazi, dà gomitate, manifesta meno e si organizza di più.
E se si toglie alla fine anche il diritto civile ad un sindacato di svolgere il compito per il quale è preposto, cioè difendere gli interessi dei lavoratori, se l’esercizio del dissenso che è alla base della democrazia viene relegato alla stregua del terrorismo, se tutto viene riportato all’ “interesse generale”, (leggasi non far cadere il governo o mantenimento del potere) , allora forse è meglio che il governo cada e la sinistra torni all’opposizione, dove almeno ancora riusciva ad avere la dignità di chiamarsi sinistra.
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