Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
“Tante coccole!!”: Tinky Winky, così se potesse, rigrazierebbe sorridente con la borsetta sotto il braccio, Ewa Sowinka, responsabile del governo polacco per i diritti dei bambini che ha fatto nei giorni scorsi dietro-front sulle accuse che aveva mosso al tenero pupazzetto dei Teletubbies di essere gay.
Si è trattato di un dietrofront alquanto imbarazzato visto che appena poche settimane prima lei stessa aveva dichiarato di voler far psicanalizzare i Teletubbies perché uno di essi, appunto Tinky Winky “potrebbe propagandare l’omosessualità ai bambini”.In quell'occasione aveva aggiunto inoltre la Sowinka ”Si tratta di una specie di cartone simpatico e innocuo. Non mi ero però accorta che il protagonista Tinky Winky, porta con sé sempre una borsetta rossa pur essendo un maschio. All’inizio pensai che la borsetta potesse essere una caratteristica di questo personaggio, dopo ho capito che poteva avere un messaggio omosessuale nascosto. Rischia di mandare un messaggio sbagliato ai bambini.”
E così la decisione, poi fortunatamente abbandonata, della parlamentare polacca di affidare ad un’equipe di psicologi il compito di stabilire le reali tendenze sessuali del povero Tinky Winky.... Continua a leggere...
“Morire avvelenati dal made in China è l’ultima versione del “pericolo giallo”, la più inquietante.... I milioni di Barbie e Batman ritirati dalla circolazione per la vernice al piombo che può intossicare i bambini occidentali...Prima era un dragone in grado di divorare interi settori industriali dei paesi ricchi. Ora è in gioco un bene perfino più prezioso, la nostra salute e quella dei nostri figli...Scopriamo con orrore che i “terzisti” cinesi ingaggiati dalla Mattel o dalla Nike sono spesso pirati del capitalismo, criminali che non esitano a sacrificare vite umane per arricchire i loro conti offshore nei depositi esentasse di Hong Kong.”
Così scriveva quest’estate Federico Rampini sulle pagine de La Repubblica del 15 agosto, commentando la notizia del ritiro di 18 milioni di giocattoli Mattel dal mercato.
Questi erano i toni di tutto l’articolo, che chiudeva con una lapidaria conclusione: “Il suicidio del boss dell’impresa Lee Deer, colpevole di aver esportato giocattoli tossici, può diventare un sinistro presagio della sorte che toccherà un giorno al regime cinese, se si ostina a rifiutare le riforme politiche”.
Effettivamente allora, questo grido al “pericolo giallo” mi sembrò un tantino esagerato, soprattutto perchè il vero nocciolo della questione veniva gettato lì in un rigo solo: “Le Multinazionali occidentali vi hanno colto un’opportunità”.
Le multinazionali occidentali hanno colto da sempre infatti un’opportunità per far soldi e trarre enormi profitti approfittando di situazione economiche e sociali che lasciano spazio allo sfruttamento più bieco e infimo, quello della mano d’opera.... Continua a leggere...
Per parlare di Pace non si può non parlare di guerra e si conoscerà la Pace e si ripudierà la guerra solo se saremo informati sulle guerre. Il “mio” premio Nobel della Pace lo conferisco “al giornalista ucciso nello svolgimento della sua professione”. E penso a Brad Will, Anna Politkovskaja, Ilaria Alpi, Hrant Dink, Enzo Baldoni, al giornalista giapponese ucciso in Birmania poche settimane fa e ovviamente a tanti altri meno conosciuti. A loro il mio debito morale perchè sono morti per darci uno strumento fondamentale di ripudio della guerra: l’informazione.
La difesa dell’ambiente è importante, il cambiamento climatico è un problema urgente ed è giusto che la soluzione venga trovata urgentemente, ma la soluzione non può essere un premio Nobel. C’è un protocollo al quale circa 170 paesi del mondo hanno aderito per la soluzione di un problema comune. Gli Stati Uniti, l’Australia e il Kazakistan no. Perchè più coerentemente non applicare le sanzioni internazionali ai paesi che non contribuiscono a salvare l’ambiente?
