\\ : Articolo : Stampa
Deriva autoritaria in Perú. Fino a quando Alan García sarà libero di calpestare impunemente lo Stato di Diritto?
Di Annalisa (del 03/11/2009 @ 09:59:01, in Perù, linkato 1235 volte)

Alan Garcia

 
In Perù una recente legge promulgata dal presidente della Repubblica Alan García e approvata in tempi record  dalla maggioranza del Congresso,   ha improvvisamente cancellato gran parte dei benefici carcerari di cui godevano tutti i prigionieri politici che da decenni ormai stanno marcendo lentamente (o morendo congelati a seconda di dove sono rinchiusi) nelle carceri del paese.
 
I benefici, che erano stati concessi nel 2003    tramite il Decreto Legislativo n. 927 ai carcerati con condanne per  “terrorismo” e “tradimento alla Patria”,   riguardavano la riduzione di pena per il lavoro svolto, l’educazione, il regime di semilibertà e la libertà condizionale.
 
La mano pesante di Alan García ha riscosso ampio consenso sia sulla  maggior parte dei mezzi di comunicazione, in mano all’oligarchia conservatrice del paese, che nell’opinione della  gente comune. Questo  si spiega con le polemiche che si erano accese nelle settimane scorse  rispetto al dibattito sulla  partecipazione alla vita sociale e politica degli ex guerriglieri del movimento armato ormai smobilitato Túpac Amaru. Polemiche inaspritesi ulteriormente dopo la pubblicazione, circa un mese fa, del libro “de puño y letra” di  Abimael Guzmán, leader di Sendero Luminoso attualmente in carcere (12 persone legate alla pubblicazione di questo libro sono attualmente indagate per apologia di terrorismo).
 
Evidentemente non si tratta soltanto di questo. In Perú il  fujimorismo è tutt’altro che morto  dopo la sentenza che ha condannato l’ex dittatore giapponese a 25 anni di carcere per violazioni dei diritti umani. Serpeggia nemmeno tanto celatamente in tutto  un importante settore della società, quello appartenente all’alta imprenditoria, vincolato con i vertici cattolici e le Forze Armate e che si ritrova  riunito adesso nel partito Alianza por el Futuro, ma soprattutto in  Fuerza 2011,  guidato dalla figlia di Fujimori, Keiko,  che risulta oggi nei sondaggi possibile vincitrice nelle prossime elezioni presidenziali del 2011.
 
Keiko Fujimori si sta battendo tra l’altro e sta cercando alleanze proprio  per far uscire quanto prima dal carcere suo padre. Lo stesso presidente della Commissione di Giustizia del Congresso, Rolando Sousa, parla addirittura  di quella  che secondo lui sarebbe una vera ingiustizia e cioè il fatto che i membri delle Forze Armate che si trovano attualmente in  carcere (condannate quindi per massacri, sparizioni forzate o esecuzioni extragiudiziali per esempio) non godano, a differenza dei detenuti politici (che hanno combattuto e lottato contro quella che è stata ormai all’unanimità considerata come una dittatura) di alcun beneficio carcerario.
 
“Da oggi non è più così” ha concluso commentando la nuova legge e segnalando il fatto che con essa si vuole evitare che si vadano a  incrementare le fila del terrorismo con la liberazione “di sovversivi che ottengono la libertà grazie alla libertà condizionale e al 7 per 1” (un giorno di libertà per ogni sette di lavoro).
E infatti è con sorprendente velocità che gli ex  tupamaru Jaime Castillo Petruzzi, Elmer Ramírez Palacios, Fernando Martin Morales Ponce, Rider Arévalo López, Abraham Guizado Ugarte ed Emilio Villalobos Alva, che stavano scontando pene comprese tra i 14 e i 18 anni nel carcere di Castro Castro,  sono stati improvvisamente trasferiti al carcere di massima sicurezza di Pietras Gordas. Ed è con  sorprendente velocità inoltre che sono stati cancellati tutti i laboratori di manualità e i corsi di studio dei quali potevano beneficiare questi ed altri detenuti.
 
Il ministro della giustizia Aurelio Pastor,  ha rilasciato una dichiarazione secondo la quale i detenuti sarebbero stati trasferiti in modo da non avere più nessun contatto con l’esterno. Essendo un carcere di massima sicurezza il regime vigente è diverso dal precedente ed inoltre trovandosi ad oltre 50 chilometri da Lima è più difficile per i familiari dei detenuti mantenere una continuità nelle visite.
Giorni fa inoltre non è stata concessa la libertà condizionale ad Alberto Gálvez Olaechea, ex dirigente del MRTA, che ha già scontato 20 anni di prigione pur non avendo mai ucciso un uomo, che in carcere ha vinto un premio letterario e che ha dimostrato sempre un’ottima condotta e volontà di reintegro alla vita sociale del paese.
 
