Con una lettera indirizzata al “suo caro popolo Mapuche” e a tutti coloro che hanno appoggiato con solidarietà, e generosità la sua causa, Patricia Troncoso ha comunicato mercoledì scorso la sua decisione di porre termine allo sciopero della fame che ormai portava avanti da più di 112 giorni.
La decisione è stata presa con l’appoggio e le garanzie della Chiesa Cattolica nella persona del vescovo Alejandro Goic, presidente della conferenza episcopale cilena.
Le notizie dei giorni scorsi erano state altalenanti tra comunicati di conferma e di smentita in merito alla notizia della fine dello sciopero della fame.
Patricia Troncoso chiedeva al governo cileno un documento scritto ed un impegno formale ad accogliere le sue richieste. Di fatto fino a mercoledì il documento non era ancora arrivato e non sarebbe mai arrivato, aveva fatto sapere il ministro dell’Interno cileno, Edmundo Pérez Yoma.
La Chepa, come è chiamata Patricia Troncoso, nella sua lettera fa sapere che sì esiste un documento di impegno ma che sebbene non sia firmato, porta come garanzia la parola del vescovo Goic.
Goic si è mostrato d’altra parte molto fiducioso del lavoro dell’incaricato presidenziale della commissione interministeriale per il tema mapuche nominata a gennaio di quest’anno dal governo, Rodrigo Egaña.
Gli accordi presi con la mediazione del vescovo Goic, prevedono che Patricia Troncoso sia condotta nei prossimi giorni all’ospedale di Temuco per il suo recupero e successivamente in un centro di educazione e lavoro (CET) di Angol.
Da marzo inoltre godrà dei benefici per i prigionieri comuni quali la libertà nei fine settimana, benefici che come da sua richiesta verranno applicati anche a Jaime Matrileo e a Juan Millalen, e che attualmente sono negati ai detenuti ai quali è applicata la legge antiterrorista. Questo in effetti potrebbe essere un primo passo verso la ridiscussione della tristemente nota Legge Antiterrorista, che in vigore dai tempi della dittatura militare, viene oggi applicata ai prigionieri politici mapuche, i quali sono condannati a pene pari a dieci anni di carcere anche soltanto per atti di protesta o di rivendicazioni sociali.
Il papà di Patricia Troncoso sollevato e felice, in compagnia della madre di Matías Catrileo, il giovane mapuche ucciso un paio di settimane fa durante un’azione di recupero di terre, ha dichiarato che finalmente il suo calvario è finito. Egli ha evidenziato inoltre il ruolo positivo svolto dalla Chiesa tramite il vescovo Alejandro Goic e del sacerdote Fernando Varas, cappellano dell’ospedale del Chillán, dove si trova Patricia. Ha però criticato l’operato del Governo, che a suo avviso ha tirato troppo per le lunghe la situazione. Le condizioni di Patricia infatti negli ultimi giorni erano molto critiche, fin quasi a far temere il peggio. Ora il suo recupero sarà lento e graduale, e anche il processo di rialimentazione dovrà avvenire per gradi e secondo la tolleranza del suo fisico, se avvenisse troppo in fretta potrebbe causarle infatti danni ben peggiori del digiuno stesso.
Nella lunga lettera Patricia Troncoso si chiede cosa sia stato ottenuto con le mobilitazioni popolari e con il suo sciopero della fame.
Innanzitutto, aspetto che appare secondario ma che non lo è rispetto a quelle che erano state le sue richieste originali (e che ricordiamo sono la libertà per tutti i prigionieri politici, la smilitarizzazione dei territori mapuche dell’Araucanía, l’abrogazione della legge Antiterrorista, la fine della repressione contro il popolo mapuche, attuata soprattutto tramite la legge Antiterrorista,) si è ottenuto attraverso una grande mobilitazione sia a livello nazionale che internazionale l’ aver portato a conoscenza dell’opinione pubblica la gravità della violenza e della militarizzazione dei territori dove vivono le comunità.
Il Cile non è ancora pronto evidentemente, afferma Patricia, per affrontare il tema della Legge Antiterrorista e della criminalizzazione giudiziaria della protesta. Per questo motivo la risoluzione di questo tema verrà affrontato nella Commissione Interamericana dei Diritti Umani, dove si spera si giunga a un accordo sulla legge Antiterrorista, sui giusti processi e sulla presunzione di innocenza .
Un’ altra vittoria importante è stata l’aver ottenuto i benefici carcerari per lei e per gli altri suoi due compagni mapuche, benefici che spettano generalmente ai detenuti comuni. A Patricia e agli altri fino a questo momento erano stati negati in quanto condannati come “terroristi”.
Ma forse la cosa più importante che è stata ottenuta è stato l’incontro di tutto il popolo mapuche, i popoli dei due lati della cordigliera, i Puelches e i Wallmapu adesso rappresentano “una sola proposta politica”, quella ereditata dagli antenati e cioè “terra e autonomia”.
Patricia Troncoso si sta rivelando come la principale leader del movimento in difesa del popolo mapuche e probabilmente la sua voce politica sta tracciando le linee guida che dovranno segnare il cammino delle battaglie future, che lei, comunicando la decisione di porre fine allo sciopero della fame conferma che saranno:
-definire una linea politica che permetta di affrontare in modo responsabile, senza protagonismo e mediocrità il tema di fondo del nostro popolo: territorio e autonomia e il diritto a sfruttarlo in forma integrale con progetti che vengano direttamente dalle comunità mapuche.
-cercare di affrontare anche grazie all’appoggio delle reti di solidarietà cilene e straniere la grande repressione alla quale sono esposti continuamente bambini,. giovani, donne e anziani.
Dalla destra sono giunte infine forti critiche al governo e particolarmente al ministro dell’ Interno Edmundo Perez Yoma per gli accordi stipulati con Patricia Troncoso. “Il governo è stato sconfitto e questo è pericoloso perchè non si può pensare che la legge sia applicata in alcune parti del territorio ed in altre no e che ci sono persone per le quali è applicata e invece per altre no. Non è un buon segnale per il futuro”, ha affermato il senatore Jovino Novoa della Unión Demócrata Independiente.
Il timore è che si sia creato un precedente pericoloso e che in futuro sarà pertanto impossibile respingere eventuali altre richieste che verranno da parte degli attivisti del popolo mapuche. Un fatto è certo, che nessuno in Cile, né la destra, né la Concertación può più ignorare la voce di un popolo che si sta battendo con tanta determinazione. Una nuova “Bobby Sand” (l’attivista dell’IRA che morì in carcere dopo 66 giorni di sciopero della fame durante il governo di Margaret Thatcher) avrebbe scatenato fortissime proteste popolari in un governo, quello di Michelle Bachelet già più volte accusato di non rispettare i diritti umani e civili delle minoranze.
Alla comunità internazionale e a noi tutti che in questi giorni abbiamo sostenuto Patricia nella sua battaglia che l’ha portata a un passo dalla morte, il compito di vigilare affinchè vengano rispettati gli impegni presi e venga confermata quella solidarietà che si è sviluppata in questi mesi attraverso una moltitudine di reti e di iniziative in sostegno del popolo mapuche.