E siamo qui, come in una distesa sempre più buia
spazzati da allarmi confusi di lotta e di fuga,
dove eserciti ignoranti si affrontano nella notte.
(Dover Beach, Matthew Arnold)
L’anno scorso proprio in questo periodo nel quartiere romano nel quale vivo accadeva un grave episodio che ebbe vasta eco su stampa e televisione.
Una banda di incappucciati in pieno pomeriggio davanti alla scuola elementare effettuò una “spedizione punitiva”, come fu definita qui in zona, in un bar abitualmente frequentato da rumeni, picchiandoli a sangue sul marciapiede tra i bambini spaventati che uscivano da scuola e le vecchiette con le buste della spesa. Il bar fu distrutto e dato alle fiamme.
E’ passato un anno e oltre alla presenza di un posto di polizia mobile purtroppo nulla è stato fatto da parte degli enti e degli organi preposti per rendere vivibile un quartiere già penalizzato da anni di abbandono istituzionale.... Continua a leggere...
22 Febbraio 2008
Stasera su Porta a Porta è stata fatta disinformazione a livelli tanto gravi da chiuderne la trasmissione se avessimo uno stato culturalmente preparato.
- Si è associato il disagio giovanile con Internet. - Si è parlato di blog come qualcosa di folle che fanno solo i ragazzini. - E’ stato affermato più volte e da più ospiti che i blog sono scritti da ragazzi affetti da problemi di personalità multipla. - Che i blog e le perversioni sessuali sono strettamente collegati. - E’ stato fatto intendere che le ragazze che hanno un blog sono al primo passo verso la prositutizione. - Hanno equiparato myspace a un luogo di esibizionisti con gravi problemi (facendo vedere la pagina della presunta assassina Amanda Knox), ma poi qualcuno ha affermato che myspace è un sito “legale”… Come dire che gli altri non lo sono…... Continua a leggere...
Marco Carmisani Calzolari autore di questo post, ed altri illustri blogger hanno inviato una lettera a Bruno Vespa protestando per la sua trasmissione del 21 febbraio scorso nella quale i blog e internet in generale venivano dipinti come un ricettacolo di delinquenza e prostituzione, con tanto di parere della sessuologa ...
La lettera si può leggere qui.
Enrico Ingrassia, 57 anni; suo figlio William Ingrassia di 33 anni; il genero di Ingrassia, Gaetano Belfiore, di 25 anni.
I primi due della provincia di Campobasso, l’altro di Lucera, Foggia.
E’ bene che questi nomi circolino, che si conoscano, che la gente, quanta più gente possibile, sappia quello che questi tre italianissimi animali facevano.
Enrico Ingrassia era titolare di un circo, il circo “Marino”, dove si svolgevano spettacoli al limite dell’orrore.
I tre sono finiti in carcere alla fine di marzo,in quanto, con la complicità della moglie di Gaetano Belfiore (la giovane figlia di Enrico Ingrassia) e di due cittadini bulgari che sono stati denunciati a piede libero, tenevano in schiavitù una famiglia bulgara in condizioni disumane. Una famiglia , giunta clandestinamente in Italia e finita a lavorare nel circo “Marino”, composta da due ragazze e i loro genitori.
Due ragazze di 16 e 19 anni costrette a restare immobili mentre gli venivano rovesciati addosso serpenti vivi e ogni genere di animali ripugnanti, oppure costrette a restare immerse nell’acqua gelida di una vasca circondate da piranha, resi per fortuna inoffensivi dalla bassa temperatura dell’acqua.
E’ inevitabile e doveroso oggi, all’indomani del risultato elettorale, interrogarsi sul proprio ruolo, sul proprio posto nella società, su quello che ad essa si chiede e su ciò che si è disposti a dare.
