La notizia che il presidente venezuelano Hugo Chávez avrebbe offerto l’isola di La Orchila come base d’appoggio a bombardieri russi è rimbalzata nei giorni scorsi sulla cronaca internazionale di tutti i nostri maggiori quotidiani accompagnata da titoli inquietanti.
Per un momento il pensiero è riandato alla Crisi dei Missili del1962, quando in seguito all’invasione della Baia dei Porci, Fidel Castro chiese e ottenne dall’ Unione Sovietica l’installazione di missili nucleari a Cuba. Il 22 ottobre di quell’anno, Kennedy informò gli Stati Uniti e il mondo intero della presenza dei missili sovietici sull’isola, allora tutti pensarono per un momento che si stesse arrivando a un terzo conflitto mondiale. Kennedy definì l’installazione dei missili ”un cambiamento nello status quo, deliberatamente provocatorio e ingiustificato” (facendo finta di dimenticare la Baia dei Porci di qualche mese prima).
Bombardieri russi a Cuba e in Venezuela - Riprendono i voli a lungo raggio come nella “Guerra fredda”, Mosca sfida Obama.
Questo il titolo di la Repubblica del 15 marzo 2009, con tanto di cartina e distanze chilometriche tra Caracas e Miami e la scheda tecnica dei bombardieri TU-160, gli aerei con testate atomiche che “hanno autonomia per poter raggiungere le coste Usa”.
Assolutamente non pensiamo che Omero Ciai sia così sprovveduto da ignorare che la situazione attuale è completamente diversa da quella della Crisi dei Missili di Cuba. Stati Uniti e Russia fondamentalmente collaborano sullo scacchiere mondiale, la Russia addirittura ha consentito la condivisione con l’aviazione statunitense delle sue basi in Kazakistan e Uzbekistan per la guerra contro l’Afghanistan.
Evidentemente la Repubblica confida sull’ignoranza dei suoi lettori e approfitta di un’ottima occasione per demonizzare quel “Venezuela chavista” il cui cammino “vuole assomigliare sempre di più a quello cubano degli anni Sessanta”. Addirittura a Palazzo Miraflores, secondo Omero Ciai ci sarebbe “tanta nostalgia del mondo com’era prima dell’Ottantanove”. Un po’ grossa questa. Prima e durante l’Ottantanove il Venezuela era affamato da governi neoliberali che saccheggiavano le immense risorse del paese seguendo fedelmente le direttive del FMI e fu proprio un giorno di febbraio dell’Ottantanove, precisamente il 27, che una grande protesta popolare contro il governo di Carlos Andrés Pérez fu repressa con il sangue, provocando migliaia di morti. No, non credo proprio che il Venezuela chavista abbia tanta nostalgia di quegli anni...
Tutto torna utile, anche far credere, (scambiando maldestramente il piano propriamente economico con quello politico), come fa Omero Ciai a conclusione del suo articolo, che l’annuncio della disponibilità dell’isola de La Orchila ai bombardieri russi sia stato fatto coincidere con la visita del presidente brasiliano Lula alla Casa Bianca perchè “nell’agenda di Lula c’è il desiderio di convincere gli Usa a comprare più petrolio della sua Petrobras piuttosto che dalla Pdvsa venezuelana”. Ovvio. Com’è ovvio che i differenti accordi economici che gli stati possono stipulare tra loro non ha nulla a che vedere con le alleanze politiche fra gli stessi. E’ noto che politicamente i governi latinoamericani, salvo alcune eccezioni come per esempio la Colombia e il Perú hanno raggiunto in questi ultimi anni un’integrazione politica che nulla a che vedere con gli accordi commerciali che essi stabiliscono autonomamente con altri paesi.
Ma oltre a quello che si dice o si scrive è sicuramente importante anche quello che si dovrebbe dire e scrivere e invece si omette. Perchè per esempio Omero Ciai evita di ricordare (e nel contesto dell’articolo sarebbe stato opportuno) che già da quasi un anno gli Stati Uniti hanno riattivato la loro IV flotta nelle acque dei Caraibi e dell’America del Sud? Un ritorno in grande stile dopo circa 60 anni di inattività, cioè dal 1950, quando fu disattivata dopo il secondo conflitto mondiale. Un ritorno che è seguito di poco all’attacco colombiano, coadiuvato dall’aviazione statunitense, al campo delle FARC a Sucumbíos, in Ecuador e alla crisi regionale gravissima che scaturì da quell’episodio.
Un ritorno coinciso tra l’altro anche con la decisione dell’Ecuador di non rinnovare la concessione per la base aerea di Manta, che è stato l’avamposto nella regione per l’attuazione del Plan Colombia.
Quindi una presenza di una base russa che sia in Venezuela o a Cuba, come fa intendere Omero Ciai non sarebbe già come nel 1962 “un cambiamento nello status quo, deliberatamente provocatorio e ingiustificato” come disse Kennedy allora a proposito dello schieramento dei missili sovietici sull’isola, ma piuttosto un tentativo più che legittimo di riequilibrare la presenza militare straniera nella regione.
Tanto è vero che nel mondo la notizia è passata inosservata, perfino negli Stati Uniti. Solo Omero Ciai e la Repubblica ne hanno tratto le loro del tutto personalissime conclusioni.