Due vicende giudiziarie, due imputati eccellenti. Di uno abbiamo immagini perfino delle ispezioni orali a cui è stato sottoposto dopo la cattura, dell’altro sappiamo ben poco se non che sia affetto da una non meglio identificata “demenza senile” o “demenza vascolare” che però gli ha permesso di compiere operazioni finanziare da manuale.
Saddam Hussein e Augusto Pinochet Ugarte.
Un processo mediatico sebbene prevedibile nella sua conclusione quello a Saddam Hussein del quale sono stati studiati i gesti, le espressioni e perfino l’abbinamento della camicia alla sua giacca, passato quasi in sordina eppure molto meno scontato nel suo svolgimento quello a Pinochet, che ha avuto più enfasi forse per i tesori bancari e i lingotti d’oro che non per il genocidio e le violazioni dei più elementari diritti umani commesse dal dittatore cileno.
Del processo a Saddam si dice da molto tempo che sia una farsa, la sua condanna lo conferma. Un processo finanziato “in toto” dagli Stati Uniti. I giudici sono stati nominati dall’esecutivo e successivamente sostituiti con altri più malleabili, il presidente della corte Ritzak al Amin, curdo, si è dimesso per le troppe pressioni ricevute dal governo, il collegio difensivo decimato con tre avvocati uccisi ed uno ferito ed altri che hanno abbandonato l’incarico in seguito alle minacce ricevute.
Un processo con una sentenza già scritta fin dall’inizio ma opportunamente emessa pochi giorni prima delle elezioni americane di midterm, come a voler rassicurare gli elettori indecisi sulla effettiva necessità dello sforzo americano in Iraq.
Bernardo Valli dalle pagine de La Repubblica dice che c’era da aspettarselo che in un paese dove il sangue scorre a fiumi che la pena potesse essere capitale, vale la pena ricordargli che il processo solo fisicamente si è tenuto in Iraq , la regia è stata altrove, ben più lontano dalle strade insanguinate di Bagdad.
Perfino Amnesty International e Human rights watch e non certo un gruppo di no global scalmanati hanno definito “una vicenda losca” il processo a Saddam Hussein, in primo luogo condannando l’ingerenza di Stati Uniti e Inghilterra.
Tutto l’apparato giudiziario è stato viziato nella forma per permettere questa condanna che oggi Bush saluta come “trionfo della democrazia”. Se è vero che Saddam Hussein è stato condannato nel suo paese da un tribunale speciale che legittimamente ha applicato la legislazione vigente, è sempre vero che egli viene custodito da milizie americane in un luogo segreto.
Il processo a Saddam Hussein doveva essere tenuto da un tribunale speciale come è accaduto per esempio per il Ruanda o la ex Jugoslavia, o direttamente dalla Corte Penale Internazionale dell’Aja. Ma in questo caso ci sarebbe stato un processo giusto. E la Corte Penale Internazionale dell’Aja non contempla la pena di morte e il suo trattato non è stato ratificato né dagli Stati Uniti né dall’Iraq e inoltre si sarebbero ampiamente diffuse a livello mondiale e per lo più in sede giuridica le complicità iniziali del governo americano ai crimini di Saddam Hussein. Oggi per esempio si apre la seconda fase del processo, quella relativa alla strage di Halabja del 1988 dove vennero uccise 180mila persone con armi chimiche e se fonti interne alla CIA addirittura mettono in dubbio la responsabilità di Saddam Hussein nella strage, si sa per certo che gli Stati Uniti erano i fornitori di armi chimiche al regime iracheno. Paradossale e grottesco questo processo.
Robert Fisk corrispondente britannico da Beirut per The Independent in una sua recentissima intervista fa appunto notare che la condanna a morte del dittatore iracheno è avveuta per la strage di Dujail dove le vittime sono state “solo” 148 ma le armi chimiche non c’entravano nulla.
Un’altra anomalia formale consiste nel fatto che il tribunale che ha condannato Saddam Hussein e il cui Statuto è stato redatto nel 2003 sotto il controllo diretto degli Stati Uniti, sta giudicando retroattivamente i crimini commessi da Saddam Hussein e inoltre lo stesso Statuto concede pieni poteri decisionali ai giudici nel caso di crimini non previsti dalla legislazione penale vigente, come quelli per cui l’imputato è stato condannato alla pena capitale.
L’altro imputato, non meno crudele e sanguinario, il vecchio novantunenne Augusto Pinochet, è lentamente invecchiato insieme al suo processo. Quello che colpisce è infatti la dinamica , estremamente veloce e rapido il processo a Saddam Hussein e repentina la sua condanna, processo che è stato portato avanti in un paese in guerra, completamente distrutto, e sotto occupazione militare e che ha dovuto creare ad hoc un tribunale e una corte. Lentissimo e pieno di controversie quello al dittatore cileno quasi a prendere tempo affinchè non giunga mai a passare un solo giorno dietro le sbarre.
Il processo a Pinochet inizia nel lontano 1988 quando il giudice spagnolo Baltasar Garzón invia tramite Scotland Yard un mandato di arresto al dittatore (che nel frattempo si trovava in una clinica inglese) con le accuse di tortura e genocidio. La stessa Inghilterra che oggi sorride alla condanna a morte di Saddam Hussein in quel caso negò l’estradizione in Spagna di Pinochet e dopo un breve periodo di arresti domiciliari a Londra lo rispedì nel suo paese.
In Cile dopo essere stato privato dell’immunità parlamentare Pinochet venne inquisito e condannato, ma la sentenza fu successivamente annullata dalla Corte d’Appello per motivi di salute (demenza vascolare). A seguito di controlli medici, finalmente nel 2004 decade anche questa immunità e il vecchio Pinochet viene giudicato abile ad affrontare il processo. Con un recente provvedimento che lo accusa di 35 rapimenti, un omicidio e 24 casi di tortura nella vicenda di Villa Grimaldi, centro di detenzione dove furono tenuti sotto sequestro e torturati migliaia di oppositori al regime, viene dichiarato colpevole ma posto agli arresti domiciliari per motivi di età. Le accuse contro Pinochet vanno dai reati più propriamente finanziari, a quelli di omicidio, torture, sequestri di persona. È accusato tra l’altro dell’omicidio del generale Carlos Prats e di sua moglie a Buenos Aires e per il suo ruolo nel Plan Condor. Il suo processo ha diviso in due un paese, il Cile, dove l’oligarchia e quindi il potere economico e militare è molto forte e ancora protegge il suo “padrino”. E perché non ricordare anche i crimini commessi da Pinochet contro il popolo Mapuche che fin dall’11 settembre 1973 è stato vittima della repressione? Non è dato nemmeno di sapere il numero esatto dei suoi morti e desaparecidos, mentre intere comunità contadine hanno subito torture ed espropri delle lore terre che erano riusciti a recuperare finalmente con la riforma agraria di Allende.
Saddam e Pinochet, entrambi coccolati e finanziati dagli Stati Uniti, entrambi processati, ma uno diventato ormai sicuramente più comodo da morto che non da vivo se non altro per legittimare una guerra a cui non crede più nessuno, l’altro vecchio “demente” ormai inoffensivo in quanto l’appoggio della Casa Bianca al golpe cileno non è più un mistero , e comunque ancora oggi così influente da negargli anche un solo giorno di cella, due dittatori a confronto, due giustizie (??) su cui riflettere.