Tutto questo accade mentre il quotidiano Republica pubblica un editoriale secondo il quale l’ex dittatore Fujimori nel carcere dove si trova  rinchiuso dopo la recente condanna è libero di scegliersi il personale di sorveglianza di sua fiducia (con il rischio quindi di sue possibili fughe) e di passeggiare e coltivare rose al di fuori della zona a lui destinata.
Quanto sia strumentale ad altri fini questa criminalizzazione che si fa degli ex prigionieri politici è evidente se si tiene in considerazione il fatto che non si è  mai stato registrato  un solo caso di prigioniero politico uscito dal carcere  che abbia ripreso la via della lotta armata. Anzi, soprattutto nel caso di quelli che sono appartenuti all’MRTA, a partire dal loro leader Victor Polay,  hanno pubblicamente manifestato in varie interviste che tale opzione non è più accettabile per il ripristino della giustizia e della democrazia partecipativa nel loro paese.
 
Il terrorismo, o meglio il narcoterrorismo resta quindi  il grande spauracchio del Perù di Alan García, che come il suo omologo colombiano Álvaro Uribe, sta investendo in questa battaglia  una quantità sproporzionata di uomini, mezzi e risorse. Questo sebbene  non vi siano avvisaglie di una recrudescenza importante del fenomeno,  sebbene sia abbastanza evidente che quei pochi e isolati attentati che si sono verificati in questi ultimi mesi abbiano a che fare più con il narcotraffico (molto sviluppato nella regione del VRAE, Valle dei fiumi  Apurímac e Ene, una delle più povere e dimenticate del paese) e la criminalità organizzata  e sebbene sia sempre più evidente che la crescente militarizzazione del paese e la criminalizzazione di ogni forma di dissenso o di attività politica organizzata di sinistra o  che faccia riferimento per esempio ad altri movimenti antimperialisti  latinoamericani,  stia  ormai raggiungendo  livelli veramente preoccupanti.
 
I militanti del movimento Patria Libre, che sta raccogliendo firme per la sua presentazione alle prossime elezioni presidenziali del 2011 e che tra le sue fila raccoglie molti ex emerretisti, non  passa giorno che non vengano discreditati o additati su stampa e televisione come terroristi o  come un pericolo per la stabilità del paese.
 
Ricordiamo inoltre emblematico  il caso di Roque Gonzáles La Rosa, ex militante del MRTA e membro del Coordinamento Continentale Bolivariano che fu arrestato in Perù nel febbraio del 2008 insieme ad altre 6 persone, tra le quali la poetessa Melissa Patiño, mentre faceva ritorno  dal II congresso della CCB che si era svolto a Quito, con accuse gravissime quali vincoli con le FARC e tentata ricostituzione del MRTA con lo scopo di effettuare attentati terroristi nel suo paese. Per lui, che in carcere per la sua militanza nel MRTA aveva già scontato ben 8 anni, tali accuse, mai provate, hanno significato  altri 8 mesi di carcere e un processo ancora in corso.
 
Ma nemmeno Abimael Guzmán leader indiscusso del Partito Comunista del Perú – Sendero Luminoso, ci sta ad essere strumentalizzato nella guerra senza quartiere di Alan García contro il narcotraffico.
Dalla  base navale del Callao, il carcere militare dove è rinchiuso dal 1992 giorno del suo arresto, fa sapere attraverso un comunicato diffuso dai  militanti senderisti agli arresti,   che lui e Sendero Luminoso  nulla hanno a che vedere con il gruppo armato che sta spadroneggiando nel VRAE, trattandosi di  “un gruppo di mercenari che obbediscono ai propri interessi personali e non a quelli del popolo”.
Auspica Guzmán  inoltre, una soluzione politica, un’amnistia generale e una riconciliazione nazionale, che se pure si era tentata con quell’ imponente lavoro di studio e analisi della guerra civile nel paese tra il 1980 e il 2000  che ha compiuto la Commissione di Verità e Riconciliazione, nei fatti e soprattutto nella coscienza collettiva del paese è ben lontana dall’essere raggiunta.
Le stesse istituzioni  governative con la proposta e l’approvazione della legge che cancella i benefici carcerari ai prigionieri politici stanno violando e venendo meno a quanto indicato loro dalla stessa Commissione di Verità e Riconciliazione, (nominata proprio dal governo nell’anno 2003 proprio per far luce sul conflitto armato nel paese),  quando questa segnala nella relazione finale che: “l’opinione pubblica in generale, non mostra un interesse positivo per la sorte di coloro che si trovano in carcere. C’è un’idea molto diffusa della pena come un castigo che va a esasperarsi  quando si tratta di delitti molto gravi. Spesso si odono espressioni estremamente dure che rivelano poca disposizione a  comprendere un fenomeno complesso come questo. Nel caso dei prigionieri per reati connessi con il  terrorismo, i crimini ai quali hanno partecipato e l’angoscia che hanno seminato nel paese,  sono presenti nella memoria della gente a tal punto che questa guarda con compiacenza le severe restrizioni al diritto. Nonostante questo è obbligazione dello Stato di Diritto restituire diritti fondamentali compatibili con la reclusione e trasmettere alla cittadinanza un’idea più corretta della vita in carcere, specialmente di quella vissuta e che ancora vivono i circa 2mila carcerati accusati di terrorismo”.
Alan García, ancora una volta invece, lo Stato di Diritto continua a calpestarlo, dopo averlo fatto impunemente durante il suo primo mandato  presidenziale (1985-1990), già sotto accusa da numerosi organismi internazionali per le ripetute violazioni dei diritti umani commesse.