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Deriva autoritaria in Perú: Testimonianze (I)
Di Annalisa (del 14/11/2009 @ 22:46:19, in Perů, linkato 1071 volte)
 
di Franca Pesce*
 
Nei giorni scorsi a Roma, nell'ambito del festival del cinema, è stato proiettato il film di Miguel Littin: "Dawson Isla 10".
 
In quest'isola, a cui si era cancellato il nome e che veniva chiamata solo con il numero dieci, dopo il colpo di stato di Pinochet erano stati incarcerati i maggiori collaboratori del presidente Salvador Allende, con l'intento di emarginarli e di annientarli fisicamente e mentalmente.
 
La pellicola presenta la capacità di resistenza dei reclusi ai rigori del clima e della prigionia, la loro fierezza nell'esprimere quella dignità, che altri avrebbero voluto calpestare, la manifestazione dei valori morali, che li avevano portati a operare le loro scelte politiche, la loro determinazione nel coltivare la cultura con lo studio delle lingue e con la collaborazione reciproca in quell'ambiente così difficile ed ostile.
 
Mi ha colpito questa vicenda perché in questo momento in Perù, nazione confinante col Cile, altri uomini stanno vivendo un'esperienza, per alcuni versi, simile a questa.
In varie carceri del Paese i prigionieri politici, molti dei quali professionisti o in possesso di un elevato livello culturale, oltre ad aver partecipato ad attività gestite da operatori al servizio dell'amministrazione carceraria, producendo manufatti di ceramica, di sartoria, di pelletteria, o creando opere di pittura, scultura ecc., da tempo si sono organizzati dando vita a laboratori ed attività di vario tipo.
 
Essi infatti si sono dedicati all'apprendimento ed all'insegnamento delle lingue, hanno organizzato incontri con artisti, scrittori, professori, o commemorazioni di personaggi o di momenti significativi della storia e della cultura, svolgendo in tal modo una importantissima funzione educativa e sociale in un paese che ancor oggi discrimina ed emargina le classi più povere. 
 
Per quanto ci riguarda più da vicino, dall'anno 2001 un prigioniero politico, condannato con l'accusa di appartenere all'MRTA, ha fondato ed organizzato un laboratorio per lo studio dell'italiano, il taller " Papà Cervi"( operante in questi ultimi anni nel carcere Castro Castro" di Lima), superando le difficoltà causate dalla mancanza di mezzi, dagli ostacoli posti dall'amministrazione carceraria e dall'ambiente oggettivamente difficile e spesso ostile. Nonostante ciò, da tre anni il lavoro svolto dall'autodidatta ingegner Emilio Villalobos Alva, organizzatore ed insegnante del laboratorio, ha ottenuto il riconoscimento dell'Istituto Italiano di Cultura di Lima, che periodicamente ha inviato insegnanti a verificare e a valutare il livello di conoscenze raggiunte. Lo stesso direttore, dott. Renato Poma, nell'ottobre scorso si è recato in visita al taller in occasione della "Settimana della Lingua Italiana nel Mondo" , valorizzando la serietà e l'impegno dimostrato dagli studenti e dai professori-studenti. Molte altre sono state le iniziative ideate ed organizzate dal laboratorio "Papà Cervi", come incontri culturali con la partecipazione di insegnanti ( come il prof. Maurizio Leva dell'Università "Sedes Sapientiae" di Lima), di artisti, o come la fondazione della biblioteca "Javier Heraud", adiacente alla stanza delle lezioni.
 
Seguendo passo passo l'evolversi di quest'esperienza, ed essendomi recata ad estati alterne nel carcere "Castro Castro" di Lima ad insegnare italiano e latino nel laboratorio "Papà Cervi", ho avvicinato un mondo inaspettato, carico di energie positive e ricco di esempi di collaborazione e dignità.
Attraverso gli esercizi a cui sottoponevo gli alunni, i dialoghi per ampliare la conoscenza e la fruizione dei vocaboli, la correzione dei loro elaborati, ho percepito la difficile realtà in cui molti di loro sono vissuti, il loro desiderio di riscatto, la volontà di apprendere, migliorarsi e rendersi utili alle loro famiglie.
 
Mi hanno accolta con atteggiamenti di rispetto e di attenzione, da tutti ho ricevuto affetto, amicizia e gratitudine.  
Ho sperimentato così il valore del laboratorio, come la coerenza morale, la capacità di combattere le brutture di un sistema carcerario oppressivo, l'assimilazione e la condivisione di valori coltivati attraverso l'impegno e la cultura.
 
Purtroppo in queste ultime settimane dal Congresso del Perù sono state prese decisioni che aggravano la posizione dei prigionieri politici, non considerati più degni di accedere ai benefici penitenziari previsti dalla legge. Anzi, senza preavviso ed in modo arbitrario, il 14 ottobre, dieci di loro sono stati trasferiti in un altro supercarcere di massima sicurezza, quello di Piedra Gorda.
Tra loro c'era Emilio Villalobos Alva, che ha dovuto interrompere la sua attività al servizio dei compagni.
Pare che alcuni laboratori siano stati smantellati e che il clima si sia fatto oppressivo ed intimidatorio: nonostante si predichi da parte delle autorità di spirarsi a principi di "reinserimento" e di "rieducazione" dei carcerati, si tende a punire e a colpire.
 
Non è facile spiegare la complessa situazione di un paese difficile come il Perù.
Mi era stato detto, a proposito della figura dell'ex presidente Fujimori, ammirato da molti in quanto abile nello "sconfiggere il terrorismo", ma attualmente condannato a causa di violazioni dei diritti umani:" Qui non è come in Europa: si può uccidere per fame o con le pallottole, è la stessa cosa."
Io penso che si tenta anche di uccidere togliendo la speranza e impedendo di nutrire la mente con interessi culturali e l'animo con valori morali.
 
* insegnante d’ italiano presso il penale di Castro Castro in Perú