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Un giallo chiamato Minŕ - recensione di Roberto Zanini
Di Annalisa (del 16/06/2007 @ 10:15:22, in Invito alla lettura/Invitación a la lectura, linkato 6780 volte)
Copio (letteralmente) da Le Monde diplomatique n. 6 in uscita con il manifesto in questi giorni, questa bella recensione di Politicamente scorretto di Gianni Minà scritta da Roberto Zanini.
 
Un giallo chiamato Minà
di Roberto Zanini
GIANNI MINÀ è una delle capocce più dure che il giornalismo italiano abbia mai prodotto. Politicamente scorretto è la sua ultima fatica ed è un saggio, un saggio coraggioso sull’informazione che non c’è. Torri Gemelle, G8 a Genova, Cuba – parecchia Cuba – il Social forum di Porto Alegre, Silvia Baraldini….
Insomma ovunque ci sia bisogno di qualcosa di meglio della pappetta insapore da prima serata Minà c’è, e il più delle volte c’è già stato.
Intanto è una fatica si fa per dire, perché in realtà la fatica l’aveva già fatta: il libro è una  raccolta di articolo pubblicati su Unità, Repubblica,  Latinoamerica e manifesto – parecchio manifesto – negli ultimi dieci anni.
Sono in versione integrale, cioè senza i tagli praticati nelle redazioni, e c’è un certo gusto nel cercare di scoprire se erano tagli politici o tecnici (una pagina di giornale è uno spazio fisico finito anche se Minà a volte non ci crede). C’è anche un articolo della Stampa, e un impedibile carteggio che si mangerà mezza recensione ma va bene così. Apparve sul Corriere della Sera uno scambio di lettere tra Minà medesimo e i Reporters sans frontieres, che in Italia vantano il volto e la penna di Mimmo Candito ma laggiù alla sede di Parigi hanno questo Robert Menard che rende poco onore al mestiere, o almeno al modo minaesco di interpretarlo.
Insomma i Reporters di monsieur Menard presero denaro dal Ned, il National endowmnet of democracy, braccio armato del parlamento americano (Minà dice della Cia, mica è detto che si sbagli) che finanzia una quantità di porcherie – “iniziative democratiche di base”, dice il suo presidente – in numerosi angoli del globo. Nel dettaglio, Minà scrisse una lettera al Corriere denunciando i finanziamenti sospetti del Ned ai Reporters, il presidente del Ned rispose (e il Corriere ricevette e volentieri pubblicò che mister Minà si era inventato tutto., Minà replicò citando fatti numeri e nomi dei finanziamenti Ned alle peggio schifezze latinoamericane (e il Corriere non pubblicò: la replica è in questo libro ed è una chicca). I Reporters di Menard presero soldi  “per far progredire – di nuovo parole del presidente del Ned – la libertà di informazione in Africa occidentale”. Fu certo casuale la contemporanea, violenta campagna scatenata dai Reporters sans frontieres contro Cuba.
Questo libro insomma è un saggio sull’informazione, quella che non circola mai. George Walker Bush ha 97 citazioni per un totale di 128 pagine, staccando di molto Fidel Castro Ruz, 60 citazioni per 78 pagine. Così per farsi un’idea, vi sono molti giornalisti italiani, quasi mai benevolmente, cinque citazioni per Magdi Allam, otto per P.G. Battista, tredici per Paolo Mieli…
Ma questo libro è in realtà un giallo.
Chi ha fatto sparire Gianni Minà dai teleschermi? Chi ha depurato la televisione italiana da un autore che alterna premi cinematografici (l’ultimo a Berlino), successi di cassetta (le montagne di cd di Maradona venduti con la Gazzetta dello Sport) e, scoop da prima pagina (dall’ intervista a Fidel ai bagagli manomessi di Ilaria Alpi)?
Ebbene, come giallo ha un difetto: gli assassini si scoprono subito. Si chiamano Bettino Craxi (“stavi sul cazzo all’omone”, apprendiamo gli disse Giampalolo Sodano parecchi anni dopo) e si chiamano D’alema (“stavo sulle palle a un talVelardi, uno degli ex pelati di D’Alema”), con un po’ di comprimari di contorno,.
Genitalia a parte, il lettore apprende infine una cosa che i frequentatori del manifesto sanno benissimo: sfrattato dal teleschermo, smessa Repubblica e chiusa l’Unità, Minà arriva al manifesto. Ed è il piccolo giornale che avete in mano a consentirgli di sopravvivere giornalisticamente: questo, la rivista Latinoamerica e la Sperling&Kupfer che gli affida una collana (Continente Desaparecido, la stessa per cui appare questo Politicamente scorretto). Insomma la “sua” rivista, la “sua” collana, il nostro giornale. A proposito Gianni: il tuo ultimo pezzo risale a un secolo fa. Quando ne mandi un altro? Parlo sul serio Gianni. Non far finta di non sentire. Gianni, dico a te. Gianni!