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La Corte Penale Internazionale e la Colombia. La falsa notizia della "denuncia" contro Álvaro Uribe per ingiurie e calunnie
Di Annalisa (del 25/08/2010 @ 15:54:39, in Colombia, linkato 883 volte)

Là dove la legge finisce, comincia la tirannide, quando la legge sia trasgredita a danno di altri, e, chiunque nell’autorità ecceda il potere conferitogli dalla legge e faccia uso della forza che ha al proprio comando per compiere nei riguardi dei sudditi ciò che la legge non permette, cessa in ciò, d’esser magistrato, e, in quanto delibera senza autorità, ci si può opporre a lui come ci si oppone a un altro qualsiasi che con la forza viola il diritto altrui…
J.LOCKE
 
Sta rimbalzando in questi giorni in alcune mail lists sia italiane che latinoamericane alle quali sono iscritta, la notizia secondo la quale sarebbe stato inviato alla Corte Penale Internazionale (in avanti CPI), perché lo prenda in esame,   un fascicolo riguardante un processo, archiviato già in Colombia,  contro l’ ex presidente Álvaro Uribe,  per “ingiurie e calunnie”  da lui commesse contro la Comunità di San José di Apartadó.
 
Questo il testo dell’agenzia (fonte El Espectador):
 
Questo martedì (17 agosto) è stata rimessa alla CPI il primo processo nel quale, dopo aver lasciato il potere, è stato assolto l’ex presidente Álvaro Uribe Vélez. La riunione plenaria della Camera dei Rappresentanti ha deciso di archiviare un caso in cui l’ex capo di Stato era accusato di ingiuria e calunnia, dopo che nel 2002,  durante un Consiglio di Sicurezza a Carepa (Antioquia), aveva accusato la Comunità di San José di Apartadó e padre Javier Giraldo di essere fiancheggiatori della guerriglia.  Dopo questo fatto vennero assassinate 20 persone in questo municipio. Conoscendo quella dichiarazione fu (Uribe ndt) denunciato presso la Commissione d’Accusa per ingiuria e calunnia , processo che si è concluso con l’archiviazione questo martedì. Per questo il Polo Democratico Alternativo ha sollecitato le copie di detto caso e ha annunciato il suo immediato invio alla CPI …”
Ora, sebbene siamo tutti d’accordo che contro l’ex presidente colombiano Álvaro Uribe valga bene qualsiasi accusa e qualsiasi denuncia, rallegrarsi come leggo in giro, di questa notizia (che notizia non è e lo vedremo),  secondo me è completamente inutile oltre che stupido.
 
Innanzitutto bisogna sapere di cosa si sta parlando. La CPI si regge sullo Statuto di Roma, stipulato il 17 luglio del 1998 ed è un tribunale appositamente creato per giudicare “ i delitti più gravi che riguardano l’insieme della comunità internazionale” come riportato nel Preambolo dello stesso Statuto.
 
L’articolo 5 dello Statuto di Roma inoltre stabilisce quali sono i crimini di competenza della CPI: genocidio, crimini contro l’umanità, crimini di guerra e crimine di aggressione (giuridicamente ancora in via di definizione). E’ comunque a carico di un Procuratore la facoltà di aprire un’inchiesta rispetto a segnalazioni che gli pervengano, tenendo conto del tipo di reato, della competenza della Corte, del fatto che in un dato momento un’inchiesta potrebbe non favorire gli interessi della giustizia, fondamento dell’accusa etc etc. Inoltre la Corte può dichiarare improcedibile il caso se: “lo stesso è stato oggetto di indagini condotte da uno Stato che ha su di esso giurisdizione e tale Stato ha deciso di non procedere nei confronti della persona interessata, a meno che la decisione non costituisca il risultato del rifiuto o dell’incapacità dello Stato di procedere correttamente” (art. 17a) oppure anche se il caso “non sia di gravità sufficiente a giustificare un ulteriore intervento da parte della Corte”(art. 17c).
 
