“Quando uno rivolge il suo sguardo alla pampa abbandonata
e con l’orecchio attento penetra nel suo silenzio,
c’è bisogno di tenere il cuore con tutte e due le mani”
Floreal Acuña
“ Signore e Signori, racconteremo ciò che la storia non vuole ricordare. Accadde nel Grande Nord, fu Iquique la città. Il millenovecento sette segnò la disgrazia”.
Così inizia la Cantata Santa María de Iquique, composta nel 1969 da Luis Advis e diventata celebre nella versione dei Quilapayún che la eseguirono per la prima volta nel luglio 1970 durante il secondo Festival della Nuova Canzone Cilena e che di questo movimento divenne una delle opere principali.
I nastri originali della Cantata Santa Maria de Iquique furono distrutti dopo il golpe militare e l’esecuzione della canzone fu proibita dalla dittatura di Pinochet fino al 1990.
La canzone narra i fatti avvenuti nella scuola Santa María di Iquique, dove “tremilaseicento sguardi si spensero, tremilaseicento operai vennero uccisi”.
Tra il 15 e il 21 dicembre 1907, sotto la presidenza di Pedro Montt, circa 10.000 minatori del salnitro(nitrato di potassio usato come fertilizzante e nella produzione della polvere da sparo) della regione di Tarapacá scioperarono per le precarie condizioni di vita e di lavoro a cui erano sottoposti.
Le loro richieste, come narrato anche nella celebre canzone, andavano dall’eliminazione dei buoni con i quali erano pagati e che potevano essere spesi solo nei negozi delle stesse imprese che li emettevano, scuole serali per gli operai, aumento degli stipendi, maggiore sicurezza sul lavoro e rispetto della dignità degli operai che spesso erano sottoposti anche a punizioni fisiche.
In Cile agli inizi del ‘900 gli operai cileni non avevano nessuna legislazione sociale che li tutelasse ma già si stavano velocemente diffondendo tra di essi gli ideali socialisti e anarchici e il massacro della scuola Santa María di Iquique rappresentò lo spartiacque nella storia del movimento operaio cileno.
Possiamo dire che nell’arido deserto del Cile, nel dicembre 1907 si consolidò la coscienza di classe degli operai, si organizzò il loro movimento e la loro lotta prese forma.
Protestarono gli operai delle miniere di salnitro, quelli delle ferrovie, quelli portuali, prima timidamente, nei primi giorni di dicembre, poi con sempre più vigore.
Il 10 dicembre furono bloccate le attività della fabbrica di salnitro di San Lorenzo e successivamente quelle della fabbrica di Santa Lucia. La miccia ormai era accesa e tutti gli operai della pampa paralizzarono le loro attività.
Ma era ad Iquique che bisognava andare a far sentire la protesta, dove avevano sede le multinazionali straniere che stavano sfruttando le risorse del paese, quelle naturali e quelle umane.
E così tra il 15 e il 21 dicembre si radunarono nella scuola Santa María di Iquique più di diecimila persone, gli operai pampinos con le loro famiglie, in attesa che le loro richieste venissero accettate dalle multinazionali.
Le trattative non ebbero nessun esito positivo e di fronte al rifiuto dei dirigenti del movimento operaio di far evacuare la scuola, il generale Silva Renard dette ordine di sparare.
Lo stato cileno ammetterà solo 195 deceduti e 390 feriti ma altre fonti parleranno di 3600 morti, come nella canzone...
I lavoratori non avevano manifestato violenza, il loro era uno sciopero pacifico, ma imponente, a Iquique si erano riversati migliaia di operai, con le loro famiglie, le loro cose, mentre la cittadina si era rintanata nelle case e le attività commerciali erano paralizzate.
Dichiarò Silva Renard: “si doveva far scorrere il sangue di alcuni ribelli o abbandonare la città nelle mani dei faziosi, che fanno passare i loro interessi e i loro stipendi prima dei grandi interessi della patria. Di fronte a questo dilemma, le forze della nazione non hanno esitato”.
L’esercito cileno si mise al servizio dell’oligarchia delle multinazionali e fece fuoco. Non si poteva permettere che fosse messo “in pericolo il rispetto e il prestigio delle autorità e della forza pubblica” come ammise il generale.
Quella strage più che una sconfitta fu però però l’inizio di un grande cambiamento, il movimento operaio cileno si organizzò e nuove leggi sociali a tutela dei lavoratori vennero emesse.
Oggi, 21 dicembre 2007 in Cile è giorno di lutto nazionale.
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