Qualche settimana fa sono stata fra coloro i quali avevano espresso in vari modi appoggio e solidarietà a Roberto Saviano per le minacce ricevute e l’isolamento in cui si era ritrovato dopo l’enorme successo editoriale riscosso dal suo Gomorra.
Ora permettetemi e soprattutto permettimi Saviano, qualche dubbio.
Rinnovo anche qui la mia solidarietà per le minacce e le intimidazioni che hai ricevuto e considero coraggioso l’aver scritto il libro e forse ancor di più l’aver gridato a voce alta dal palco di Casal di Principe “andate via da questa terra” ai padrini di cui hai fatto nome e cognome pubblicamente. Trovo deplorevole l’isolamente ambientale in cui ti sei trovato.
È stato il tuo agire conseguente a tutto questo che, consentimelo, non condivido. Già subito dopo essere esploso il caso sui media, la solidarietà sul web, gli appelli, le lettere di intellettuali e scrittori, non ho condiviso il silenzio con cui hai risposto a quanti facevano a gran voce il tuo nome come nuovo paladino della lotta alla camorra. Perché il silenzio? Avevi già detto tutto dal palco di Casal di Principe, l’hai scritto sul libro, pensi che quel silenzio eventualmente servisse a salvarti la vita nel caso qualcuno avesse deciso di farti fuori? Ho sempre detestato i “no comment” come ho sempre detestato il rinnegare le proprie azioni. Ho letto più di una volta che hai dichiarato che se tu avessi immaginato le conseguenze probabilmente non avresti scritto il libro.
Oggi me lo confermi. Lo confermi dalle pagine di El País in un intervista riportata da La Repubblica: “No. Non riscriverei Gomorra. E non per le minacce, ma per quello che esse hanno comportato: il comportamento degli editori e di molte persone vicine. La solidarietà è solo una parola”. Non si intende bene a cosa ti riferisci e forse avresti potuto essere un po’ più esauriente nella risposta, che detta così può dare luogo a interpretazioni diverse.
Cosa ti aspettavi? Cosa ti ha realmete spaventato? Credo che quando giunge il momento per essere coraggiosi, o lo si è fino in fondo o è meglio tacere. Come stai facendo tu, penso che sia offensivo e poco rispettoso verso coloro (tanti o pochi questo non lo so, ma comunque ammirevoli) che trovano comunque il coraggio vero di varcare le soglie delle questure napoletane (e non solo) per denunciare estorsioni, ricatti, minacce e abusi a cui sono sottoposti quotidianamente e che poi, senza scorta, senza rifugi segreti, senza interviste e senza solidarietà via web, sono costretti a far ritorno nel loro negozio, nella loro casa, nel loro quartiere e sperare di rimanere vivi. Questo è il vero coraggio e come il coraggio e l’onestà impongono a tutte queste persone il dovere morale di non tornare sui propri passi e di non ritrattare, questo stesso coraggio, di essere cioè coerenti fino in fondo con l’onestà a cui tanto aneliamo, dovrebbe essere anche il tuo, caro Roberto.