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Il governo del Perù accusato di crimini di guerra e l'estradizione di Fujimori è sempre più vicina.
Di Annalisa (del 02/01/2007 @ 00:45:01, in Perù, linkato 3248 volte)

Tempi duri per il governo del Perù e particolarmente per l’ex presidente e dittatore Alberto Fujimori attualmente detenuto in Cile e del quale il Perù attende da mesi l’estradizione. Con due sentenze del Tribunale Interamericano per i Diritti Umani, con sede in Costa Rica  emesse a distanza di pochi giorni l’una dall’altra, sembra avvicinarsi sempre di più il momento per poter rendere finalmente giustizia alle  vittime della dittatura di Fujimori. Quella più importante,  del 21 dicembre scorso e che ha  già causato grande clamore, nonché la disapprovazione dell’attuale presidente del Perù Alan García,  condanna lo stato peruviano per crimini di guerra.

Questa  sentenza può già considerarsi  storica perché è la prima volta che viene applicata la convenzione di Belem do Parà redatta nel 1994 per prevenire, condannare e combattere  la violenza sulle donne e per la prima volta dallo stesso tribunale la violenza sessuale contro una donna viene intesa secondo i canoni del  diritto internazionale. La sentenza riguarda i fatti accaduti  nel penitenziario  di Miguel Castro Castro di Lima tra  il 6 e il 9 maggio 1992, allora  presidente Fujimori,  dove con  un’operazione militare in piena regola  furono giustiziati 42 detenuti, 175 furono feriti e 322 furono torturati, giustificando agli occhi del paese tanta violenza con il tentativo fallito, a causa di un’insurrezione tra i detenuti,  di trasferire le donne accusate di terrorismo in un altro carcere.

In effetti i penitenziari peruviani, in quegli anni affollati di dirigenti, attivisti e semplici simpatizzanti  dei gruppi eversivi Sendero Luminoso e Túpac Amaru erano in una situazione di sovraffollamento e mal gestiti dall’autorità giudiziaria, per cui nel 1991 si autorizzò l’ingresso delle forze armate nelle prigioni. I problemi maggiori si avevano all’interno del penitenziario di Miguel Castro Castro, dal quale i ribelli riuscivano comunque a portare avanti la loro  attività eversiva.  

Il legale dei 300 detenuti vittime di torture, Mónica Feria, lei stessa ex detenuta e  sopravvissuta al massacro,  è riuscita a dimostrare al Tribunale Interamericano per i Diritti Umani, dopo 10 anni di discussione del caso, che in realtà il trasferimento dei detenuti fu solo un pretesto per effettuare decine di esecuzioni sommarie dei capi dei gruppi ribelli che si trovavano a quel tempo in carcere. Fu usato allo scopo un vero e proprio arsenale di guerra, incluse armi chimiche tra cui il fosforo bianco. Molte delle donne detenute erano in avanzato stato di gravidanza e fu rifiutato espressamente dal governo peruviano nella persona dell’ex presidente Alberto Fujimori, l’intervento sia della Croce Rossa Internazionale che di vari organismi internazionali per la difesa dei diritti umani.

Il Tribunale Interamericano  ha riconosciuto colpevole lo stato peruviano per la violazione dei diritti umani e in particolar modo per quelli delle donne  (per cui è stata applicata la convenzione di Belem do Pará), “le quali sono state colpite dagli atti di violenza in modo differente rispetto agli uomini e  alcuni atti violenti sono stati diretti  loro in quanto donne”. Sono stati riconosciuti  dal giudice Cancado Trindade casi di violenza pre-natale in quanto alcune vittime erano  in stato di gravidanza che sicuramente hanno causato traumi prenatali nei  nascituri, la cui entità è difficilmente valutabile.

Alle violenze subite da queste donne è stato riconosciuto inoltre il carattere di continuità in quanto sono proseguite anche in seguito alla conclusione dell’operazione militare. Alcune di essere sono state ripetutamente violentate e nei mesi successivi sono state tenute in regime di stretto  isolamento nonostante avessero bisogno di cure.

La seconda sentenza, del 29 novembre 2006, condanna invece lo stato peruviano, per il caso di  La Cantuta ”  riconoscendolo colpevole del massacro del professore Hugo Muñoz Sánchez e di nove suoi studenti dell’Università Nazionale “Enrique Guzmán Valle”  ( La Cantuta ) avvenuto il 18 luglio 1992  sempre durante la presidenza di Alberto Fujimori. Il professore e gli studenti furono prelevati da militari appartenenti al gruppo paramilitare Colina, facente capo a Vladimiro  Montesinos e dopo essere stati giustiziati furono sepolti in una fossa comune e i loro corpi ritrovati solo mesi più tardi. Il caso di   La Cantuta è uno dei crimini per i quali è stata  richiesta l’estradizione di Alberto Fujimori nel 2003 dal Giappone e successivamente  nel  gennaio 2006 al governo del Cile, il quale ora, come paese membro del Tribunale Interamericano per i Diritti Umani non potrà  non prendere atto di queste due sentenze e negare ancora l’estradizione di Fujimori. Il verdetto del tribunale cileno sull’estradizione  è atteso per marzo 2007.

E per un ex presidente e dittatore,  che vede sempre più vicina la possibilità di finire in prigione nel paese dove ha commesso i suoi crimini più efferati , ce n’è un altro, quello in carica, evidentemente in calo di popolarità, che responsabile anch’egli di numerosi crimini durante il suo  precedente mandato (1985-1990),  teme un giorno di poter fare la stessa fine del suo collega e infatti condanna a gran voce la sentenza del Tribunale Interamericano dei Diritti Umani relativa al caso del penitenziario Miguel Castro Castro,  affermando che non è disposto in nessun modo ad adempiere all’obbligo prescritto in essa di rivendicare pubblicamente la responsabilità dello stato nel massacro, ritenendo inappropriata una sentenza che dia risarcimenti e indennizzi a criminali terroristi.

García forse non sa che i diritti umani si applicano ANCHE ai detenuti. E  che torturare un essere umano è SEMPRE un crimine.