Foto: Luigino Bracci
A Caracas, nell’ultima settimana di marzo, si sono svolti contemporaneamente due incontri di significato diametralmente opposto e che hanno avuto come tema centrale la libertà di stampa e l’influenza che i media hanno nella vita sociale e politica dell’America Latina.
Si è tenuta infatti sia la riunione semestrale della Sociedad Interamericana de Prensa (SIP), che raggruppa editori e rappresentanti dei maggiori mezzi di comunicazione degli Stati Uniti e dell’ America Latina, fortemente critica con i governi progressisti della regione, e particolarmente con quello venezuelano, sia il primo convegno “latinoamericano contro il terrorismo mediatico” che questi governi subiscono da parte dei mezzi privati di comunicazione in un contesto più ampio di strategia al servizio delle grandi potenze e dei poteri economici organizzato dal Foro Latinoamericano e dall’Agenzia Bolivariana de Noticias (ABP) al quale hanno partecipato operatori della comunicazione e giornalisti di oltre 14 paesi.
La Sociedad Interamericana de Prensa, “il braccio giornalistico del governo americano” come la definisce il giornalista cileno e segretario esecutivo della Federación Latinoamericana de Periodistas (FELAP), Ernesto Carmona, ha ovviamente denunciato in questa riunione, come fa da tempo ormai, le presunte violazioni alla libertà di stampa commesse da parte del governo di Hugo Chávez.
Un paradosso, come lo stesso Chávez ha tenuto a sottolinerare: “condannano il Venezuela per le violazioni della libertà d’espressione dalla stessa Caracas dove affermano che si vive sotto dittatura”.
Ricordiamo che la stessa SIP lo scorso anno, consegnò il Premio alla libertà di Stampa , a Marcel Granier, l’imprenditore venezuelano proprietario dell’emittente RCTV alla quale il Venezuela non rinnovò la licenza alla sua scadenza e che ebbe parte attiva nel golpe dell’aprile 2002 contro il presidente Chávez.
Il quarto potere è esercitato dagli Stati Uniti e dalle grandi multinazionali che controllano i mezzi di comunicazione in America latina proprio attraverso la Sociedad Interamericana de Prensa alla quale sono legati gruppi oligarchici della regione che a loro volta controllano la stampa nei loro rispettivi paesi.
Come riferisce Ernesto Carmona, “uno sguardo ai nomi che compongono il direttivo della SIP” semplifica la comprensione di quanto sopra affermato.
La direzione amministrativa della società è in mano a sette persone, di cui cinque sono proprietari di quotidiani statunitensi e solo due sono latinoamericani, dei quali uno, il direttore esecutivo, con scarsa voce in capitolo è un cileno, Julio Muñoz Mellado, l’altro, che invece occupa la vicepresidenza della SIP, è un nome noto. Si tratta infatti del colombiano Enrique Santos Calderón . La sua famiglia, oltre ad essere proprietaria di El Tiempo, il quotidiano più diffuso in Colombia, ha due rappresentanti anche nel governo, che sono Francisco Santos Calderón, cugino di Enrique e Juan Manuel Santos Calderón, il fratello di Enrique , rispettivamente vicepresidente e ministro della Difesa del paese.
La Sociedad Interamericana de Prensa, si avvale nella regione dell’appoggio di gruppi locali imprenditoriali, legati al mondo della comunicazione, spesso vincolati alla destra più conservatrice e reazionaria dei singoli paesi, la quale a sua volta mantiene stretti legami con la destra europea, particolarmente quella spagnola.
Il caso di Marcel Granier è emblematico in questo senso. Può ancora nel suo paese, in Venezuela, dove ha apertamente appoggiato un colpo di Stato, applicando tecniche di terrorismo mediatico dalla sua emittente RCTV, prendere parte alle riunioni della SIP dove esprimere quanto appreso al convegno dei neo-con ultraliberisti che si era tenuto qualche giorno prima a Rosario in Argentina presieduto da Mario Vargas Llosa e dove hanno preso parte ovviamente José María Aznar e quasi tutti gli ex presidenti latinoamericani legati alla destra e al neo-liberismo, dal messicano Vicente Fox al salvadoreño Francisco Flores, dall’ecuadoriano Osvaldo Hurtado al boliviano Jorge “Tuto” Quiroga.
Contro il terrorismo mediatico, portato avanti dalla SIP in America Latina, secondo questa direttrice che, dagli Stati Uniti non casualmente passa attraverso la famiglia Santos e quindi la Colombia, ha avuto grande successo a Caracas, nel Centro de Estudios Latinoamericanos Rómulo Gallegos (Celarg), ad appena un isolato di distanza dal grande Hotel Caracas Palace, dove era riunita la SIP, la denuncia che è stata fatta contro quello che Freddy Fernández direttore di ABN ha definito “l’uso dei mezzi di comunicazione come armi politiche contro alcuni governi della regione”. Una denuncia quindi, contro il tentativo, da parte di potenti gruppi economici e finanziari, di destabilizzare, nella logica di un conflitto a bassa intensità, i governi dei paesi che si stanno lentamente affrancando dal dominio economico, politico e militare del Nord.
Nella Dichiarazione di Caracas che è scaturita da questa denuncia, viene chiesto a tutti i capi di Stato dell’America Latina e dei Caraibi di includere il tema del terrorismo mediatico nei vertici internazionali, dal momento che, è segnalato nel testo “il terrorismo mediatico è la prima espressione e condizione necessaria del terrorismo militare ed economico che il Nord industrializzato utilizza per imporre all’Umanità la sua egemonia imperiale e il suo dominio neocoloniale”.
La condanna, oltre che alla Sociedad Interamericana de Prensa è stata estesa anche a quei gruppi come Reporter senza frontiere che “rispondono ai dettami di Washington nella falsificazione della realtà e nella diffamazione globalizzata” (e che ammette apertamente di essere finanziata dal governo statunitense a questo scopo) ma anche però all’Unione Europea, che compie questo ruolo rispondendo a vecchie alleanze e nuove egemonie economiche nella regione.