La CPI inoltre può esercitare il proprio potere giurisdizionale su uno dei crimini elencati  soltanto se : uno Stato che ne fa parte (come avvenuto per il Congo, per l’Uganda o la Repubblica Centrafricana)  segnala al Procuratore una situazione nella quale sembra che siano stati commessi uno o più di uno dei crimini di cui all’articolo 5,  se il Consiglio di Sicurezza dell’Onu segnala al Procuratore una situazione in cui sembra siano stati commessi uno o più crimini (come avvenuto per il Sudan) oppure se il Procuratore apre di propria iniziativa  un’indagine su uno o più crimini  ( spontaneamente  come è successo per il Kenia, o a seguito di segnalazioni ricevute). Quest’ultimo sembra essere il nostro caso. Nessun comune cittadino o associazione può  sporgere denuncia contro terzi alla CPI. E’ ovvio inoltre che la Colombia come Stato non denuncerà mai Uribe alla CPI e il Consiglio di Sicurezza dell’Onu, pur avendo intrapreso a sua volta indagini su violazioni dei Diritti Umani in Colombia, non ha mai  denunciato lo Stato colombiano o qualcuno dei suoi rappresentanti alla CPI.
 
La Colombia sembrerebbe essere  uno di quei paesi che si trova sotto osservazione da parte della CPI. Il Procuratore della CPI, Luis Moreno Ocampo, ha dichiarato in più occasioni che la Colombia fa parte di un gruppo di paesi    sotto “osservazione ufficiale della CPI”, il che vuol dire  che effettivamente la CPI  sospetta che in quel paese si siano commessi o si stiano commettendo  crimini contro l’umanità e sta effettuando indagini in tal senso, ma  che nessuna azione giudiziaria è stata intrapresa.  Sicuramente sotto osservazione è anche il caso di San  José di Apartadó. Ricordiamo però che la CPI è un tribunale “complementare” o “di ultima istanza”  cioè esercita il suo potere solo quando le istanze nazionali hanno concluso l’ultimo grado di giudizio. Al momento in Colombia ci sono procedimenti in corso contro militari e paramilitari e la CPI probabilmente non eserciterà la sua competenza fino a che questi non siano conclusi e fino a che non venga veramente dimostrato che la giustizia colombiana garantisce impunità contro i più alti responsabili dei crimini di Stato.
Tutte queste premesse meritano quindi alcune considerazioni:
 
a)     L’articolo dell’Espectador , tra al’altro scritto malissimo, trae in inganno facendo credere, sia dal titolo che dalle sue prime righe, che la denuncia sia già stata inviata alla CPI quando in realtà credo che nemmeno sia stata ancora preparata. Il 17 agosto, data del suddetto articolo, la Camera dei Rappresentanti ha archiviato il caso e Iván Cépeda, a nome del Polo Democratico Alternativo ha soltanto rilasciato la dichiarazione in cui afferma di essere intenzionato a rimettere gli atti del fascicolo alla CPI dal momento in cui  in Colombia “non si stanno giudicando gli alti vertici dello Stato”.
 
b)    Ancora più grave è il fatto che dall’articolo in questione sono state tratte alcune agenzie che riportano una notizia falsa ma che tuttavia stanno facendo il giro della rete rimbalzando in decine di mail lists dove si legge esplicitamente che “Uribe è stato denunciato alla CPI” o che “Iván Cepeda denuncerà Uribe alla CPI”. Come abbiamo visto invece, la procedura di attivazione della competenza della CPI è molto più complessa ma soprattutto nessun singolo cittadino o associazione può denunciare nessuna persona alla CPI.
 
c)     Come abbiamo visto Iván Cepeda o il Polo Democratico Alternativo o una qualsiasi associazione possono quindi soltanto sottoporre una situazione all’attenzione del Procuratore della CPI. Bisogna poi sperare che questi non respinga il tutto al mittente con la motivazione della non competenza della Corte per quel tipo di reato (lo ricordiamo si tratta di calunnia e ingiuria) ma che, invece, sulla base della documentazione ricevuta o di altra già in suo possesso pervenutagli in altro modo, non decida di trasformare l’accusa in una più grave come genocidio o crimine contro l’umanità.  
 
