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Cristina Carreño torna in Cile. E' la prima vittima cilena del Plan Condor.
Di Annalisa (del 23/12/2007 @ 01:12:26, in La memoria, linkato 2524 volte)
Cristina Carreño, la prima donna cilena detenuta e scomparsa a Buenos Aires nell’ambito di quella grande operazione del terrore che prese il nome di Operación Condor,  e che coordinò negli anni 70/80 le dittature latinoamericane, torna nella sua terra, in Cile.
Torna dalla sua famiglia che l’ha cercata per 27 lunghi anni e che in questo momento si trova in Argentina per organizzare il viaggio di ritorno in patria.
Il corpo di Cristina arriverà da Buenos Aires in un volo speciale il 28 dicembre.
Il suo funerale verrà celebrato il giorno 30 presso il Memorial del Detenido Desaparecido presso il Cimitero Generale di Santiago del Cile.
Cristina quando scomparve aveva appena 33 anni.
Suo padre, comunista, operaio del salnitro, fu detenuto e torturato fino alla morte nel 1974.
Cristina Carreño, dirigente della Gioventù Comunista  del Cile si trovava a Buenos Aires per organizzare la Operación Retorno con la quale rientrarono clandestinamente nel paese militanti e dirigenti del Partito Comunista Cileno, tra i quali Gladys Marín segretaria generale della Gioventù Comunista nel governo Allende.
Fu sequestrata nel 1978 a Buenos Aires da agenti della polizia politica, la  CNI (Central Nacional de Informaciones) e condotta prima nel centro di detenzione argentino “El Banco” e poi in quello tristemente famoso di “El Olimpo” dove fu l’unica prigioniera cilena. Da lì si persero definitivamente le sue tracce.
Il suo corpo, insieme a quello di altre 8 persone,  fu ritrovato sulla costa atlantica nel dicembre del 1978, restituito dal mare dopo esservi stato gettato da un aereo in volo.
Il “trasferimento”, era questo il nome che  l’apparato repressivo della dittatura dava alla  pratica dei voli della morte con i quali migliaia di detenuti oppositori dei regimi venivano fatti sparire nelle acque  dell’Oceano Atlantico.
I voli della morte sono stati confessati pubblicamente nel 1995 da Adolfo Scilingo (ex dittatore argentino ed attualmente in carcere in Spagna) al giornalista Verbitsky che ha pubblicato la testimonianza nel suo libro “Il Volo”.
I corpi dei detenuti ritrovati sulle coste atlantiche a partire dal 1978 vennero sepolti come NN nel cimitero di General Lavalle nella provincia di Buenos Aires.
Riesumandoli  nel 2006,  il Gruppo Argentino di Antropologia Forense (EAAF) ha identificato quello di Cristina Carreño e di altre 8 persone vittime della repressione.
L’identificazione di questo gruppo di persone segue quella avvenuta poco prima delle Madri della Plaza de Mayo  Azucena Villaflor, Esther Ballestrino y Mari Ponce, e della suora francese Léonie Duquet e di Angela Auad.
L’annuncio dell’identificazione è stato fatto nello stesso Olimpo lo scorso 16 agosto (simbolicamente nello stesso giorno dell’inizio delle attività del centro di detenzione, nel 1978) in una conferenza stampa tenuta dal presidente dell’EAAF, Luis Fondebrider, con la partecipazione dei familiari degli scomparsi e del segretario dei diritti umani Luis Duhalde.
Lorena Pizarro, presidente del Raggruppamento dei Familiari dei Detenuti Scomparsi, (AFDD) conferma che Cristina “è la prima vittima dell’Operación Condor di cui riusciamo a recuperare il corpo. Questo dimostra ciò che abbiamo sempre denunciato, che la dittatura cilena non agì in maniera isolata, ma che c’era una coordinazione con le altre, organizzata da Pinochet, e che applicava in maniera sistematica il terrorismo di Stato, politica avallata dalla CIA e che registra vittime cilene e straniere, tra le quali Cristina, che è la prima donna scomparsa che riusciamo a trovare”.
Il rientro di Cristina in Cile, prova tangibile degli orrori del Plan Condor, segna un momento importante per la ricerca di verità e giustizia, la sorella Dora e altre cinque donne di Paraguay, Uruguay e Argentina, portano avanti infatti da anni una causa contro le dittature dei loro paesi per la scomparsa di Cristina ed altre sei persone tra il 1976 e 1978 in Argentina.
Le ricordiamo con le parole di Pablo Neruda, con la  stessa poesia con la quale si è conclusa,  nel luogo dove sono state torturate e uccise, la conferenza stampa che ne ha annunciato il ritrovamento:
LOS ENEMIGOS
Ellos aquí trajeron los fusiles repletos
de pólvora, ellos mandaron el acerbo
 exterminio,
ellos aquí encontraron un pueblo que cantaba,
un pueblo por deber y por amor reunido,
y la delgada niña cayó con su bandera,
y el joven sonriente rodó a su lado herido,
y el estupor del pueblo vio caer a los muertos
con furia y con dolor.
Entonces, en el sitio
donde cayeron los asesinados,
bajaron las banderas a empaparse de sangre
para alzarse de nuevo frente a los asesinos.
Por esos muertos, nuestros muertos,
pido castigo.
Para los que de sangre salpicaron la patria,
pido castigo.
Para el verdugo que mandó esta muerte,
pido castigo.
Para el traidor que ascendió sobre el crimen,
pido castigo.
Para el que dio la orden de agonía,
pido castigo.
Para los que defendieron este crimen,
pido castigo.
No quiero que me den la mano
empapada con nuestra sangre.
Pido castigo.
No los quiero de embajadores,
tampoco en su casa tranquilos,
los quiero ver aquí juzgados
en esta plaza, en este sitio.
Quiero castigo.
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