\\ : Articolo : Stampa
La incredibile e triste storia dei fratelli Cerezo
Di Annalisa (del 18/02/2009 @ 00:04:47, in Messico, linkato 2235 volte)

I fratelli Cerezo, detenuti nel Centro di Rieducazione Sociale di Atlacholoaya, Morelos, in Messico, sono stati liberati ieri, 16 febbraio 2009, dopo aver scontato una condanna a  sette anni e mezzo di reclusione con   le false accuse di terrorismo, associazione a delinquere, possesso di armi ed esplosivi e criminalità organizzata.
 
La loro storia ha quasi dell’incredibile ed è emblematica dei metodi di giustizia sommaria tutt’ora vigenti in Messico. Antonio, Héctor e Alejandro Cerezo, insieme a Sergio Galicia, un indigeno nahuatl (liberato pochi mesi dopo l’arresto)   e a Pablo Alvarado,  furono arrestati il 13 agosto del 2001 e accusati di essere i responsabili delle esplosioni avvenute l’8 agosto dello stesso anno  in tre banche Banamex a Città del Messico. 
 
Alejandro fu rimesso in libertà, con piena assoluzione,   dopo tre anni e mezzo di detenzione, il 1 marzo del 2004.
Il 13 agosto del 2006 viene rimesso in libertà invece Pablo Alvarado, dopo 5 anni di carcere ingiusto, il quale in una conferenza stampa rilasciata dopo la sua scarcerazione ha denunciato pubblicamente di essere stato costantemente oggetto di torture e maltrattamenti durante tutto il periodo di detenzione.
 
Agli altri due fratelli Cerezo, Héctor e Antonio,   fu  confermata invece la condanna a sette anni e sei mesi di reclusione, sebbene ci fossero state fin dal primo momento  prove evidenti della loro innocenza e  sebbene le accuse fossero le  stesse anche per gli altri indagati successivamente rilasciati. Va rilevato inoltre che gli attentati del 2001 furono rivendicati dalle Forze Armate Rivoluzionarie del Popolo (FARP) attraverso un comunicato trasmesso ai media.
 
Al momento del loro arresto, i fratelli Cerezo, erano poco più che ventenni, tutti studenti dell’Università Nazionale Autonoma del Messico. Dal carcere hanno continuato a seguire i loro studi, mentre da  più parti della società civile messicana si sono levati in questi anni appelli e proteste per la loro  liberazione  in quanto il loro arresto si sospetta sia stato  un atto di intimidazione e di ricatto rivolto ai veri obiettivi delle forze di Pubblica Sicurezza e cioè i loro genitori: Emilia Contreras Rodríguez y Francisco Cerezo Quiroz, membri dell’  Esercito Popolare Rivoluzionario  (EPR), latitanti da anni  e che almeno dal 1990 non hanno più nessun contatto con  i loro figli, se non epistolare,  essendo partiti un bel giorno, “per non si sa dove” dice Alejandro.
 
Secondo il CISEN (Centro di Investigazione e Sicurezza Nazionale) Francisco Cerezo Quiroz sarebbe uno dei massimi dirigenti del EPR ed è proprio per questo che i suoi figli sono stati sempre tenuti sotto stretto controllo dai servizi di sicurezza messicani anche precedentemente al loro arresto.
 
Alejandro nel 2002 scrisse una lettera ai suoi genitori, pubblicandola in internet. Qualche mese dopo, “da un luogo qualsiasi  della Repubblica Messicana” essi risposero: “Toño, ... ci dici che non dobbiamo sentirci responsabili per il vostro sequestro, ed hai ragione figlio mio, nonostante tutto lo siamo perchè lo Stato, mantenendovi come prigionieri vi sta giudicando perchè noi, mamma e papà, abbiamo trascorso circa metà delle nostre vite solidarizzando con molte delle cause legittime e nobili del nostro popolo e per questo siamo perseguitati, al fianco dei più deboli, degli indigeni, degli operai e dei contadini”.
 
Emilia nella lettera, chiede “resistenza”  ai suoi figli, specialmente ad Antonio ed  Héctor che hanno pagato più duramente degli altri l’impegno politico dei loro genitori.   In carcere sono stati torturati fisicamente e psicologicamente come è stato più volte denunciato da varie organizzazioni per la difesa dei diritti umani e dall’Organizzazione Mondiale Contro la Tortura che, rallegrandosi oggi per la loro liberazione,   esprime tuttavia profonda preoccupazione per la situazione legale e per la sicurezza e l’integrità personale delle altre persone che si trovano ingiustamente detenute nelle prigioni messicane.