d)    Ovviamente le accuse di ingiuria e calunnia sono ridicole riferite ad un narco paramilitare della portata di Álvaro Uribe. Quello che mi chiedo è come mai non si riesca in Colombia ad articolare e studiare una denuncia ben fatta e ben strutturata con tutto quello che pende sulle spalle dell’ex presidente che, mentre ricopriva la carica di capo dello Stato era anche capo supremo delle Forze Armate e quindi direttamente responsabile di tutti i crimini commessi dall’Esercito fino ai casi ultimi dei “falsi positivi” e della fossa comune di La Macarena in cui sembra ve ne siano stati sotterrati sommariamente e senza identificazione più di duemila.   Veramente il materiale non manca. 
e)     E per finire , il ridurre la denuncia ad un aspetto soltanto, ed anche a uno dei più marginali, (che tuttavia è stato causa della morte di molte persone) mi sembra tolga quel poco che le resta ormai di legittimità e di importanza alla CPI,   la quale ultimamente sembra diventata un teatro da operetta. L’ultimo atto, appena un mese fa, la presentazione di una richiesta di competenza della Corte (mentre la stampa continua a chiamarla erroneamente e sommariamente “denuncia”) da parte del presidente Uribe in qualità di singolo cittadino su presunti crimini commessi dal presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela Hugo Chávez, per la probabile presenza dei guerriglieri delle FARC e dell’ELN in territorio venezuelano. Due anni prima, sempre Uribe aveva minacciato alla stampa di “denunciare” Chàvez alla CPI con l’accusa di finanziare gruppi di terroristi, dopo che dal computer di Raúl Reyes erano apparsi presunti documenti che testimoniavano secondo gli avvocati della parte colombiana, le connivenze del governo venezuelano con la guerriglia delle FARC.
f)      Generalmente non ci è dato sapere se le denunce o le richieste di competenza che dir si voglia, presentate alla CPI abbiano un seguito, a meno di non voler compiere accurate e complicate ricerche. Quello che è certo è che il minacciare continuamente di sporgere denunce  alla CPI (spesso senza darne seguito),  sia in rete che attraverso i mezzi di comunicazione,   sta facendo apparire questo strumento di giustizia internazionale come l’ ultimo dei tribunali di paese.
E’  fuor di dubbio che le accuse mosse da Álvaro Uribe ai membri della Comunità di San José di Apartadó e a padre Javier Giraldo siano state la causa di gravi a criminali attacchi contro la Comunità.   Il 21 febbraio del 2005, otto dei suoi membri vennero uccisi in modo atroce da paramilitari e militari dell’esercito colombiano. Di queste otto persone, 4 erano minorenni, tra i quali un bambino di due anni. Il 4 agosto scorso con una sentenza, quella sì veramente indegna, sono stati assolti dieci militari dall’accusa di aver commesso quel  crimine insieme ai paramilitari del Blocco Héroes de Tolová, questo sebbene ci fossero prove e testimonianze più che sufficienti sulle loro responsabilità. L’unico ufficiale arrestato nel 2007 e poi condannato a 20 anni di carcere per il massacro, è il Capitano Guillermo Armando Gordillo ai cui ordini si trovava la Compañia Bolívar che nella zona della Comunità effettuava operazioni congiuntamente ai paramilitari. L’ufficiale ha dichiarato nel corso di una testimonianza resa spontaneamente e confermata poi dalle dichiarazioni di un paramilitare (prontamente estradato negli Stati Uniti prima che potesse terminare il suo racconto) che il giorno del massacro ad Apartadó agirono congiuntamente circa 100 militari e almeno 50 paramilitari.
Perché non strutturare un richiesta di competenza e procedibilità della CPI sulla base di questi fatti e in relazione per esempio a  questo processo che ha garantito immunità a 10 militari tra i quali alcuni di alto rango? Non era  responsabile anche Uribe durante il suo primo mandato (2002-2006) dei crimini commessi dall’esercito ad Apartadó in quanto capo supremo delle Forze Armate della Colombia?
 
