L'arrivo di Flavio Sosa all'aeroporto di Oaxaca (foto La Jornada)
Il 15 agosto scorso, in seguito alle forti pressioni della comunità internazionale e delle associazioni per la difesa dei diritti umani, Flavio Sosa Villavicencio, leader dell’Assemblea Popolare di Popoli di Oaxaca (APPO) e suo fratello Horacio sono stati trasferiti dal penitenziario di massima sicurezza di Città del Messico al carcere regionale dello stato di Oaxaca.
I due fratelli Sosa si trovavano nel penitenziario del Altiplano dal 4 dicembre del 2006 quando furono arrestati “a sorpresa” dopo una conferenza stampa nella quale si assicurava che erano in corso trattative per risolvere il conflitto sociale allora in corso.
Il governo di Oaxaca ha diffuso un comunicato secondo il quale il trasferimento dei fratelli Sosa è avvenuto per accogliere le richieste dei loro familiari nonchè quelle della Commissione Nazionale dei Diritti Umani.
Ciò nonostante è stata molto forte la pressione esercitata sulle autorità federali e statali da parte di tutta la comunità internazionale affinchè i due fratelli Sosa potessero essere giudicati in un carcere regionale.
Ieri, nella sua prima intervista (a La Jornada) rilasciata da quando si trova in carcere, Flavio Sosa ha fatto sapere che “se la lotta è per il cambiamento, allora vale la pena soffrire”.
“Io non negozierò nulla con il governatore Ulises Ruiz, non ho commesso nessun delitto e prima o poi uscirò dal carcere”.
Ha affermato inoltre che “lo Stato messicano ha lanciato una brutale repressione contro il popolo di Oaxaca. Ha torturato e imprigionato molte persone senza che avessero commesso nessun delitto. E in un caso inedito nella storia recente dello Stato, siamo stati condotti in prigioni di massima sicurezza dello Stato del Messico come Nayarit e Tamaulipas soltanto per aver alzato la voce”.
Alla domanda se valga la pena soffrire tanto per una causa, Flavio risponde sicuro: “certo che vale la pena, la mia famiglia e quelle di tanti altri hanno sofferto cose terribili, ma se la lotta è per il cambiamento, allora vale la pena soffrire.