Lo faccio e mi trovo più confusa che mai. Ma non è confusione data da incertezza, per carità . E’ solitudine. Quel guardarsi intorno e rendersi conto che nessuno ha da offrirti, o è nelle condizioni di poterlo fare, quello che tu chiedi e a nessuno ti senti più di concedere le tue energie, le tue risorse.
Sono questi i miei sentimenti oggi. E’ questo che mi ha lasciato il “voto utile”. Mi ha lasciato una grande amarezza aver votato solo per non far tornare Berlusconi. Un voto sterile, senza entusiasmo, senza crederci, un voto senza bandiera. che alla fine si è dimostrato anche un voto inutile.
Un voto che oggi lascia un senso di solitudine. Perchè io nel PD non ci credo e non ci ho mai creduto. Perchè per me la sinistra ha il colore rosso del fuoco vivo e non le tinte sbiadite dai ripetuti lavaggi dei compromessi. Perchè per ,me la guerra è sempre stata senza se e senza ma; perchè io gli americani non ce li voglio, nè a Sigonella, ma nemmeno a Vicenza; perchè ho combattuto una volta per il nucleare e non ho intenzione che quel referendum, al quale nel mio piccolo ho lavorato, venga rimesso in discussione; perchè per me l’aborto è un diritto della donna e non posso credere che la “mia” sinistra possa pensare di governare un paese insieme a chi nel nome di Dio o di un cristo qualsiasi vada in giro a criminalizzare chi decida di usufruire di una legge che già troppe battaglie è costata.
Mi sento senza una casa, ecco. Ma è un viaggio senza meta iniziato da molto tempo e non so fino a che punto questo coincide, come spesso mi sento dire, con la maturità, con gli innumerevoli impegni, con i figli e i problemi quotidiani di ogni giorno che a volte ti tolgono anche la forza di pensare e di immaginare un futuro migliore.... Continua a leggere...
Si respira nel paese un clima pesante di violenza. Una violenza che a volte germina e trova terreno fertile in una sottocultura fatta di simboli e immagini che ci riportano prepotentemente indietro di decenni.
Svastiche e immagini di Hitler e Mussolini nel computer di un quattordicenne che è accusato di aver seviziato, bruciandogli anche i capelli, un coetaneo; un ragazzo ammazzato di botte a Verona da cinque nazifascisti. Questi sono solo gli ultimi due episodi in ordine di tempo sui quali si impone una riflessione. Tanto più urgente dal momento in cui sembra trattarsi di fenomeni nei quali si può parlare di atteggiamenti maturati in seno a famiglie consapevoli e complici. Famiglie che hanno dissoluto il loro ruolo educativo delegandolo al branco, alla televisione, a internet. Libri e quaderni contro playstation e televisione, il tempo lento della riflessione sulla parola scritta contro la velocità dell’immagine. E la cultura, un tempo sogno e illusione, desiderio e speranza, oggi appare sempre più lontana, tanto lontana quanto la memoria della storia del nostro Paese. ... Continua a leggere...
“Mi raza”. L’humanismo martiano contro gli odi di razza
di Alessandro Badella
La drammatica situazione dei rapporti inter-culturali e inter-etnici, che in questi giorni ha riempito i tg e i giornali, chiaramente esige una riflessione positiva, ovvero una proposta di superamento delle barriere che vengono innalzate nel conflitto tra “l’io” ed “l’altro”. Premetto che, mediamente, il tasso di sopportazione del prossimo è giunto ai minimi storici. Specie se “l’altro” ha la pelle diversa dallo standard (parola ignobile, ma rende l’idea) nazionale.
Quindi, vorrei tentare un piccola comparazione storica. Nella Cuba di fine Ottocento si poneva un problema razziale proprio come nell’Italia di un secolo dopo: che fare dei 520,000 neri (afro-cubani figli degli schiavi importati dagli spagnoli)?[1] Come inserirli all’interno della società post-coloniale? Anche all’epoca era stato lanciato un dibattito molto serrato sulla cubanidad, la cubanità: chi era il vero cubano? Gli afro-cubani potevano esserlo?... Continua a leggere...
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