La Corte Penale Internazionale non può e non deve essere utilizzata come uno strumento mediatico o politico.  E’ invece  un importante  strumento di  giustizia internazionale e l’impegno di tutti noi deve essere volto ad ottenere e pretendere la sua legittimità ed indipendenza, spesso offuscata da rapporti di forza che purtroppo a volte ne compromettono seriamente l’agire.
Bisogna sapere per esempio che la Colombia, soltanto nel novembre dello scorso anno ha accettato la competenza della CPI per i crimini di guerra (quelli contro il Diritto Internazionale Umanitario che riguardano essenzialmente i paesi con gravi conflitti civili in corso) in quanto per questa particolare categoria di crimini contro l’umanità, nell’anno 2002 il presidente uscente Pastrana insieme ad Álvaro Uribe,   firmarono una riserva di sette anni (prevista dall’ articolo 124 dello Statuto di Roma) in base alla quale veniva annullata la competenza della CPI per tali crimini L’articolo 124 dello Statuto di Roma cita testualmente: “ Uno Stato che diviene parte al presente Statuto, può nei sette anni successivi all’entrata in vigore dello Statuto nei suoi confronti, dichiarare di non accettare la Competenza della Corte per quanto riguarda la categoria di reati di cui all’articolo 8 quando sia allegato che un reato è stato commesso sul suo territorio o dai suoi cittadini”.
E’ opinione diffusa che la Colombia abbia applicato questa disposizione transitoria, che è scaduta appunto nel novembre del 2009, per favorire le trattative di pace che erano in corso in quel momento con la guerriglia ma credo sia abbastanza evidente che chi ne ha beneficiato è stato soprattutto lo Stato colombiano e i suoi vertici politici e militari. La sospensione della competenza della CPI non significa assolutamente che si sospenda anche il corso regolare della giustizia del paese, che infatti è proseguito a pieno ritmo tanto che nelle carceri colombiane ad oggi ci sono più di 7000 persone condannate per motivi politici (in condizioni detentive disumane).
 
Numerosi analisti politici e giuristi di Diritto Internazionale invece sostengono che la firma della disposizione transitoria sia immediatamente successiva ad una serie di accordi bilaterali firmati tra il governo colombiano e quello degli Stati Uniti rispetto alla possibilità che i militari statunitensi operanti in territorio colombiano vengano  giudicati da un’istanza internazionale. La possibilità di permettere immunità ai militari statunitensi (oltre che a quelli colombiani e ai paramilitari) fu prospettata dall’ambasciata americana a Bogotà al ministero degli Esteri colombiano e offerta da questo su un piatto d’argento con la firma della disposizione transitoria. Il servilismo di Alvaro Uribe agli Stati Uniti d’altra parte è storia nota, come è anche noto il fatto che tra i gravi limiti della CPI ci sia la forte dipendenza dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (che ha diritto di veto sull’attività della Corte).
 
In conclusione,  se sono noti i limiti della giustizia internazionale ancora troppo serva dei rapporti di forza tra gli Stati e troppo vincolata alle Nazioni Unite, espressione geopolitica di tali rapporti di forza, non è diffondendo false notizie (come quella della denuncia contro Uribe alla CPI per ingiurie e calunnie) che si riesce a restituire legittimità a questo   strumento internazionale.
In Colombia ci sono valide e importanti associazioni di difesa dei Diritti Umani indipendenti dal governo che in questi anni si sono battute coraggiosamente per i diritti civili dei cittadini colombiani anche con un costo di vite umane molto alto, ci sono avvocati e giuristi preparati, ci sono militanti capaci e coraggiosi. Fuori dalla Colombia esistono altrettanti organismi e altrettante persone capaci e valide che possono dare una mano e lo fanno continuamente pur con tutte le difficoltà e i rischi che comportano il lavorare in quel paese. L’appello che possiamo fare è che uniscano le loro forze perché l’ex presidente Álvaro Uribe Velez possa finalmente essere assicurato alla giustizia ma anche perché non si abbassi mai la guardia e si possano creare e costruire sempre continuamente maggiori risorse umane ed economiche preparate a dovere per la lotta contro l’impunità nei crimini di Stato.